destra di popolo

GRILLO CONTRO IL MES “INADATTO E INUTILE. MEGLIO PATRIMONIALE E IMU ALLA CHIESA”

Dicembre 4th, 2020 admin

“CONTE HA CHIARITO CHE DISPONIAMO DI ALTRE RISORSE”: PECCATO CHE NON DICA CHE LE ALTRE RISORSE SONO SOLDI PRESTATI DALLA BCE A UN INTERESSE PIU ALTO E CHE A FORZA DI SPUTTANARE SOLDI PER TUTTI I QUESTUANTI SALTERA’ IL BANCO

Beppe Grillo detta la linea al Movimento sul Mes: “Strumento inadatto e inutile”. È così che lo definisce in un post pubblicato sul suo blog, dal titolo evocativo “La Mes è finita”, in cui prova a mettere la parola fine al dibattito interno sul fondo Salva-Stati, dopo la lettera ai vertici dei parlamentari 5S contrari anche alla riforma europea di questo strumento.
“Non starò qui ad elencare le mille ragioni che fanno del Mes uno strumento non solo inadatto ma anche del tutto inutile - scrive il fondatode del M5S - per far fronte alle esigenze del nostro Paese in un momento così delicato. A farlo, ogni qualvolta gli viene messo un microfono sotto al naso, ci ha già pensato il nostro Presidente del Consiglio Conte dicendo più e più volte che ‘disponiamo già di tantissime risorse (fondi strutturali, scostamenti di bilancio, Recovery Fund ecc..) e dobbiamo saperle spendere’.
Dunque non è una questione di soldi, che sembrano esserci, ma come e dove usarli”.
Grillo poi lancia due proposte alternative al Mes. La prima è di imporre “una patrimoniale ai super ricchi”. La seconda è quella di far pagare “l’Imu e l’Ici non versata sui beni immobili alla Chiesa”.
Sul blog si legge: “Da giorni ormai rimbalza sui social come sui giornali l’ombra nefasta dell’avvento di una patrimoniale sui beni mobili e immobili degli italiani.E se per una volta, invece che sovraccaricare di tasse la classe media che sta lentamente scomparendo, si procedesse a tassare soltanto i patrimoni degli italiani più ricchi? Nel nostro Paese, secondo l’ultimo rapporto sulla ricchezza globale del Credit Suisse, ci sono 2.774 cittadini con un patrimonio personale superiore a 50 milioni di euro; se sommati, i loro patrimoni, ammonterebbero addirittura a circa 280 miliardi”.
Grillo poi si chiede: “Non sarebbe più equo, dunque, rivolgersi a loro piuttosto che al resto della popolazione già stremata da un anno tragico dal punto di vista finanziario, oltre che sanitario? Un contributo del 2% per i patrimoni che vanno dai 50 milioni di euro al miliardo genererebbe un’entrata per le casse dello Stato poco superiore ai 6 miliardi.
Uno del 3% dato dai multimiliardari potrebbe fruttare circa 4 miliardi ulteriori. Una patrimoniale così concepita - conclude - significherebbe per le casse dello Stato un’entrata garantita di almeno 10 miliardi di euro per il primo anno, e di ulteriori 10 se la misura venisse confermata anche per il 2022″.
Insieme alla richiesta di far pagare l’Imu e l’Ici non versata sui beni immobili alla Chiesa, si tratta per Grillo di “due proposte assolutamente praticabili, sacrosante e soprattutto non vincolanti (che non prevedono alcun tipo di indebitamento per l’Italia) che porterebbero un sacco di miliardi nelle casse dello Stato in poco tempo, semmai ce ne fosse bisogno. Se sommate, le due proposte, porterebbero nel biennio 2021/2022 all’incirca 25 miliardi di euro subito spendibili e liberi da vincoli di rientro”.

(da agenzie)

