Settembre 18th, 2010 admin
IL MINISTRO, SOTTO PRESSIONE, ALLA FINE HA CEDUTO E HA INVITATO IL SINDACO DI ADRO A RIMUOVERE DALLA SCUOLA I SIMBOLI LEGHISTI…I FINIANI: “IL SINDACO PAGHI DI TASCA SUA LE SPESE”… NOI PENSIAMO CHE DEBBA ESSERE COMMISSARIATO
Via il sole delle Alpi, simbolo della Lega, dalla scuola di Adro, paesino del
bresciano governato dal Carroccio.
Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, con una lettera fatta inviare nei giorni scorsi dal direttore dell’ufficio scolastico della Lombardia, ha chiesto al sindaco di Adro, Oscar Lancini, di «adoperarsi per la rimozione dal polo scolastico del simbolo» noto come il «sole delle Alpi».
Nel nuovo polo scolastico costruito ad Adro infatti il simbolo utilizzato dalla Lega spunta sui tetti, sui banchi, nelle aiuole e addirittura sui posacenere.
Ieri erano state almeno un migliaio le persone a partecipare ad Adro alla manifestazione contro la collocazione del simbolo leghista nella scuola.
Nella lettera del ministero, firmata dal direttore Giuseppe Colosio, viene dato atto al sindaco di Adro di aver realizzato «attrezzature didattiche all’avanguardia», ma è anche spiegato che non può essere nascosto il fatto che «il sole delle Alpi» è uno dei simboli utilizzati dalla Lega, il movimento politico al quale appartiene la maggioranza dell’amministrazione comunale di Adro.
Nella lettera si ricorda l’attenzione mediatica di questi giorni e si sottolinea che è dovere dell’amministrazione evitare che la politica di parte entri nella scuola: la delicatezza della funzione - si legge nel testo - impone di intervenire anche in caso di solo sospetto, per evitare ogni possibile strumentalizzazione.
«Ci voleva una grande mobilitazione civile per spingere il ministro a chiedere una cosa di ordinario buon senso nonché suo preciso dovere e cioè togliere il simbolo della Lega dalla scuola di Adro. E finalmente è arrivata l’eclissi del sole delle Alpi», ha commentato Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd.
«Bisogna dare atto al ministro dell’istruzione di essere finalmente intervenuta per rimettere ordine nell’incredibile vicenda della “scuola di partito” di Adro. Ora speriamo che non si apra un braccio di ferro con la Lega, che d’altra parte ha già ottenuto la pubblicità che voleva», ha detto il deputato di Fli Benedetto Della Vedova.
«A questo punto - ha proseguito Della Vedova - spero almeno che le spese per la “deleghistizzazione” del Polo scolastico, i simboli leghisti sono e vanno tolti ovunque, non finiscano a carico dei cittadini di Adro, ma degli amministratori che hanno prodotto, con una scelta sconclusionata, anche un danno erariale per il Comune».
Il sindaco Lancini è finito per la terza volta, da quando ricopre l’incarico, al centro della ribalta mediatica nazionale.
Prima del sole delle Alpi era stato per le «taglie sui clandestini» e poi per la mensa scolastica negata ai bimbi che non erano in regola con le rette.
Tutti elementi, a nostro giudizio, per ritenere che l’amministrazione comunale di Adro debba essere commissariata da tempo, come nei casi dei comuni soggetti ad infiltrazione mafiosa.
Attuando provvedimenti in palese violazione delle leggi del nostro Paese e in contrasto con la Costituzione repubblicana.
Il fatto che il sindaco sia stato eletto dai cittadini non ha rilevanza giuridica, anche nei comuni mafiosi accade la stessa cosa.
Se il Pdl non avesse dimostrato da anni di scattare sull’attenti a ogni corbelleria leghista, certi soggetti non si sarebbero permessi di arrivare a casi come questi che sputtanano il nostro Paese nel mondo.
E la stessa Gelmini fino a pochi giorni fa non dimentichiamo che tendeva a minimizzare e giustificare il sindaco.
Se ora ha ceduto è stato perchè si stava mobilitando il Paese e si stavano intraprendendo azioni giudiziarie.
