destra di popolo

DUE MOSSE PER SALVARE CONTE: UN SEGNALE SULLA PRESCRIZIONE E UN DECRETO LEGGE SULLA GIUSTIZIA CIVILE

Gennaio 23rd, 2021 admin

GOVERNO AL LAVORO PER EVITARE DI ANDARE SOTTO GIOVEDI’ SULLA RELAZIONE GIUSTIZIA DI BONAFEDE

Un “segnale politico” sulla prescrizione e un decreto sulla giustizia civile: ecco il sentiero, ancora da costruire, per sminare l’ultimo scoglio sulla navigazione di Giuseppe Conte. L’appuntamento con il voto parlamentare sulla relazione del Guardasigilli Alfonso Bonafede è lo spauracchio dei giallorossi mentre l’operazione “responsabili” non decolla. Mercoledì pomeriggio alla Camera, mentre al Senato potrebbe slittare a giovedì - deciderà la capigruppo - ma non oltre.
Un margine molto ristretto per trasformare la prospettiva di una sfida all’Ok Corral in “occasione di dialogo trovando una soluzione politica”, come spiega uno dei “pontieri” in prima linea.
Il tema della giustizia è dirimente per allargare (o far saltare) la maggioranza, Bonafede è l’uomo simbolo di un irrigidimento della prescrizione indigesto a renziani, centristi e forzisti. Cioè proprio quelli che servono per tenere in sella il premier.
L’allarme è alto e parte dal Nazareno: “Serve un segnale politico forte, un’iniziativa del governo e del ministro sennò si va a sbattere”.
Walter Verini avvisa: “Si apra una fase nuova, investimenti e riforme per tempi ragionevoli dei processi, sei anni per quelli civili. Spero in segnali dalle forze politiche responsabili”. Una mediazione in grado di “convincere” ad astenersi se non Renzi almeno una parte dei suoi parlamentari.
Conquistando Sandra Lonardo e qualche altro garantista incerto. Ore frenetiche di telefonate e di ipotesi sul tavolo. A via Arenula lavorano su un testo farcito di numeri e tutto proiettato sul 2021: con il Recovery Fund ci saranno 2,7 miliardi per oltre 20mila assunzioni.
Poi c’è il versante riforme: la prospettiva di un decreto per accelerare sulla giustizia civile (che va piano alla Camera, il primo febbraio scade il termine per gli emendamenti in Commissione) con dentro giudici onorari e modifiche della disciplina concursuale per le imprese, temi cari a Iv e Forza Italia. “Sarebbe assurdo buttare le riforme con l’acqua sporca” argomentano i grillini.
Il Pd chiede di più: vuole un segnale proprio sulla prescrizione. Non basterà omettere qualsiasi riferimento al tema, dato che l’amministrazione della giustizia nel 2020 non ha avuto profili relativi ad essa. Servirà un “ammorbidimento”. L
e modalità sono ancora al vaglio. Magari quella commissione di verifica ad hoc sugli effetti della riforma chiesta dagli uomini di Renzi.
O addirittura un “congelamento” delle nuove regole fino alla riforma complessiva del procedimento penale, che abbreviando radicalmente i tempi cambierebbe il sistema spuntando le accuse di giustizialismo. Sullo sfondo, il doppio binario tra assolti e condannati in primo grado, che però non piace a tutti.
Trattative complesse. Mentre lo scenario tutto intorno resta bloccato. L’operazione “responsabili” è in stallo, ed è difficile che da Forza Italia qualcuno possa staccarsi per “promuovere” l’operato di un ministro della giustizia considerato “ultra-giustizialista”.
Già la centrista Binetti ha avvisato: “Voteremo no, a maggior ragione dopo la vicenda Cesa, poi la storia cambia”.
Mentre il Nazareno continua a stoppare le pulsioni di un’ala Dem che vorrebbe “evitare di morire contiana”. Ma da Zingaretti a Orlando fino a Franceschini si ripete che l’attuale premier è “un punto di equilibrio” e dopo di lui ci sono solo le elezioni.
Mantra, quello delle urne, ribadito oggi anche dai Cinquestelle e da Silvio Berlusconi. Una drammatizzazione per stanare i “dormienti”, certo, ma anche un’opzione non escludibile: “Il centrodestra unito è appena salito al Quirinale per chiedere le elezioni. Mattarella ha preso nota. Se Conte salta, non potrà non tenerne conto” ragiona un deputato.
Ecco perché l’obiettivo minimo, ora, è superare il passaggio di Bonafede a Palazzo Madama per poi ricominciare ad allargare la maggioranza.
Si punta a un via libera grazie all’incrocio di assenze e astensioni, purché si eviti di urtare suscettibilità. Al “cantiere” partecipano, oltre a Bonafede in prima persona, il sottesegretario Dem Andrea Giorgis, Federico Conte di Leu, il presidente grillino della commissione Giustizia Mario Perantoni, il Dem Verini, che da tesoriere continua a dare una mano su questi temi.
Il ministro in aula snocciolerà quello che l’Italia rischia di perdere: 2,7 miliardi di euro dall’Europa, 2,3 dei quali da usare per oltre 20mila assunzioni (16mila addetti all’ufficio per il processo, 2mila magistrati aggregati per abbattere l’arretrato, 100 magistrati onorari ausiliari per il contenzioso tributario, 4mila personale tecnico tra informatici, architetti, ingegneri statistici) più 450 milioni per l’edilizia giudiziaria.
Ma il problema, si sa, è politico. “Se anche dicesse solo: buonasera, vi consegno la relazione scritta, le relative risoluzioni andrebbero comunque al voto” ragiona un Dem. Ecco allora il doppio possibile affondo: la spinta ad accorciare (finalmente) i processi civili, cioè la principale richiesta fatta da Bruxelles per avere accesso ai soldi del Recovery. E il “segnale politico” sulla prescrizione. La riforma del processo penale si muove, in parallelo, al Senato. Ma qui intervenire per decreto provocherebbe obiezioni di costituzionalità e – probabilmente – i i rilievi del Colle.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO IPSOS: QUATTRO ITALIANI SU CINQUE NON VOGLIONO LE ELEZIONI

