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ORA SI SCOPRE CHE IL SINDACO DI ADRO MANDA IL FIGLIO ALLE SCUOLE PRIVATE: COERENZA LEGHISTA

Settembre 16th, 2010 admin

DOPO AVER STAMPATO 700 SIMBOLI DELLA LEGA ANCHE NEI CESSI DELLA SCUOLA PUBBLICA, QUANDO SI TRATTA DI SCEGLIERE UN ISTITUTO PER IL FIGLIO LA SNOBBA… AD ADRO PROTESTANO I DOCENTI E PERSINO IL PRIORE: “HANNO CROCEFISSO GESU’ PER LA SECONDA VOLTA”

Che la penosa vicenda di Adro, peraltro ampiamente discussa su tutti i media nazionali, con il sindaco leghista Oscar Lancini da Rovato intento a sistemare simboli del sole delle Alpi anche sul tetto della scuola e sui tappetini, avesse risvolti tragici e umoristici al tempo stesso è cosa acquisita.
Anche la stessa apparizione sugli schermi del Lancini suscità in sé ilarità per la sua poca dimestichezza con le regole costituzionali del nostro Paese e la insostenibile leggerezza delle sue tesi.
In altri tempi si sarebbe detto che “si arrampica sugli specchi” per sostenere tesi inverosimili, modificandole nel corso del discorso a  seconda della sua convenienza.
Ma evitando di prendere atto di una semplice verità: che una scuola pubblica con un marchio di partito è inaccettabile e che gli italiani non intendono superare quella soglia di tolleranza che ci permette ancora di convivere civilmente.
La cosa scandalosa semmai è che nessuna autorità istituzionale (Gelmini in primis)  abbia avuto il coraggio di dire che quei simboli sono fuori luogo e vanno rimossi e che sostenere che il sole delle Alpi faccia parte predominante dell’iconografia locale sia solo una patetica stronzata.
Semmai ne avrebbero titolo i fratelli Dandolo, eroi risorgimentali.
In compenso abbiamo dovuto ascoltare falsità, come che la scuola sia stata realizzata a costo zero, senza i contributi dello Stato: la scuola è stata realizzata con lo scomputo degli oneri di urbanizzazione, cedendo un terreno edificabile a privati, come avviene in tanti altri Comuni italiani, nessun miracolo.
Solo gli arredi sono frutto di una colletta tra i cittadini.
Aver stampato il simbolo leghista anche nei cessi della scuola e inchiodato i crocefissi al muro ha determinato disagio nella dirigenza scolastica, nel personale docente e non docente e in molti genitori, che hanno tutti espresso l’invito a “lasciare la politica fuori dalla scuola”, chiedendo implicitamente la rimozione dei simboli di partito.
Persino il priore del locale convento dei Carmelitani ha cassato l’iniziartiva dicendo: “Hanno crocefisso Gesù per la seconda volta”.
Ma stamane è arrivata la scoperta umoristica, degno finale della farsa padana: dopo aver stampato simboli leghisti ovunque nella scuola tanto amata, pubblicizzata e difesa, dove ha iscritto il proprio figliolo il sindaco Oscar Lancini?
Ma nella scuola privata ovviamente, sita esattamente di fronte all’altra.
Beccato sul fatto, ha cercato di giustificarsi: “io ho frequentato quella privata e mi sono trovato bene, mi sembra migliore dell’altra”.
Neanche la libidine di posare le chiappe su una sedia col marchio del sole delle Alpi lo ha insomma convinto a scegliere la scuola frutto di tanti sacrifici dei suoi concittadini.
D’altronde lui ha i mezzi economici per la scuola privata, che i comuni mortali frequentino pure quella pubblica: coerenza leghista.

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BERLUSCONI: “MI AVEVANO GARANTITO 20 DEPUTATI, COME AL SOLITO HANNO SBAGLIATO I CONTI” E UN ALTRO ADERISCE A FINI

Settembre 16th, 2010 admin

BERLUSCONI COSTRETTO A TRATTARE CON I FINIANI PER AVERE UNA MAGGIORANZA: LA BONGIORNO CONFERMATA, I PROBIVIRI RINVIATI, OFFERTO ANCHE IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO… CATONE (DC DI ROTONDI) PASSA CON FUTURO E LIBERTA’