E a livello politico i finiani (e non solo) avevano chiesto di intervenire: un caso politico su Adro Berlusconi non poteva permetterselo.
argomento: LegaNord, scuola, Bossi, PdL, radici e valori, Politica | Commenta »
Settembre 18th, 2010 admin
Settembre 18th, 2010 admin IL NOSTRO PAESE E’ ORMAI ASSENTE NELLE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI: PERSE LE BATTAGLIE PER LA PRESIDENZA E IL MINISTERO DEGLI ESTERI UE, PER LA PRESIDENZA DELL’EUROGRUPPO, PER LE SEDI ESTERE UE: ORA ANCHE DRAGHI RISCHIA ALLA BCE… L’IMMAGINE DEL PAESE E’ DETERIORATA E PRESENTIAMO SEMPRE I SOLITI NOTI
L’Italia conta sempre meno in sede internazionale: questa purtroppo è ormai una constatazione su cui meditare.
In poco tempo abbiamo inanellato una serie di sconfitte cocenti.
Massimo D’Alema sembrava lanciato verso il ministero degli Esteri europeo quando fu bruciato dall’inglese Catherine Ashton.
Mario Mauro era il candidato favorito come presidente del Parlamento europeo, ma è stato battuto dall’outsider polacco Jerzy Buzek.
Berlusconi voleva Tremonti alla presidenza dell’Eurogruppo che invece è rimasta a Juncker.
E pochi giorni fa l’ultima sconfitta: dalla riorganizzazione degli ambasciatori Ue abbiamo ottenuto solo due sedi minori (Albania e Uganda) su 29, contro le 5 ottenute dalla Spagna e i pezzi pregiati Cina e Giappone) sono finiti a Germania ed Austria.
Secondo molti osservatori la nostra diplomazia è arrivata al punto più basso degli ultimi 65 anni. Senza contare che quando ha uomini di livello internazionale da proporre, come Mario Draghi per la Bce o il Fondo monetario internazionale, provvede a silurarli il fuoco amico.
Se ricordiamo gli anni a cavallo del 2000 non si può dimenticare che eravamo riusciti a piazzare Prodi al vertice Ue, Monti e la Bonino su poltrone pesanti a Bruxelles, Ruggiero come numero uno del Wto, l’organizzazione del commercio internazionale, Arlacchi all’Onu come responsabile della guerra alla droga.
Siamo rimasti con Tajani all’industria e basta, il nostro peso specifico è diminuito enormemente.
Dove vanno ricercati i motivi di questa crisi?
Per molti dipende innanzi tutto dal fatto che da venti anni presentiamo sempre gli stessi candidati per gli incarichi di rilievo.
In secondo luogo la nostra immagine all’estero è deteriorata e finiamo marginalizzati nei posti chiave.
La prossima battaglia sarà nel 2011: quella per la nomina del numero uno della Banca Centrale europea., dove candidiamo Draghi a parole, salvo poi mettergli i bastoni tra le ruote, favorendo così la candidatura di Axel Weber, a causa della scarsa simpatia che corre tra Draghi e Tremonti.
Anche questa volta faremo il gioco dell’asse franco-tedesco, accontentandoci delle briciole?
Intenti a flirtare con Putin e Gheddafi, l’Italia sembra essersi dimenticata del suo ruolo europeo.
E se ne pagano le conseguenze.
argomento: PdL, Esteri, Europa, Berlusconi, governo, denuncia, economia, emergenza, Politica | Commenta »
Settembre 18th, 2010 admin
TRATTASI DELLA FIGLIA DI UN CANDIDATO DELLA LEGA, DELLA NIPOTE DI UN ASSESSORE PADANO, DELLA MOGLIE DI UN VICESINDACO LEGHISTA, DI DUE CONTRATTISTE GIA’ ALLE DIPENDENZE DI UN ASSESSORE DEL CARROCCIO…DA PARENTOPOLI A CARROCCIOPOLI: ARRIVANO I MORALIZZATORI DELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA
Si iscrissero in settecento, si presentarono in duecentoquaranta, andarono avanti
in trentotto. Ma i posti erano solo otto. Da settecento a otto.