Gennaio 23rd, 2021 admin

QUELLI CHE CI HANNO CAPITO QUALCOSA DI QUESTA CRISI SONO MENO DELLA SETTIMANA PRECEDENTE

In questi giorni vi abbiamo raccontato come i sondaggi delle ultime ore non abbiano premiato chi ha scatenato la crisi di governo. L’averla innescata non ha certo fatto bene al partito di Matteo Renzi, che nell’ultima settimana ha perso lo 0,6 per cento, secondo i sondaggi Index Research presentati a Piazzapulita.
Oggi Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera illustra un altro aspetto emblematico. Gli italiani che hanno capito perché è nata la crisi sono ancora meno della settimana scorsa. Ma soprattutto solo uno su cinque vorrebbe andare ad elezioni in questo momento. Sempre di più comunque di quelli che preferirebbero che l’esecutivo di Conte fosse sostituito da un governo di centrodestra:
Dopo il voto di fiducia è opinione diffusa (53%) che il governo si sia indebolito, perché oggi può contare su una maggioranza risicata, mentre il 20% ritiene che si sia rafforzato perché con l’uscita di Iv potrà avere maggiore coesione e più libertà d’azione.
In proposito dem e5Stelle la pensano diversamente: i primi sono maggiormente convinti che l’esecutivo si sia indebolito (62%), mentre i secondi sono più del parere che si sia rafforzato (50%).
Quanto alle previsioni sulla durata del governo, si registra molta incertezza: per il 9% avrà una vita breve, di poche settimane, per un terzo continuerà per qualche mese, per un altro terzo arriverà alla fine della legislatura e il 27% non è in grado di fare previsioni.
Riguardo allo scenario politico preferito, il 40% ritiene opportuno che l’attuale esecutivo continui fino alla fine della legislatura mentre il 40% si augura un’alternativa — prevalentemente nuove elezioni (21%) seguite da un governo di unità nazionale (8%), quindi un cambio della maggioranza (7%) o del premier (4%)—e un italiano su cinque non esprime preferenze.
Il ricorso al voto viene auspicato dalla maggioranza assoluta degli elettori della Lega e di FdI, nonché da un terzo di quelli di FI.