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DALLA SCISSIONE ALLA QUERELA: IL M5S CONTRO DAVIDE CASALEGGIO

Settembre 15th, 2020 admin

CHAT INTERNE INCANDESCENTI CON GRILLO CHE PROVA A MEDIARE FINO ALLE REGIONALI

È un divorzio storico. Le nozze tra il Movimento 5 Stelle e la Casaleggio associati non hanno resistito al tempo. Ora le chat sono incandescenti.
C’è chi parla di scissione, chi di querela, fino ad arrivare a chi invoca una class action contro il figlio del co-fondatore.
Questa volta si sono arrabbiati tutti, anche chi non è moroso. “La sua è una ripicca perché si sente estromesso dal governo”, si legge nelle chat. E poi ancora: “A lui l’alleanza con il Pd non è mai piaciuta. Dobbiamo denunciarlo – scrivono i più inferociti – ha utilizzato la mail del Movimento 5 Stelle e tutti i contatti per minacciarci. A che titolo?”.
Al centro della questione c’è la mail che Davide Casaleggio ha inviato a tutti gli iscritti del Movimento 5 Stelle, avvertendoli senza giri di parole che è pronto a tagliare i servizi di Rousseau. Ciò segna un punto di non ritorno. Casaleggio jr accusa per iscritto tutti coloro che non hanno rendicontato le spese, quindi non hanno restituito i soldi, e neanche hanno versato i 300 euro a testa in favore della piattaforma. Insomma è sui soldi che si sta consumando la disfida e la disfatta.
“Da martedì 22 può succedere di tutto”, aggiunge un altro deputato grillino. Si tratta del giorno successivo al referendum e alle elezioni regionali.
Ed è in vista dell’appuntamento elettorale imminente che Beppe Grillo, collegato in streaming con il Senato, nel corso di una conferenza stampa organizzata dai 5 Stelle, prova a mediare ricordando agli esponenti grillini l’importanza dello strumento di cui il Movimento si è dotato: “I cittadini devono poter dire la loro con sistemi tecnologici che noi per primi al mondo abbiamo fatto. Non è una difesa di Rousseau ma di una tecnologia che abbiamo fatto noi e dobbiamo ringraziare le persone che l’hanno fatta, Casaleggio padre e figlio”.
Alle orecchie di tanti le parole del Garante o meglio dell’Elevato suonano come un modo per mettere pace in un Movimento in frantumi nella settimana cruciale di campagna referendaria, durante la quale il partito sta dando un pessimo spettacolo di sé.
Un assaggio del divorzio storico tra la dinastia dei Casaleggio e il Movimento 5 Stelle lo si ha avuto nell’ultimo tour a Roma di Davide, l’erede di Gianroberto. Ha chiamato tutti, ma nessuno lo ha ricevuto, perché tutti i big da Di Maio a Fico sono affaccendati con questioni di governo o istituzionali.
Lo vede Vito Crimi, il capo politico senza potere, ma perfino lui, riferiscono a Montecitorio, lo riceve brevemente e quasi di malavoglia.
Oggi Grillo si è presentato molto diplomatico tra mozione degli affetti (Casaleggio jr) e tatticismo da politico puro per provare a tenere ancora insieme il Movimento. Ma “il rapporto di fiducia con Casaleggio si è rotto”, dice chi sarebbe pronto a lasciare il partito per fondarne un altro sempre a sostegno del governo ma lontano dalla piattaforma Rousseau.
La tensione interna è alta. L’intervento di Casaleggio contro gli inadempienti ha mandato su tutte le furie molti eletti, che da tempo provano a ridisegnare i confini del rapporto tra Movimento e Rousseau e a ‘depotenziare’ il ruolo del guru.
C’è anche chi accusa i gestori del sito ‘Tirendiconto’ di aver cambiato le carte in tavola per quanto riguarda le scadenze delle restituzioni.
In una lettera aperta a Casaleggio postata sui social il senatore Mattia Crucioli definisce “scorretta e fuorviante” la email inviata agli attivisti dal dominus di Rousseau, perché, sottolinea il parlamentare ligure, “omette che le date delle restituzioni sono sfalsate rispetto a quelle per il sostentamento di Rousseau: le prime sono trimestrali e vanno pagate entro le date di volta in volta indicateci, le seconde sono mensili e vanno pagate il 10 di ogni mese”.
Molti guardano agli Stati Generali del M5S - appuntamento congressuale invocato a gran voce dagli eletti grillini e più volte rimandato a data da destinarsi - come sede per regolare i conti con la creatura di Casaleggio. Il Movimento si presenta spaccato. Intanto non non si sa ancora se si andrà verso una gestione collegiale, come vorrebbe Luigi Di Maio, è verso un capo politico, come prevede l’assetto attuale.

(da “Huffingtonpost”)

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IL “PATTO SEGRETO” TRA CONTE, GRILLO E IL PD PER LE REGIONALI: “NON FAR VINCERE I SOVRANISTI”