Tra questi vinsero cinque fanciulle con un pedigree “padano” a dir poco granitico, che ora aspettano solo di prendere possesso della loro seggiola.
C’è la figliola del candidato leghista alle regionali, la nipote dell’assessore provinciale leghista, la moglie del vicesindaco leghista del capoluogo e ben due beneficiarie di contratto ad personam presso lo stesso assessorato provinciale retto dal medesimo esponente politico. Leghista, ovviamente.
Messa così, sembrerebbe la storia di un’edizione qualsiasi di Miss Padania.
In realtà si tratta di un concorso pubblico per otto posti da impiegato presso la Provincia di Brescia.
Altro che “semplice” Parentopoli. Qui pare di stare a Carrocciopoli, dove la Vittoria sembra farsi schiava solo davanti ai nipotini di Alberto da Giussano.
La storia di questo concorso pubblico - ricostruita e denunciata punto per punto su internet dal gruppo di cittadini Tempo Moderno – inizia nel dicembre 2008.
Quando la Provincia di Brescia, all’epoca presieduta dal pidiellino Alberto Cavalli, pubblica il bando «per la copertura di numero 8 posti di istruttore amministrativo, Categoria C – a tempo pieno e indeterminato».
Impiegati di concetto, tanto per capirci.
Con tanto di contratto blindato e stipendio garantito dalla collettività.
Le candidature avanzate dopo la pubblicazione del bando sono oltre settecento. Un posto al sole della pubblica amministrazione, di questi tempi, fa gola a tutti.
Alla prova scritta si presentano in duecentoquaranta. Pare complicato, il primo round. Soprattutto perché, sul punto, il bando lascia spazio a più interpretazioni.
«La prova scritta», si legge, «potrà consistere nella stesura di un elaborato o nella soluzione di appositi tests (proprio così: tests, ndr) a risposta chiusa su scelta multipla e/o in una serie di quesiti ai quali dovrà essere data una risposta sintetica»
C’è qualche «e/o» di troppo, forse. Ma d’altronde, quale amministrazione pubblica può elaborare un bando di concorso con tutti i crismi della chiarezza?
Per i risultati della prima prova basta attendere fino al 28 ottobre 2009.
Quando la graduatoria dei trentotto ammessi all’orale viene pubblicata dal sito internet della Provincia di Brescia. Che, nel frattempo, ha cambiato presidente.
Al posto del pidiellino Cavalli, che ha completato anche il secondo mandato, è arrivato un cavallo di razza del Carroccio: il sottosegretario all’Economia Daniele Molgora.
Uno degli autori, insieme a Giulio Tremonti e Roberto Calderoli, del testo della legge sul federalismo fiscale.
Dei trentotto ammessi all’orale, sussurrano le tante malelingue che si annidano tra i tantissimi “trombati”, ci sono troppi concorrenti «vicini» alla Lega.
Tutti con punteggi altissimi. Troppi? Vicini alla Lega? E in che senso «vicini»?
Sembra il solito chiacchiericcio che anima ogni post-concorso pubblico che si rispetti, in cui chi resta fuori punta l’indice contro chi è finito dentro.
E poi, come scriveva il commediografo Terenzio centosessant’anni prima che nascesse Cristo, «non c’è nulla che le male lingue non possono peggiorare». Ma è sufficiente aspettare fino ai risultati della prova orale, e quindi fino alla proclamazione degli otto vincitori del concorso pubblico della Provincia di Brescia, per ricadere nella tentazione andreottiana di pensar male. E, quindi, di far peccato.
La graduatoria definitiva viene pubblicata il 4 febbraio 2010 ed è facilmente consultabile su internet.
Il primo posto utile lo conquista l’ottava in classifica.
Si chiama Sara Grumi ed è figlia di Guido, candidato alle ultime regionali con la Lega Nord nonché assessore del Comune di Gavardo. Trattasi senz’altro di ragazza particolarmente preparata visto che, nel suo palmares, c’è già un contratto di collaborazione con le istituzioni. Anche in questo caso - strano ma vero - con l’amministrazione provinciale bresciana.