(da agenzie)

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TABACCI VA A PALAZZO CHIGI E AVVISA: “IL RINFORZO DELLA MAGGIORANZA DEVE PASSARE DA UN NUOVO GOVERNO”

Gennaio 22nd, 2021 admin

“PER AVERE CAPACITA’ ATTRATTIVA NON BASTA UN RIMPASTO, OCCORRE UN PROGETTO POLITICO DI PIU’ AMPIO RESPIRO”

Bruno Tabacci va a Palazzo Chigi e avverte che l’operazione “costruttori” è complessa e, per riuscire, dovrà passare per un nuovo Governo.
Il leader di Centro Democratico sta lavorando in queste ore alla ricerca dei “responsabili” che diano vita a  un  gruppo parlamentare di stampo centrista, capace di allungare la vita al Governo. L’obiettivo è quello di creare un progetto politico di più ampio respiro con punto di riferimento lo stesso premier Giuseppe Conte.
“I numeri ci sono ancora, mercoledì c’è una prova di fuoco e si vedrà quali sono le reali intenzioni, io penso che la possibilità di rafforzare la traduzione c’è, ma passa attraverso un Governo nuovo” ha dichiarato Tabacci fuori da Palazzo Chigi, dove ha incontrato Luigi Di Maio. ”Per togliere qualsiasi equivoco, ritengo che il presidente Conte è l’unico punto di equilibrio di questa coalizione. L’alternativa sono le elezioni”.
Secondo il deputato ex Dc “per concludere la crisi è necessario aprire un ventaglio di forze più ampie. Renzi al Senato ha fatto un discorso di rottura ma credo che in Italia Viva ci siano posizioni più concilianti. E poi c’è l’area dei liberal-democratici di Forza Italia”, ha concluso. Finora il reclutamento di Tabacci ha avuto maggior successo alla Camera che al Senato, dove è particolarmente in bilico la situazione per il Governo.

(da agenzie)

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PAOLA BINETTI: “PRONTA A TUTTO PER SALVARE LA LEGISLATURA”

Gennaio 22nd, 2021 admin

“SE CONTE VUOLE UNIRE I PICCOLI SOGGETTI CHE STANNO AL CENTRO, IO CI SONO”

Paola Binetti ha votato No all’ultima fiducia al Governo di Giuseppe Conte, annunciando che le cose potrebbero cambiare. Al Messaggero la senatrice Udc sembra aver maturato la convinzione di sostenere l’esecutivo, perché bisogna “fare di tutto”, spiega, perché la legislatura non finisca anzitempo.
“Il Governo attuale può fare due scelte: o una captatio benevolentiae verso Italia Viva, o guardare al centro”. Se Conte guarda al centro “non trova una prateria vuota, c’è già l’Udc”.
Secondo Binetti il premier “deve capire se la sfida che vuole assumere è quella di aggregare questa miriadi di piccoli soggetti che stanno al centro. Se questa fosse la sfida, mi vedrebbe interessata”. Assicura di non essere stata contattata da Conte, o da qualcuno a nome di Conte, o da alte sfere vaticane, né le è stato offerto un Ministero.
Sull’indagine a Lorenzo Cesa, Paola Binetti esprime il dispiacere e la solidarietà al collega di partito. “Detto questo - aggiunge - porca miseria, era un momento dei più inopportuni”.

(da agenzie)

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CRISI DI GOVERNO, TORNA L’IPOTESI ELEZIONI

Gennaio 22nd, 2021 admin

TABACCI: “INEVITABILI SE MAGGIORANZA NON SI RAFFORZA”…DOPO IL CASO CESA SI ALLONTANA L’IPOTESI DI UNA ENTRATA DEI CENTRISTI NELLA MAGGIORANZA… NEL CENTRODESTRA SI SMARCANO CARFAGNA, ZAIA E TOTI: “GOVERNO ISTITUZIONALE DI LARGHE INTESE”