Luglio 20th, 2020 admin

USARE IL VOTO DISGIUNTO ALLE REGIONALI FACENDO CONFLUIRE I VOTI DEL M5S SUI CANDIDATI GOVERNATORI PD

C’è un patto segreto, talmente segreto che oggi ne parlano i giornali, tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Beppe Grillo e il Partito Democratico per usare il voto disgiunto alle elezioni regionali e fare così “desistenza” contro la destra facendo confluire i voti del MoVimento 5 Stelle sui candidati DEM.
Ne parla oggi Claudio Tito su Repubblica:
Il tutto ha inizio un paio di settimane fa, quando il premier lancia la sua invocazione ad affrontare le urne in modo compatto. Il suo timore è evidente: una sconfitta cocente nelle sei regioni  chiamate a rinnovare le giunte equivale a mettere seriamente in difficoltà il suo esecutivo. Le parole pronunciate in quella occasione, però, non sono estemporanee. Nelle ore precedenti il presidente del consiglio aveva sentito il fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo. E ne aveva  parlato con il segretario del Pd. Se, però, le intenzioni dei Democratici erano note da tempo, molto meno delineata era – e in una parte del Movimento lo è ancora – la posizione dei Pentastellati.
Il “patto” prevede al momento due step diversi.
Il primo riguarda la Liguria e le Marche. Sul via libera a Ferruccio Sansa, il candidato unitario del centrosinistra contro Toti, ha avuto un peso  d determinante proprio Grillo. Ma  un’operazione analoga – nelle intenzioni dei contraenti il patto – potrebbe essere effettuata anche nelle Marche.
Si sta infatti svolgendo un tentativo in extremis per coinvolgere un grillino nel ticket con il candidato del Pd Mangialardi.
Il secondo step è quello decisivo. Grillo, infatti, si è impegnato a rivolgere una sorta di “appello” a tutti gli elettori e i militanti del Movimento 5Stelle. Un appello a «non far vincere la destra».
Una promessa che rischia di scardinare il dibattito in corso nei pentastellati. Il confronto tra i vari “colonnelli” grillini, infatti, è già piuttosto burrascoso. È sufficiente ricordare le critiche severe  all’esecutivo e al premier di Alessandro Di Battista. E i dubbi di Luigi Di Maio sull’opportunità di sperimentare alleanze per un soggetto politico che aveva concepito le urne come una corsa solitaria e soprattutto come un segno distintivo rispetto ai partiti tradizionali.
L’appello del fondatore, infatti, comporterebbe la necessità di aiutare i candidati di centrosinistra nelle altre quattro regioni in gara. Compresi esponenti, come Emiliano o De Luca, che sono stati sistematicamente attaccati dai pentastellati locali.
Eppure la scelta è compiuta e contiene un elemento fondamentale. Si chiama “voto disgiunto”. Ossia la possibilità di votare la lista M5S dando  però la preferenza ad un altro candidato governatore.
Le diverse leggi regionali, infatti, hanno un punto in comune: vince il concorrente, e non le liste, che in un turno unico ottiene più suffragi.

(da “NextQuotidiano”)

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IL MESSAGGIO DI BEPPE GRILLO AL M5S: “ALLEATEVI CON IL PD ALLE ELEZIONI REGIONALI”

Luglio 6th, 2020 admin

UNA ALLEANZA POTREBBE ESSERE DECISIVA IN UNA DELLE TRE REGIONI IN BILICO: PUGLIA, LIGURIA E MARCHE, DANDO PER SCONTATE I VENETO A ZAIA E CAMPANIA E TOSCANA AL PD

Ilario Lombardo su La Stampa oggi parla di un nuovo messaggio alla nazione pentastellata che Beppe Grillo ha in preparazione per le elezioni regionali, che potrebbero rappresentare una disfatta per il governo giallorosso
Al netto della sua imprevedibilità, quello che nel governo sanno è che Grillo – forse addirittura da Roma – manderà un messaggio che potrebbe dare una svolta alle estenuanti trattative sulle Regionali di settembre, per le quali Pd e M5S faticano a creare un progetto comune.
Le conseguenze di una sconfitta potrebbero essere disastrose per il governo nazionale. Questa è la posta in gioco e il comico ce l’ha ben presente. Anche perché gliel’ha spiegata Giuseppe Conte, e in qualche modo pure il leader dem Nicola Zingaretti, il quale, secondo fonti del M5S, avrebbe avuto contatti con Grillo.
Le bocche restano cucite perché gli attivisti grillini restano ipersensibili sull’argomento, in gran parte riluttanti alle ragioni della politica nazionale e all’idea di andare a  braccetto con il partito che sul territorio è stato spesso il più acerrimo avversario.
Ma la storia è cambiata una volta e può cambiare ancora. A maggior ragione se il pericolo si ripresenta uguale a se stesso.
La disfatta sarà quantificabile in regioni. Dato per inarrivabile il Veneto, dove il leghista Luca Zaia si gioca il trionfo bulgaro, e date per vinte Toscana e Campania che il Pd già governa, restano in bilico Marche, Liguria e Puglia.
Sono le tre regioni dove i dem chiedono il soccorso del M5S. Perderle tutte vorrebbe dire mettere in discussione la segreteria di Zingaretti.
Anche per questo il leader del Pd ha chiesto e ottenuto da Conte un appello a favore dell’intesa che ha fatto innervosire una parte del mondo grillino. Ma lo stesso si attende da Grillo.
In ballo c’è anche la regione del comico genovese, la Liguria da cinque anni in mano al centrodestra. E dove Pd e M5s stanno provando da mesi a convergere su un candidato condiviso. Le chance per il giornalista Ferruccio Sansa si sono assottigliate, ma Crimi in queste ore ha fatto sapere di voler comunque «chiudere un accordo». Con la benedizione di Grillo tutto potrebbe essere più semplice.