La campagna acquisti del premier non ha prodotto risultati concreti: il repubblicano Nucara non è riuscito a riportare nessuno sulla via Arcore e il premier è furibondo coi “soliti noti” (i coordinatori del Pdl e i capigruppo parlamentari) : “mi avevano garantito venti deputati, come al solito hanno sbagliato i conti”.
In verità Silvio ci ha messo del suo nel fallimento dell’operazione “gruppo di responsabilità” salva-governo: sono in molti a rimproverargli nei corridoi di Palazzo di aver commesso un grossolano errore di “grammatica politica” nell’annunciare prima del tempo l’operazione.
“Non sa trattenersi, deve sempre metterci il cappello, le cose prima si fanno e poi si dicono”, sono i commenti critici, espressi sottovoce, di area pidiellina.
Alla fine anche i quattro Udc siciliani vicini a Calogero Mannino adesso devono prendere tempo e così un premier infuriato si sfoga: “Ora sono costretto a trattare con Fini”.
Ed è quello che Letta, per conto di Silvio, sta facendo, con le seguenti concessioni che per il premier sono peggio di una resa: conferma di Giulia Bongiorno a presidente della Comissione Giustizia della Camera, nessun accenno a mettere in discussione il diritto di Fini a presiedere la Camera, rinvio della discussione dei deferimenti di Bocchino, Granata e Briguglio a tempi morti da definire, offerta del Ministero per lo Sviluppo economico ai finiani, tutti i ministri e sottosegretari confermati.
Fini da parte sua si impegna ad appoggiare un lodo Costituzionale che sospenda i processi al premier per il periodo in cui è in carica, senza però che ciò incida sui processi del cittadino comune.
Una sorte di tregua armata, non a caso Fini ha dato direttive precise: “Nessuna polemica sopra le righe fino a fine settembre, poi si vedrà“.
Il discorso del premier alla Camera sarà “distensivo e collaborativo” e non vi sarà alcun voto di fiducia (meglio non rischiare).
Nel frattempo Fini sta mettendo a punto con Lombardo una strategia per risolvere i problemi della giunta regionale siciliana, mentre oggi sarà annunciata l’adesione a “Futuro e Libertà” di Gianpiero Catone, eletto con la Dc di Rotondi.
Tra qualche giorno almeno altri 2-3 parlamentari prenderanno la strada dei finiani, vicino ormai a quota 40 deputati.
La resa di Silvio è testimoniata dalla cancellazione di un’intervista a Gaucci a Matrix: il premier, nel timore che qualche parola di troppo dell’ex presidente del Perugia, potesse far saltare la tregua con Fini, tramite l’avvocato di fiducia di Gaucci, ha fatto annullare l’appuntamento.
Intanto vi preannunciamo che sta per esplodere un’altra grana: i deputati Pdl toscani, capitanati da Alessio Bonciani, si stanno ribellando a Verdini, con resa dei conti a mezzo stampa.
E qualcuno sta ventilando un possibile passaggio ai finiani di fronte a una gestione inesistente del partito.

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IERI SERA A ROMA TUTTI AL PARTY IN ONORE DI GHEDDAFI: LUI CI SPARA, MARONI VA AL RICEVIMENTO DELL’AMBASCIATA LIBICA

Settembre 16th, 2010 admin

AL FRESCO DEL GIARDINO SULLA NOMENTANA, VANNO A BACIARE LA MANO ALL’AMBASCIATORE LIBICO ANCHE MANGANELLI E DE GENNARO, D’ALEMA E LA TORRE, VALENTINO PARLATO E LA BIANCOFIORE, CARRA E PISANU, LA TODINI E LA MARZOTTO, LA PARIETTI E DINI… CONFINDUSTRIA, MILITARI E POLITICI, TUTTI A CELEBRARE il 41° ANNIVERSARIO DELLA RIVOLUZIONE