La “bomba” Udc, dopo la notizia del coinvolgimento dell’ormai ex segretario Udc Lorenzo Cesa in un’inchiesta per ‘ndrangheta, piomba sulle trattative di governo a un passo dalla chiusura.
Per Giuseppe Conte la partita sembrava avviata verso la conclusione, con la fase due del piano già impostata: entro lunedì sarebbe dovuto avvenire lo stacco dello Scudo crociato da Forza Italia, per dar vita a quel contenitore politico di centro in cui tenere insieme socialisti, liberali e democristiani. Da lì, poi, sarebbe nato il suo partito futuro. Ma la trattativa ora rischia di bloccarsi.
Sul punto Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista sono stati chiari: “Mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi”. Viceversa i cinquestelle, mentre chiudono la porta a Matteo Renzi, lasciano uno spiraglio aperto per i parlamentari di Iv, con i quali “si è sempre lavorato bene”, come sottolinea il capogruppo M5S alla Camera Davide Crippa.
Per aggirare l’ostacolo, a Conte resta ancora la carta Pd. Il partito di Nicola Zingaretti, infatti, sta incessantemente corteggiando i senatori renziani che a settembre del 2019 uscirono dal gruppo dem per seguire l’ex segretario in Italia viva. Intanto i senatori e deputati di Iv escono con una nota congiunta, in cui auspicano una “soluzione politica che abbia il respiro della legislatura”.
Ma al tempo stesso si riaffaccia l’ipotesi elezioni, prefigurata sia dai “tessitori” centristi come Bruno Tabacci, sia dallo stesso Pd, con il sottosegretario Andrea Martella che oggi afferma di non temere le urne.
Il fine settimana, dunque, si preannuncia di grandi manovre, a tutte le latitudini. Perché anche il centrodestra si muove. Non solo con il colloquio dei tre leader, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, al Colle, durante il quale hanno ribadito al capo dello Stato che “con questo Parlamento è impossibile lavorare”.
Ma soprattutto per la mossa di Mara Carfagna, che dando ragione a Giovanni Toti e Luca Zaia, “nella drammatica crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo” vede come “sola prospettiva patriottica in questo momento” un “governo di salvezza nazionale, con una guida autorevole e un sostegno largo, nel quale tutti remino nella stessa direzione”.

(da agenzie)