(da “NextQuotidiano”)

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IL PATTO GRILLO-CONTE-DI MAIO CONTRO CASALEGGIO-DI BATTISTA

Giugno 17th, 2020 admin

MINISTRI E PARLAMENTARI PER CONTINUARE IL GOVERNO CON IL PD

Tommaso Labate sul Corriere della Sera racconta oggi che c’è un patto di ferro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte per tenere in piedi il governo con il Partito Democratico fino a fine legislatura e per questo il Garante del MoVimento 5 Stelle si è speso contro chi vorrebbe minare l’esecutivo, in primo luogo Alessandro Di Battista ma anche Davide Casaleggio:
L’assicurazione sulla vita della legislatura la siglano in due. Conte, che dice in pubblico e in privato che non prenderà la tessera del Movimento; e Grillo, che considera il simbolo e il nome della sua creatura orpelli ormai desueti e tranquillamente rinunciabili. Come rinunciabile, ed è la chiave su cui tutti i parlamentari al secondo mandato si sono trovati d’accordo, è anche la regola del doppio mandato.
Il tandem ultra-governista ha l’appoggio di tutta la delegazione ministeriale di prima fascia, da Patuanelli a Spadafora, da Fraccaro e Bonafede; oltre al disco verde della vecchia guardia delle pasionarie della prima ora, da Paola Taverna a Roberta Lombardi,  pronte a rientrare in gioco nel caso in cui alcuni ministeri (tra cui l’Istruzione) dovessero necessitare di un rimpasto.
Anche Di Maio sottoscrive il patto, pur mantenendosi in una posizione che gli consente ancora di mediare con il correntone ispirato da Davide Casaleggio e guidato virtualmente da Alessandro Di Battista, che ha il sostegno di Barbara Lezzi e degli eurodeputati anti-Mes Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini e RosaD’Amato.
Grillo-Conte sostenuti da Di Maio da un lato; Casaleggio (che ieri ha lanciato Level Up, una specie di Rousseau 2.0) e di Battista dall’altro.
Aperti a «qualsiasi cosa» pur di tenere in piedi il governo e l’alleanza col Pd i primi; contrari al Mes e alla prospettiva di un nuovo centrosinistra col Pd i secondi.
Di fronte a loro, né un congresso né gli stati generali. Ma una guerra fredda destinata a scaldarsi se e quando i 37 miliardi per la sanità del meccanismo salva-Stati andranno all’ordine del giorno del Parlamento.
E a diventare «guerra nucleare», se l’autunno non presenterà tensioni sociali, alla fine dell’anno. Quando, come spiegano da dentro il governo, «Conte e Grillo battezzeranno il cantiere comune col Pd trovando un accordo sul nome con cui sfidare il centrodestra nella partita simbolicamente più importante dell’anno prossimo: quella per il Comune di Roma». L’avviso di sfratto a Virginia Raggi è già partito.

(da “NextQuotidiano”)

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M5S, TACCHINI IN FUGA: SI SCATENA LA CORSA A NON ESSERE MANGIATI A NATALE

Giugno 15th, 2020 admin

CONTE SI TIRA FUORI DALLA LOTTA, LA GRANA VENEZUELANA AUMENTA IL CAOS… AVANZA L’IPOTESI DIRETTORIO SENZA CAPO E IL RITORNO DI GRILLO