L’ipocrisia della classe politica italiana si era già potuta notare ieri mattina a Montecitorio, quando Elio Vito, ministro per i Rapporti con il Parlamento, ha letto in Aula la relazione del governo sulla sparatoria di cui è rimasto vittima il peschereccio italiano ad opera della motovedetta libica in acque internazionali (oltre 30 miglia dalla costa).
Una relazione taroccata che tende a sminuire le responsabilità libiche, in nome della real politik  e degli interessi economici.
Da segnalare lo squallido gioco delle parti ad opera della Lega; prima Maroni aveva quasi giustificato i libici, colpevoli “solo” di aver scambiato il peschereccio italiano per un una nave che trasportava clandestini, poi il leghista Stefani sulla Padania invece sosteneva la linea dura al grido “le scuse non possono bastare”, infine Cota che difendeva Maroni e, in preda ad allucinazioni, lo definiva “un grande ministro”.
Anche un grave incidente, dove i nostri marinai hanno rischiato di morire assassinati, viene utilizzzato per le lotte interne alla Lega tra le varie correnti.
In Parlamento l’umore sulla vicenda libica oscillava invece tra l’imbarazzo e lo sdegno per il comportamento dei seguaci di Gheddafi.
Ma il meglio della farsa doveva ancora arrivare: sarebbe andata in scena la sera in via Nomentana, presso l’Ambasciata libica a Roma, dove si celebrava il 41° anniversario della Grande Rivuluzione del 1 settembre, ovvero la commemorazione di un colpo di Stato, quello con cui Muammar Gheddafi  prese il potere nel 1969.
Una festa che celebra l’apologia della dittatura in uno Stato dove vengono negate le libertà fondamentali, dove gli oppositori vengono eliminati fisicamente, dove i profughi vengono abbandonati nel deserto, quando non vengono imprigionati o affogati in mare.
E a poche ore dalle mitragliate sparate ad altezza d’uomo contro i nostri marinai, senza alcun soprassalto di dignità, ecco sfilare il gotha imprenditoriale, politico e militare del nostro Paese, per chinarsi a baciare la mano all’ambasciatore libico a Roma.
Politici che avrebbero potuto essere a far finta di piangere ai funerali dei nostri connazionali, ora si abbuffano nei giardini ben curati sulla Nomentana.
Un party raffinato cui hanno pensato bene di non mancare il nostro ministro degli Interni Maroni, il capo della Polizia, Antonio Manganelli, il direttore del Dipartimento informazioni per la sicurezza, Gianni De Gennaro.
I quali non si sono posti la domanda se lo loro prsesnza fosse cosi opportuna in questo momento, per rispetto al popolo italiano ancora indignato dal comportamento dei libici e in attesa di spiegazioni.
Ma non erano i soli: pronti ad omaggiare Gheddafi vi erano anche Enzo Carra e Pisanu, i piediellini Biancofiore e Pianetta, i Pd Massimo D’Alema e Nicola La Torre, fino a Valentino Parlato del Manifesto e a Lamberto Dini.
Tra il ghota industriale non mancavano la Marzotto, Colaninno e la Todini, con cotorno di militari, peones e veline.
Una bella serata, insomma, per festeggiare chi non rispetta i diritti umani, chi non riconosce il limite delle 12 miglia di acque territoriali, chi spara ai nostri lavoratori.
Complimenti a tutti.

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QUANDO IL TRICOLORE DIVENTA UN’ANOMALIA: A VENEZIA INSULTI LEGHISTI, LA POLIZIA FERMA CHI PORTAVA LA BANDIERA ITALIANA

Settembre 16th, 2010 admin

NON ESISTE SOLO LA MAFIA CHE GOVERNA CERTI TERRITORI DEL SUD, SOSTITUENDOSI ALLE LEGGI DELLO STATO….A VENEZIA, DURANTE IL RADUNO DELLA LEGA, C’E’ LA MAFIA PADANA CHE IMPEDISCE DI ESPORRE LA BANDIERA ITALIANA… E LA PRESUNTA DESTRA, INVECE CHE SCENDERE IN PIAZZA A DIFENDERE IL TRICOLORE, LASCIA ALLA SINISTRA LA DIFESA DELL’UNITA’ NAZIONALE