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LA DOPPIA ANGOSCIA DI CONTE: O RENZI O ELEZIONI

Gennaio 21st, 2021 admin

L’OPERAZIONE RESPONSABILI NON DECOLLA, IL CASO CESA LA COMPLICA, RENZI DISPERATO CERCA DI RIENTRARE DALLA FINESTRA

Passano i giorni e le ore, non passano senatori alla maggioranza. Il tempo scorre e tutto rimane immobile, la grande operazione per allargare la maggioranza non decolla. Palazzo Chigi vede rallentare il treno che avrebbe dovuto far affluire responsabili per sostituire Italia viva, il timore è quello che possa arenarsi definitivamente, il Pd ma anche il Movimento 5 stelle sono in pressing, il tempo stringe, più passa e più l’operazione rischia di crollare.
L’effetto Cesa ha indirizzato pesantemente la giornata in un mood negativo, la notizia deflagrata in mattinata di un avviso di garanzia della procura di Catanzaro per “associazione a delinquere aggravata da metodo mafioso” diretta al segretario dell’Udc è arrivata come un fulmine a ciel sereno a scompaginare, e in peggio, i piani del governo.
Perché Lorenzo Cesa è (era?) uno dei possibili perni dell’operazione “responsabili”, i tre senatori dello scudocrociato se non sono determinanti per la sopravvivenza del governo poco ci manca.
“Il problema è che noi con Cesa trattavamo, così viene a mancare un interlocutore politico, ora con chi si parla?”, dice uno dei pontieri più attivi, che dà per perso De Poli, uno dei tre Udc a Palazzo Madama, considerato troppo organico al centrodestra, ma che vede dei margini ancora buoni sugli altri due, Saccone e Binetti.
Ma con l’indagine capitata tra capo e collo al segretario del partito tutto diventa maledettamente più difficile.
I 5 stelle hanno iniziato a ribollire. “A tutto c’è un limite”, è il messaggio che più si rincorre negli scambi tra i grillini. Nella war room pentastellata sono convinti che tutto ora sia complicato. Un senatore, parlando di suoi colleghi, allarga le braccia: “Ma tu pensi che l’ala nostra più barricadera ingoierebbe tranquillamente un governo con un partito il cui segretario è indagato per rapporti con la ’ndrangheta? Va bene che stiamo ingoiando tutto, ma siamo pur sempre grillini. Ce lo vedi Lannutti a votare la fiducia?”. È Alessandro Di Battista ad entrare a gamba tesa, mettendo quella che sembra una pietra tombale su quella che fino a ieri era tra le ipotesi più concrete di allargamento della maggioranza: “Con chi è sotto indagine per associazione a delinquere nell’ambito di un’inchiesta di ’ndrangheta non si parla. Punto”.
È l’intervento di Luigi Di Maio a mettere quella che sembra una pietra tombale su un possibile accordo con l’Udc: “Mai il M5s potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi - spiega il ministro degli Esteri, ancora oggi la figura di più peso nel mondo pentastellato - il consolidamento del governo non potrà avvenire a scapito della questione morale”.
Gli esegeti sottolineano come Di Maio si riferisca a singoli soggetti, non al partito, e continuano a credere nella possibilità che qualcosa si muova, ma è tutto incredibilmente difficile.
Viene a mancare un interlocutore chiaro, rischia di sfumare l’operazione che voleva attorno al simbolo dell’Udc la costruzione del gruppo di responsabili a Palazzo Madama.
Ne servono 170, come da asticella fissata da Dario Franceschini, ne basterebbero anche due o tre in meno per una navigazione appena tranquilla, sono comunque dieci in più rispetto a quanti martedì scorso hanno votato la fiducia, e il conto per ora è fermo a quota zero.
A Palazzo Chigi sono convinti che basterebbe un segnale, un piccolo smottamento di Italia viva, qualche altra defezione in Forza Italia: sarebbe la palla di neve che genererebbe quella piccola valanga che permetterebbe di mandare in porto l’operazione.
Per questo e per smuovere le acque dopo due giorni di totale immobilismo Conte ha deciso di cedere la delega ai Servizi segreti a un suo uomo di fiducia. Un alibi in meno a Matteo Renzi, ma soprattutto per quella pattuglia di senatori renziani che continuano a lanciare messaggi al proprio leader sul fatto che mai voterebbero la sfiducia al governo.
Una minoranza all’interno del gruppo di Iv, ma che possono cambiare le sorti della partita. Così come un segnale è la lunghissima lista di incontri messi in programma dal premier per discutere e migliorare il Recovery plan, dai sindacati alle Regioni, passando per imprese e enti locali.
L’ex rottamatore ai microfoni di Piazza Pulita lancia un appello che tra i 5 stelle bollano come disperato, “siamo ancora in tempo per fermarci e tornare a confrontarci”.
Un bollino, quello della disperazione, che vale oggi ma domani chissà.
Da Pera a Schifani passando per il transfugo Causin, Forza Italia è data in difficoltà, affannata a tenere unito un gruppo che ascolta le sirene provocanti di una legislatura che potrebbe continuare. Ma al momento nulla si muove, e il gran tessitore del Pd Goffredo Bettini ammonisce: “Se in queste settimane riusciamo a consolidare i numeri bene, altrimenti si tornerà a votare”. L’ipotesi del voto è quella che circola nel M5s, più per tattica che per convinzione: “Alla fine si tornerà con Renzi, vedrai, e noi dovremo ingoiarcela perché nessuno vuole rischiare le urne”, dice un deputato alla seconda legislatura.
Ci sono solo cinque giorni per scongiurare il concretissimo rischio di andare sotto in aula al Senato sulle comunicazioni sulla giustizia di Alfonso Bonafede. Per Conte il nemico principale è il tempo.