Quando il conflitto a bassa intensità nel Movimento 5 stelle è diventato un volare di stracci con Beppe Grillo a dare ad Alessandro Di Battista del generale Pappalardo qualsiasi, a Palazzo Chigi è montato qualcosa in più della semplice preoccupazione.
Le diplomazie si sono messe in moto e hanno subito disinnescato la mina piazzata sapientemente da Emma Bonino: una risoluzione per far votare al Senato sì o no al Mes.
Detto fatto, la modalità con cui Giuseppe Conte si recherà a Palazzo Madama saranno quelle dell’informativa e non delle comunicazioni, una sottigliezza procedurale che evita il voto e permette di calciare il barattolo un po’ più in là, ancora una volta.
La situazione interna al Movimento è parossistica. Privi di una leadership forte e di un’idea per il futuro del partito, il ritorno dell’ex deputato romano in tv ha generato il caos, in cui l’unico filo conduttore sembra quello del portare a casa la propria pelle, da peones i peones, da colonnelli i colonnelli, un po’ come i tacchini che come unico scopo hanno quello di non essere mangiati a Natale.
Il presidente del Consiglio si tiene prudentemente fuori dalla corrida generata da Di Battista. “Conte pensa a governare”, taglia corto il suo staff.
Ovviamente la faccenda non è così semplice. La polverizzazione delle posizioni, la mancanza di guida e la rissa tra le figure apicali di quello che è il partito di maggioranza non fanno dormire sonni sereni al premier.
Il caso del finanziamento in nero che secondo il quotidiano spagnolo Abc sarebbe stato dato dal governo venezuelano a Gianroberto Casaleggio nel 2010 da un lato ricompatta la faccia pubblica dei pentastellati, dall’altro è un ulteriore elemento di stabilità per una maggioranza sgangherata e un governo impegnato, dicono, a progettare nei saloni di Villa Pamphili l’Italia che verrà.
L’avvocato del popolo ha convocato proprio tra i giardini di uno dei parchi più belli di Roma un Consiglio dei ministri serale per prorogare la cassa integrazione e dare il segnale che c’è un governo operativo, che si preoccupa del paese e non è avviluppato in quelle che sempre più vengono percepite come trame di Palazzo.
C’è un altro elemento che l’uscita dell’ex deputato romano ha messo in copertina: il ruolo di Conte nel Movimento che verrà. Consiglieri e uomini vicini al capo del Governo che fino a ieri cavalcavano alacremente i sondaggi per i quali con il premier M5s sarebbe potuto tornare a percentuali di prima della presa del potere, oggi tacciono.
Lo stesso presidente, che mai aveva fatto mistero di essere a disposizione per il proprio paese alla fine dell’esperienza a Palazzo Chigi, durante il punto finale della giornata degli Stati generali si è schernito: “Ho un’occupazione. Lo dico a quanti elaborano sondaggi inserendo la figura di Conte. Lo dico anche ai compagni di viaggio. Domani se terminerò di prestare questo servizio e tornassi a fare quello che facevo prima sarei contentissimo”.
L’intervento di Di Battista lo ha costretto inoltre a altre due precisazioni. Sul Mes la posizione attendista ha virato verso un più netto “come governo non abbiamo necessità di attivare il Mes”, proprio negli stessi minuti in cui Paolo Gentiloni sosteneva l’esatto contrario. E su Grillo è stato secco: “Non l’ho sentito”.
Il riferimento al fondatore ci riporta dentro la pugna per il M5s che verrà.
L’intervento dell’ex comico è stato pensato anzitutto per stabilizzare fughe in avanti e sterilizzare chiunque pensi che i 5 stelle debbano prendere altre strade prima della fine della legislatura (ma anche dopo) che non siano proseguire nel rapporto con il Pd.
Ma di fatto hanno aperto a una stagione di confronti, contrasti e polemiche che andrà avanti da oggi almeno fino a fine ottobre. “Se Di Battista diventa capo politico il governo rischia di cadere. Se vince la linea di Conte e di Fico, quella di un collocamento nel campo del centrosinistra, Alessandro se ne va e il governo rischia di cadere”, spiega un parlamentare.
C’è sempre l’opzione Luigi Di Maio, che in queste ore ha avuto contatti con lo stesso Grillo. Il ministro degli Esteri nelle ultime 48 ore è stato bombardato di telefonate. Chi lo ha sentito spiega che “Luigi negli ultimi tempi ha avuto un po’ di freddezza con Conte. Lui non ha mai voluto il governo con il Pd, Conte con Beppe è stato un sostenitore, ma alla fine governano assieme. Entrambi cercheranno di arginare Di Battista, e poi se la vedranno più in là”.
Lo spettro della scissione ritorna d’attualità, eterno tema carsico nella storia pentastellata, che ciclicamente ritorna d’attualità. Mai con questa concretezza. Certo a ottobre, alle assise 5 stelle, non oggi. Ma ci si deve iniziare a fare i conti.
L’onorevole Giorgio Trizzino implora di “non trasformare questa discussione in una guerra tra bande”, ma i buoi sono già scappati dalle stalle. Un suo collega non vuol sentire parlare di scissione ma solo perché “per fare scissioni devi avere delle correnti che abbiano strutture, idee diverse. Le correnti hanno una dignità, noi non abbiamo correnti, solo personalismi”.
Nel gruppo parlamentare c’è chi spinge per un ritorno di Grillo: il fondatore che torna a fare il capo politico fino alle elezioni, poi si vedrà. Chi ha confidenza con l’uomo dice tuttavia che l’uomo esclude fortemente il ritorno, e a parte qualche intemerata non ha intenzione alcuna di ributtarsi nella mischia.
L’ipotesi prevalente su cui ragionano i colonnelli è invece un’altra. Strutturare il congresso M5s su temi e proposte non concorrenti, senza voti divisivi. E archiviare il modello con il capo politico per sostituirlo con un Direttorio in cui inserire tutte le anime, da Di Battista a Di Maio, dalla Taverna a Patuanelli passando per Chiara Appendino.
Uno dei massimi esponenti pentastellati spiega che ”è questo l’unico modo di evitare una scissione che adesso no, ma in autunno rischia di lacerarci”. Non la migliore soluzione ma, continua la stessa fonte, “la domanda non è se funziona, la domanda è come tenere insieme tutti i pezzi”.
Di Battista continua a ripetere di “non volere nessuna scissione, voglio rinforzare il Movimento”, e liquida l’attacco di Grillo con un “amen”. A volerla assi invece, due grandi ex.
Da destra Gianluigi Paragone ha teso la mano all’amico Alessandro: “Sono pronto a lanciare un partito antisistema. Grillo lo ha stoppato con atteggiamento padronale, ormai M5s è centrosinistra, con Conte leader”.
Proprio quel che va a genio, al contrario, a Lorenzo Fioramonti, che sta lavorando a una sua formazione progressista e ambientalista, rilanciata proprio in queste ore. Piccoli poli, che nel tradizionale sgranarsi del rosario delle fuoriuscite potrebbero essere attrattive per chi vorrà tentare strade alternative. Sempre considerando, tuttavia, che la pancia del gruppo parlamentare è profondamente governista.
La resilienza di deputati e senatori nel tenersi lo scranno è il collante che finora ha permesso alle 5 stelle di non schiantarsi sulla dura terra.