Il fatto, di cui oggi parlano diversi quotidiani nazionali, è emblematico dello stato confusionale in cui versa la destra italiana, vera o presunta che sia.
Illustriamo il fatto da cui partire per una analisi.
“Fermati ed identificati dalla polizia per avere con noi il tricolore. Insultati e derisi da decine di leghisti esaltati ed urlanti - rischiando il linciaggio da parte di questi ultimi e una denuncia (per manifestazione non autorizzata e per aver provocato disordini) da parte della polizia”.
Questo è accaduto, secondo la denuncia di un consigliere comunale di Venezia, Marco Gavagnin della lista Cinque stelle e del Blogger Paolo Papillo di Informazione dal basso domenica scorsa, durante la Festa dei popoli padani: i due hanno voluto provare a vedere cosa sarebbe successo a passeggiare per il capoluogo veneto con indosso una bandiera italiana.
Il risultato per quanto sorprendente è descritto da loro stessi: “Siamo stati identificati noi, non quelli che ci insultavano; e ci avrebbero senz’altro aggrediti, se non ci fosse stato il cordone di polizia a proteggerci. Ci hanno cacciato, accompagnati distanti dal luogo della manifestazione leghista e fatti disperdere. Esporre il tricolore durante la festa della Lega - festa che vedeva presente lo stesso Ministro degli Interni - è diventata una provocazione politica”.
“Eravamo in una decina - raccontano - ci eravamo incamminati lungo il ponte dopo il quale iniziava a svolgersi la manifestazione leghista, ci è stato impedito da agenti in tenuta antisommossa e da uomini della Digos di proseguire verso Riva dei Sette Martiri e Via Garibaldi: luoghi paradossalmente scelti quali teatro della manifestazione di questa forza di governo che non si riconosce nei simboli della nostra Repubblica e ne disconosce la storia scritta nel sangue di tanti patrioti”.
“Subito dopo - continua il racconto - decine di leghisti (uomini e donne, vecchi e giovani) ci hanno spintonato e strattonato, cercando anche di sottrarci le telecamere; ci hanno insultato anche pesantemente, con vari improperi che andavano da “pirla” a “cretini”, da “pagliacci” a “omossessuali” e “culattoni”. Naturalmente ci hanno accusati di essere “comunisti”, dei “rompicoglioni”, o più semplicemente dei “lazzaroni”: “andate a lavorare!” ci dicevano.
“Questi però - si lamentano - non sono stati identificati. No. Eravamo noi - quelli col tricolore - l’anomalia, quelli fuori posto, i sobillatori. Mentre loro - quelli che inneggiavano alla secessione, i fautori della “padania che non c’è”, con le magliette e gli striscioni con la scritta “padania libera” - erano quelli normali… un completo ribaltamento di senso!”.
Mettiamo pure in conto che l’iniziativa possa essere stata interpretata come una provocazione, ma i grillini erano dieci, non migliaia.
Va ricordato che da oltre un migliaio di finestre della città erano esposte delle bandiere tricolori, come forme di civile dissenso nei confronti dei fautori del dito medio alzato e dei rutti padani.
Se non vi fosse un odio per il nostro Paese, alla base di certi comportamenti, i dieci ragazzi sarebbero stati ignorati e lasciati camminare civilmente, come altrettanto civilmente possono passeggiare i leghisti per le strade del sud.
E non vi sarebbe stata neanche la notizia e le relative polemiche sullo strano atteggiamento della polizia che, su imput evidentememte dall’alto, ha provveduto a identificare solo chi portava il tricolore e non la teppaglia che insultava.
E’ il nuovo corso di cui dobbiamo ringraziare Silvio per aver messo un incapace al ministero degli Interni.
Ma andiamo oltre nel ragionamento: dov’era la destra?
Quella presunta e militante dei Gasparri e dei La Russa, degli Alemanno e degli Storace, quella idealista della Santanchè e di Feltri, quella di Veneziani e Malgieri?
Quelli che accusano Fini di aver tradito le idee della destra, dov’erano?
Nascosti nei cessi del Danieli?
Come mai hanno lasciato ai grillini e alla sinistra il monopolio della difesa del tricolore?
Forse lo hanno sostituito nel frattempo con la bandiera libica?
Dov’era la destra che in altri tempi sarebbe scesa in piazza per difendere l’unità nazionale?
Quella destra avrebbe sommerso di pitali di urina del Po le teste degli spacciatori padani.
Oggi invece dovremmo votare per un premier “sedicente capo di un govermicchio di centrodestra affaristico” che invita i taroccatori secessionisti ogni lunedi a cena nella sua magione, che regala loro voti e presidenze di regioni, che gli permette di incollare sui banchi di scuola simboli di partito scippati, cosa che non hanno mai fatto neanche i veterocomunisti a suo tempo.
Tutto per pararsi il culo da due processi cui avrebbe avuto il dovere, come i comuni cittadini, di presentarsi, in base al principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Ma oggi c’è chi è più uguale di altri.
Oggi si può giustificare anche chi mitraglia, da una nave italiana da noi regalata e con a bordo dei nostri ufficiali, dei nostri connazionali inermi.
Oggi si può sputare sul tricolore e su chi lo porta.
E’ la grande rivoluzione nazionale, patriottica e liberale del centrodestra italiano.
Un dono dal cielo, come Putin per la Russia, tanto per capirci.

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