(da “Huffingtonpost”)

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OBIETTIVO 167: PRESSING SUI SENATORI, TENTATI DA MINISTERI E SEGGI BLINDATI

Gennaio 21st, 2021 admin

SI GUARDA AI RENZIANI INDECISI E SI SPERA IN UN “EFFETTO ROSSI” IN FORZA ITALIA

Renato Schifani parla di “sirene che fanno breccia” tra i senatori di Forza Italia. Andrea Causin, uno dei due azzurri che ieri ha dato fiducia al governo, sarebbe stato direttamente a colloquio a Palazzo Chigi con il premier, e parla di una dozzina di suoi colleghi che stanno seriamente valutando il da farsi.
Tiziana Drago, ex M5s ora nel gruppo Misto, parla di “stalking” per votare la fiducia. All’Udc è stato assicurato un posto in Consiglio dei ministri, al Psi almeno un sottosegretariato con deleghe importanti, alcuni senatori di Italia Viva sono stati blanditi con la promessa di un seggio blindato nel 2023.
L’intenzione di Giuseppe Conte, condivisa con la sua maggioranza in tre ore di vertice per fare il punto, è chiara: allargare la maggioranza di governo. L’ambizione è quella di farlo attraverso un gruppo strutturato, una dozzina di elementi, che possa sostituire organicamente Italia Viva in maggioranza e garantire al Quirinale una navigazione tranquilla fino a fine legislatura.
“L’obiettivo - confida un ministro - è quota 167, una decina in più di ieri, in modo da avere un margine anche senza i senatori a vita”. Alla Camera Bruno Tabacci “ha sistemato tutto”, come dice un esponente di maggioranza, con un contenitore che sta raccogliendo transfughi e contenti e in cui dovrebbe confluire anche Renata Polverini.
Il problema è al Senato..
Da Forza Italia non arriverà una mano, non “autorizzata” da Silvio Berlusconi, almeno. Ma a Palazzo Chigi sono convinti che “l’effetto Maria Rosaria Rossi” ha scosso l’ambiente, e che due o tre senatori sarebbero seriamente tentati di traslocare in maggioranza.
Un capitolo a parte è quello di Italia Viva. È significativa la risposta di uno di quei senatori considerati incerti sullo strappo portato a termine da Matteo Renzi allorché ieri si sono sparse le voci di un voto contrario alla fiducia: “La linea è quella dell’astensione. Se si vota contro, liberi tutti”.
Spiega uno dei gestori del suk: “Sappiamo che sono almeno quattro o cinque quelli di Italia Viva che hanno seguito Renzi con la prospettiva di riaprire poi il discorso con la maggioranza. Ma che non lo seguirebbero fino in fondo, uno di loro mi ha detto: non potrei votare contro il governo”. Il pressing è forsennato. Ma anche qualora tutte le caselle andassero al loro posto, con sette/otto nuovi ingressi la maggioranza assoluta, al netto dei senatori a vita, sarebbe risicatissima.
Ecco che diventa fondamentale l’Udc. Perché lo scudo crociato potrebbe mettere a disposizione un bagaglio di relazioni, una peculiare forza attrattiva nella galassia popolare, e soprattutto quel simbolo senza il quale per le regole di Palazzo Madama il gruppo non si può formare.
Sul piatto un ministero, l’Agricoltura, o i Trasporti scorporato dalle Infrastrutture, forse un sottosegretariato. I democristiani al momento non cedono, ma trattano. Una delle condizioni poste sono le dimissioni di Conte e un terzo governo guidato dallo stesso premier, un segnale di discontinuità necessario a giustificare il trasloco, ma di dimissioni al momento il premier non vuol sentir parlare. Un altro ministero è a disposizione dei “costruttori”, con la casella della Famiglia rimasta scoperta, e un sottosegretariato è dato in direzione Nencini.
Il tempo è tiranno. Conte spinge affinché la partita, se non chiudersi, si delinei per larghi tratti entro mercoledì della prossima settimana, quando si voterà la relazione annuale sulla giustizia sulla quale Renzi ha già annunciato il voto contrario di Iv. “Matteo sta tenendo buoni i suoi, almeno fino ad allora non ci saranno incidenti, perché il suo obiettivo è rimasto sempre lo stesso, un nuovo governo con la stessa maggioranza”.
Conte sa che in quell’equazione lui non è compreso, ha bisogno in fretta di un nuovo patto di legislatura, nuove priorità, un nuovo progetto che possa oggi essere attrattivo per chi fino a ieri gli si opponeva. E di un gruppo al Senato

(da “Huffingtonpost”)

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NELLA LISTA DI CONTE: TRE DI ITALIA VIVA, DUE DI FORZA ITALIA E UN EX M5S