(da “Huffingtonpost”)

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GRILLO STRONCA DI BATTISTA: “VIVE NEL PASSATO”

Giugno 14th, 2020 admin

DIBBA AVEVA DETTO CHE “SE CONTE VUOLE FARE IL LEADER DEL M5S PRIMA DEVE ISCRIVERSI E POI ESSERE ELETTO DAL CONGRESSO”

Il capo dell’ala movimentista grillina, preoccupato dai sondaggi favorevoli al premier, punta sul consenso dei militanti e rispolvera un classico strumento della democrazia dei partit
«Se vuole fare il leader del Movimento, Conte si deve prima di tutto iscrivere. E poi deve essere eletto da un congresso».
Alessandro Di Battista, l’anima viaggiatrice dei Cinquestelle prova a sbarrare la strada a un’eventuale candidatura del presidente del Consiglio. Ma Beppe Grillo nel giro di mezz’ora, sbarra la strada a lui.
Con un tweet sarcastico, quasi irridente: «Dopo i terrapiattisti e i gilet arancioni di Pappalardo, pensavo di aver visto tutto, ma ecco l’assemblea costituente delle anime del Movimento».
E poi ricara la dose citando un vecchio film culto nel quale il protagonista è costretto a rivivere lo stesso immutabile giorno e non riesce a rompere il cerchio stregato della ripetizione infinita del passato: «Ci sono persone che hanno il senso del tempo come nel film “Il giorno della marmotta”».
Così la prova di forza reclamata da Di Battista si allontana e il politico pentastellato perde il primo round di un confronto interno che durerà nei prossimi mesi e che si annuncia duro.
Di Battista ostenta tranquillità perfino con gli uomini più fidati del suo entourage e si dice convinto che l’ipotesi di Conte leader sia campata per aria. Ma è stato costretto a prendere atto dei sondaggi che raccontano una storia diversa. Come l’ultimo, realizzato da Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera: con Conte leader il Movimento 5 Stelle recupererebbe brio e voti, ottenendo un 24 per cento dei consensi, tenendo nel mirino un bacino del 30 e scavalcando la Lega come primo partito. Non solo: fra gli elettori pentastellati il 67 per cento vorrebbe Conte leader e solo il 17 per cento gli preferirebbe Di Battista.
È certamente vero quel che il leader movimentista va ripetendo negli ultimi giorni e cioè che i consensi nei sondaggi non sono i voti nelle urne. E tuttavia i numeri sono chiari. E così Di Battista per frenare la corsa del premier punta a far leva sugli iscritti e i militanti del movimento fra i quali scommette che il consenso per Conte sia molto più basso che non fra gli elettori.
E rispolvera uno strumento tipico della democrazia rappresentativa e dei partiti, dati per obsoleti fino a ieri: il congresso. Non risulta infatti che i leader grillini siano mai stati scelti da un congresso: né Di Maio, né il pro-tempore Vito Crimi. A meno che per congresso, Di Battista non intenda più banalmente la solita consultazione sulla piattaforma Rousseau.