Gennaio 20th, 2021 admin

SPACCHETTANDO I MINISTERI E AUMENTANDO I SOTTOSEGRETARI SI CREANO PIU’ POSTI PER ACCONTENTARE LE AMBIZIONI … RISCHIANO DI FRANARE I GRUPPI DI FORZA ITALIA E ITALIA VIVA

Ieri era solo l’inizio.
“Stiamo cercando di convincere due senatori di Italia Viva, forse tre, due di Forza Italia e la Drago dei 5Stelle è quasi dei nostri”, tiene i conti un componente del governo che tratta con ogni singolo parlamentare.
La fiducia si è fermata a 156 voti a favore, ora ne servono almeno cinque per stabilizzare il governo. E soprattutto occorre formare un gruppo parlamentare che faccia il suo ingresso nella maggioranza per poter chiedere il riassestamento delle commissioni, altrimenti ogni voto diventa un rischio.
“Questione di pochi giorni”, sono convinti nella maggioranza.
Il premier Conte – viene spiegato – spacchetterà i ministeri e metterà a disposizione un po’ di posti da sottosegretario. È così che si fanno le trattative.
C’è chi ieri avrebbe già votato la fiducia al governo ma attende per capire cosa si può accaparrare.
Anche perché la clessidra scorre e il 27 gennaio si avvicina. Il governo ha quindi sette giorni per ‘rimpolpare’ i numeri a palazzo Madama, perché quel giorno si voterà la relazione sullo stato della Giustizia del ministro Alfonso Bonafede.
Matteo Renzi ha già annunciato che questa volta Italia Viva voterà contro. Se i numeri rimangano questi la maggioranza rischia di non esserci, neanche quella relativa.
“O accade un fatto politico e si avvia un vero dialogo- ribadisce oggi il deputato renzianissimo Luciano Nobili - oppure voteremo contro e credo proprio che il governo andrà sotto”.
Per evitare ciò l’opera di convincimento è ancora in atto.
L’ex grillina Tiziana Drago, a cui il premier ieri ha dedicato un passaggio del suo discorso, non può che rifletterci: “In futuro valuterò scelte concrete”.
Eugenio Comincini, senatore di Italia Viva, è tra coloro che si apprestano a fare il grande salto. Spera che la frattura si possa ricomporre, ma se questo non dovesse succedere “io non me la sento di andare all’opposizione”.
A lui si dovrebbe aggiungere Leonardo Grimani: “Sono impegnato in queste ore a tentare di riportare Iv nel perimetro della maggioranza sapendo bene che Conte e il Pd su questo aspetto non ci sentono molto, ma il tentativo va fatto e lavoro affinché si possa riaprire uno spiraglio”.
E se questo spiraglio non si riapre? “Lo scenario che si apre davanti, io ad oggi non lo so, ma certo non sono molto convinto che un’opposizione feroce nelle commissioni e in aula sia consona a un partito come Iv”.
L’altro senatore attenzionato è Mauro Marino, ieri assente causa Covid, ma le telefonate nella sua direzione sono già partite.
Gli assi nella manica del premier sono diversi. È rimasto scoperto anche il ministero della Famiglia, dopo le dimissioni della Bellanova. Quindi potrebbe essere spacchettato in Famiglia e Pari opportunità, ben due posti da offrire a chi andrà in soccorso del governo.
Al dicastero dei Trasporti ormai lo sanno bene che la parte delle Infrastrutture sarà ceduta, ed è un tema che fa gola a tanti.
Ci sono diversi posti da sottosegretario compreso quello degli Esteri. Il nome che rimbalza a Palazzo Madama è Riccardo Nencini, colui che ha votato in extremis la fiducia al governo.
Secondo i più maligni sarebbe stato convinto così, all’ultimo momento. Il premier sarebbe disposto anche a creare con decreto un nuovo ministero, quello per l’attuazione del programma. Per non parlare poi delle nomine, tra queste quelle di Cassa depositi e prestiti, un amministratore delegato e tre consiglieri di amministrazione da scegliere in primavera.
Andrea Causin di Forza Italia, che ieri con Maria Rosaria Rossi ha votato la fiducia al governo, la spara grossa. Sostiene che almeno dieci o quindici senatori azzurri ieri avrebbero votato la fiducia. Dieci sono un po’ troppi, ma nessuno esclude che nei prossimi giorni due o tre possano palesarsi e quel punto Conte supererebbe i 161 senatori di maggioranza.