(da agenzie)

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“M5S SCOPPIERA’ IN UN’ESPLOSIONE DI CORIANDOLI”

Giugno 12th, 2020 admin

INTERVISTA A ALDO GIANNULI, IL VECCHIO CONSIGLIERE DI CASALEGGIO SENIOR: “IL FIGLIO DI GIANROBERTO TIRA LA VOLATA A DI BATTISTA”

“Ma quale partito strutturato, ma quale trasformazione del Movimento dell’uno vale uno in un contenitore politico di esperienza e competenza? Un partito è un insieme di teste, anche un po’ ladre, se vogliamo, però devono sapere qualcosa di politica”.
Quando risponde al telefono dalla sua casa di Milano, il giudizio di Aldo Giannuli, politologo e storico, è impietoso su quei cinquestelle di cui lui fu promotore, essendo stato vecchio amico e consigliere di Gianroberto Casaleggio: “Roberto  l’unico – osserva con nostalgia - che comprendeva la politica. Tolto lui non c’è più nessuno”.
Professore Giannuli, perché dice così?
Perché il dibattito sul terzo mandato sì, no, nì, farà deflagrare tutto”.
Dunque da qui a tre anni non ci sarà più niente?
E’ un movimento di opinione che ha una debolissima struttura organizzata. I meet up sono in forte decadenza. Nel giro di pochi mesi c’è stato un calo significativo degli iscritti”.
Tutto finito?
Il Movimento ha un unico punto di riferimento, i gruppi parlamentari. Ma se cominciano a esplodere quelli, quale arma avranno per difendersi? Anche se  espelli deputati e senatori, che minaccia è?
Facciamo un po’ d’ordine, partiamo dal dibattito di queste ore, il nodo dei nodi che è stato un totem per i cinquestelle si chiama “doppio mandato”. Vito Crimi, oggi reggente, vuole abbatterlo. E consentire di ricandidarsi per la terza volta.
Beh, ci credo perché lui è uno di quelli al secondo giro in Senato.
Casaleggio junior invece dice di no, vuole conservare l’ultimo baluardo. Cosa sta succedendo?
Guardi, i cinquestelle si trovano in queste situazione: alle elezioni di tre anni fa hanno preso 360 parlamentari, sommandoci quelli del Parlamento europeo, si arriva a 380 o qualcosa di più. Di questi alcuni sono stati espulsi, come è noto. Però c’è un problema, stando ai sondaggi e alle elezioni europee di un anno fa, allo stato attuale se  ottenessero anche solo la metà di questi andrebbe più che bene.
E’ in atto uno scontro tra Casaleggio e un pezzo della classe dirigente?
Cosa vuole che sia. Non è mica un torneo di ramino. Andiamo al pratico.
Prego.
Se tu mantieni le regole dei due mandati fai fuori quelli che sono stati eletti nel 2013 e apri spazio a quelli che sono entrati in Parlamento per la prima volta nel 2018.
Viceversa?
Se ammetti la possibilità di un terzo mandato stai automaticamente promuovendo quelli che sono al terzo mandato e ovviamente hanno più relazioni, più rapporti, sono più conosciuti, più consolidati.
Se passasse questa seconda ipotesi il Movimento si trasformerebbe in un vero e proprio partito con una classe dirigente, una leadership, una piattaforma culturale?
No, no, non sanno nemmeno cosa siano le cose che lei sta dicendo.
Torniamo a Casaleggio. Quale partita sta giocando il figlio di Gianroberto?