(da “Huffingtonpost”)

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SALVINI FURIOSO SOSPETTA DI BERLUSCONI: “DIETRO AI SI’ AL GOVERNO DI POLVERINI E ROSSI C’E’ LUI DIETRO”

Gennaio 20th, 2021 admin

CHI PARLA DI 10-15 SENATORI E 30 DEPUTATI DI FORZA ITALIA CHE NON VOGLIONO MORIRE SOVRANISTI

“Abusivi”, “poltronari”, “complici”. Matteo Salvini in queste ore non si trattiene.
E’ furibondo perché il tentativo di disarcionare il premier Conte è (per il momento) fallito. Grazie al contributo – non determinante ma altamente simbolico – di Forza Italia: “Causin e Rossi sono stati eletti anche con i nostri voti” ha sibilato.
Il punto però è un altro: due pezzi da novanta del partito, Renata Polverini a Montecitorio e Maria Rosaria Rossi a Palazzo Madama, hanno disertato nell’attimo cruciale.
L’ex governatrice del Lazio avvisando con un sms in tempo reale, l’ex tesoriera azzurra a bruciapelo.
Ma Salvini non ci crede, vede l’ombra di Berlusconi dietro la doppia mossa.
Nel clima di reciproci sospetti e diffidenze che avvolge il centrodestra come un cupo mantello, il leader della Lega legge quei voti in filigrana come un segnale del Cavaliere a Conte.
Ricambiato dall’amo della legge proporzionale – che oltre ai cespugli attira metà dei gruppi forzisti in ambasce per la ricandidatura – lanciato platealmente in aula. Insomma, uno scambio di amorosi sensi a spese altrui.
Il giorno dopo la fiducia al governo, a destra è tempo di elaborare una strategia. Compito non facile se il quadro non è chiaro. Nelle geometrie forziste il Sì della Rossi, soprannominata la “badante” all’epoca delle “cene eleganti”, grande amica di Francesca Pascale ed esponente di spicco del “cerchio magico spazzato via dalla gestione di Licia Ronzulli (in buoni rapporti, anche personali, con Salvini), viene prevalentemente decodificata come un “dispetto”.
Il fragoroso addio di chi non si rassegna a un ruolo marginale nel nuovo corso e chissà se cerca una ricollocazione o già pensa alla pizzeria aperta nel Salernitano.
La capogruppo Marisatella Gelmini, il portavoce Giorgio Mulé, Sestino Giacomoni, sono un coro: “Non sapevamo nulla”. Tuttavia, complici le tante ambiguità di Berlusconi nell’ultimo periodo, c’è anche chi ipotizza i buoni uffici di Gianni Letta: “Per noi quel voto è arrivato come un fulmine a ciel sereno – giura un senatore – Ma sicuramente la Rossi aveva un canale diretto con Silvio. Se l’abbia usato non lo sapremo mai”. Lei ha smentito: “Non ho condiviso la decisione con il presidente”.
Importa fino a un certo punto. E’ la mera suggestione a fare perdere le staffe al Capitano. Polverini si è iscritta a Centro Democratico, il contenitore “contiano” alla Camera, che ha raggiunto quota 13 deputati e si appresta a chiedere la deroga per formare un gruppo autonomo.
Il suo malessere, invece, era noto da tempo, e condiviso con l’amico Renato Brunetta, gran sostenitore di una soluzione istituzionale alla crisi, visto come il fumo negli occhi dal Capitano che se ne è apertamente lamentato ad Arcore.
Adesso, il governo ha superato la soglia psicologia dei 155 Sì. Margine stretto, ma vantaggio nell’avvio del secondo tempo della crisi.
“Ci sono 8-10 senatori a disagio per la deriva leghista del centrodestra” ha avvisato il neo-ex forzista Causin. Alla Camera, i salvini-scettici sono conteggiati sulla trentina (un terzo del gruppo).
Il secondo tempo è iniziato

(da “Huffingtonpost”)

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