Sta facendo chiaramente un gioco a supportare la candidatura di Di Battista.
Di Battista vuole prendersi il Movimento?
Dibba non è coinvolto in questa guerra civile interna perché saggiamente ha fatto solo un mandato. Quindi è ricandidabile. Nel momento in cui però dici: due mandati, è vero che mantieni i deputati giovani di fede dimaiana, ma fai fuori Di Maio perché lui non è più candidabile. Di fatto tutto ciò pregiudica l’Assemblea di fine anno.
Quando e se faranno l’Assemblea cosa succederà?
Eleggi Di Maio capo politico sapendo di non poterlo eleggere deputato? Perlomeno singolare, no?
E allora?
Di Maio ha un problema, se privilegia il terzo mandato automaticamente corre il rischio di alienare molte simpatie dei nuovi. Se invece dice “no, niente terzo mandato”, si mette contro gli uscenti.
Nel frattempo l’ex capopolitico incontra chiunque, dialoga con Matteo Renzi, organizza eventi alla Farnesina, ma appare isolato.
Pur di restare leader sarebbe pronto a fare un accordo con i marziani. Però questo non è un programma politico.
Se passa il lodo Casaleggio dove andrà a finire chi oggi è al secondo mandato? I detrattori dicono che in tanti non hanno un lavoro.
Gli uscenti stanno pensando di andare o da Conte o da altri offerenti.
Chi sono gli altri offerenti?
Il Parlamento è ampio, ci sono tanti gruppi parlamentari.
Poi c’è la questione delle questioni: cosa farà il presidente del Consiglio? Nascerà il partito di Conte?
O viene candidato e non da semplice parlamentare ma da capo della coalizione.
La fermo: Conte potrebbe essere il federatore di una coalizione Pd M5S? Insomma, Conte come Prodi.
Tenga presente una cosa: Pd e Cinquestelle a livello di base non si sopportano.
Sta dicendo che non se ne farà nulla?
E’ difficile tenerli nella stessa stanza. Tu non puoi fare una coalizione alle politiche e poi andare per i fatti tuoi alle amministrative… Non è detto che riesca l’operazione Conte.
C’è chi sostiene che ci sia un’asse Conte-Grillo e che l’avvocato del popolo potrebbe prendersi il Movimento.
Il problema è che cosa vuole fare Grillo? Grillo ha la forte tentazione di sciogliere il movimento e dire rifondiamo tutto. Non so poi se la porterà fino in fondo. Ma qui le tesserine del mosaico non si incastrano fino in fondo, la coperta è piccola, e comunque vada scopri il pezzo. Quindi, secondo me, l’ipotesi che qui la cosa deflagri non è peregrina.
Ma alla fine il premier resisterà alla tentazione di far nascere un partito?
Il problema di Conte è che si accorgerà di doverlo fare quando sarà troppo tardi. Se tu vuoi fare un partito dovresti iniziare da adesso. O perlomeno che organizzino circoli culturali che poi diventino sezioni di partito.
Morale della favola?
Ho l’impressione che farà la fine di Luca Cordero di Montezemolo.
Fatto fuori Di Maio, fatto fuori Conte, resta Di Battista. Sarà lui il nuovo capo politico dei cinquestelle?
Ha probabilità di diventare il leader, non più del M5S, ma di un manipolo di pasdaran che giocheranno a fare l’opposizione delle opposizioni.
Il tutto eterodiretto da Casaleggio?
A mio avviso sì. Però non possono farla in rottura con Grillo.
Perché?
Primo: il giovane Casaleggio non ha la stessa capacità attrattiva del padre.
Secondo?
Può anche tentare di fare questa operazione ma più di un manipolo di ribelli non riuscirà ad imbarcare.
E il Movimento?
La sigla è usurata. Vedrete quanto raccoglieranno alle amministrative in autunno, temo si fermeranno al 2 per cento.
Lei nel 2018 ruppe con il Movimento. Ha più sentito Grillo o Casaleggio junior?
Non li sento da un pezzo ma abbiamo amici in comune. Tutti mi riferiscono di un Grillo schifato. Ho l’impressione che sia il via libera al rompete le righe.
Cosa resterà dei cinquestelle?
Gli scenari sono due.
Il primo?
Una scissione in due blocchi, ma lo vedo meno probabile.
L’altro?
Che scoppi tutto in un’esplosione di coriandoli.

(da “Huffingtonpost”)

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ROBERTA LOMBARDI CONTRO IL BIS DI VIRGINIA RAGGI A ROMA

Giugno 7th, 2020 admin

“SUL MES ODIO POSIZIONI PREGIUDIZIALI”

Roberta Lombardi dice no al bis di Virginia Raggi a Roma e chiede al MoVimento 5 Stelle di pensare al MES come possibile soluzione di finanziamento per il rilancio del paese.
In un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera la deputata regionale dice la sua sul nuovo M5S che si aspetta:
Si sfideranno Di Maio e Di Battista? È auspicabile un accordo?
«Perché no? Finché siamo stati collegiali siamo stati dirompenti. Anche Di Maio e Di Battista sono sicuramente necessari per il Movimento».
Conte ha fatto bene?
«È stato responsabile. Mi piacerebbe che andasse avanti. Anche se ho paura che il ritorno alla normalità per alcuni sia il solito canto del gallo per attirare consensi».
Parla di Renzi? Anche Conte cerca visibilità? Il Pd è nervoso.
«Ai cittadini le lotte di posizionamento non interessano. Chiunque le faccia».
Si vuole abolire il tetto del doppio mandato, anche per ricandidare Virginia Raggi
«Sono contraria. La politica è un servizio civile a tempo determinato. Crediamo così poco nel nostro progetto da sostenere che il singolo sia più importante dell’idea?»
Un giudizio sul mandato?
«Molto lavoro, ma non tutti i risultati sono visibili»
Direte sempre di no al Mes, anche se cambiasse?
«Odio le posizioni pregiudiziali. A oggi, la fine delle condizionalità è scritta sulla sabbia. Ma se alla fine dell’iter fosse ratificato il cambiamento, si può pensare di esaminarlo in tutte le sue possibili implicazioni».
Corrao è stato punito per aver votato no al Mes. Per la Lezzi si è trattato di un segnale contro Di Battista.
«Mi pare che qualche collega si faccia prendere da dietrologia o avantologia pro domo sua. Abbiamo accettato uno statuto, si rispetti».
Di Battista mette a rischio il governo?
«Con Alessandro abbiamo fatto 5 anni di opposizione feroce, capisco che cambiare ruolo sia difficile. Finché questo governo fa cose giuste, è giusto criticarlo ma offrendo anche idee costruttive».

(da “NextQuotidiano“)

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