Tolti i candidati al settimo, al quarto e al secondo posto della graduatoria, le altri cinque caselle da impiegato provinciale finiscono tutte ad altrettante signore o signorine di “simpatie” leghiste.
Al sesto posto c’è Katia Peli. Che non è mica una semplice omonima dell’assessore provinciale leghista alla Pubblica Istruzione Aristide Peli.
No, è proprio la nipote.
E, non a caso, gli fa anche da segretaria, con tanto di contratto a tempo determinato.
Ma quando la lettura della classifica arriva alla quinta posizione, ecco che si sente la mancanza dell’antico e glorioso rullo di tamburi.
Infatti, tra le vincitrici del concorso c’è anche la signora Silvia Raineri, capogruppo della Lega nel consiglio comunale di Concesio nonché moglie - come evidenza il dossier del gruppo Tempo Moderno - nientemeno che del vicesindaco di Brescia Fabio Rolfi.
Leghista lui, leghista lei. Numero due del Comune lui, vincitrice di concorso alla Provincia lei. Sembra un film di Lina Wertmuller, in verità è puro reality.
E arriviamo alla cima della graduatoria. Alle più brave, insomma.
Si chiamano Cristina Vitali e Anna Ponzoni, rispettivamente la prima e la terza classificata.
E qui la “coincidenza” ha dell’incredibile.
Ai primi posti di un concorso a cui hanno partecipato in duecentoquaranta finiscono due persone che non solo lavorano già in Provincia.
Ma che addirittura sono impiegate presso il medesimo assessorato.
La signora Vitali e la signora Ponzoni, oltre a condividere senz’altro la grande preparazione culturale che ha consentito loro di arrivare al top della graduatoria, hanno entrambe un contratto ad personam con l’assessorato alle Attività produttive, attualmente guidato dal leghista Giorgio Bontempi.
Non c’è che dire: il diavolo della Lega non solo fa ottime pentole, ma è addirittura un maestro nel realizzare i coperchi.
La figlia del candidato alle regionali, la nipote dell’assessore provinciale, la moglie del vicesindaco e due collaboratrici ad personam di un altro assessore provinciale.
Tutte vicine a uomini del Carroccio. E tutte, rigorosamente, vincitrici di concorso pubblico.
Sei donne per sei posti di impiegato.
Che stanno lì, alla Provincia di Brescia, in attesa di essere occupati.(da il Riformista)
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Settembre 18th, 2010 admin
IL FINIANO FILIPPO ROSSI PRIMA VIENE INVITATO DA PARAGONE QUESTA SERA A “ULTIMA PAROLA”… POI STAMANE LA DIREZIONE GENERALE RAI METTE UN VETO SU DI LUI PER MISTERIOSE “RAGIONI BUROCRATICHE”… STASERA VA IN ONDA LA TV DI REGIME
Quella che segue è una storiella di regime.
Di un regime “soft”, per carità, ma pur sempre regime è. Andiamo con ordine.
Ieri pomeriggio mi arriva una telefonata: è Gianluigi Paragone, che mi invita alla prima puntata de L’Ultima parola (in onda questa sera su Rai due).
Il tema? Gianfranco Fini, ovviamente.
Tra gli altri ospiti previsti, ci sono Vittorio Feltri, Lucia Annunziata, Peter Gomez. Accetto molto volentieri.
È un’occasione per dar voce a un’area del centrodestra italiano, peraltro chiamata direttamente in causa, che altrimenti sarebbe rimasta spettatrice silenziosa.
Questa mattina mi arriva una seconda telefonata.
È sempre Gianluigi Paragone.
Un po’imbarazzato (almeno così fa apparire).
Mi spiega che la direzione generale ha messo il veto su di me per
ragioni burocratiche.
“Magari puoi venire la prossima settimana. Forse abbiamo Gaucci…”,mi dice. Ovviamente prendo tempo. Persona non gradita. Punto e basta.
E stasera, niente ultima parola. Niente parola, anzi.
Ecco, se quello visto finora “dall’esterno” non bastava a capire in che tempi viviamo, adesso ne ho testimonianza diretta.
Ho la testimonianza diretta e personale di cosa è diventata l’informazione pubblica in questo paese: i telegiornali che diventano fogli d’ordine, i bavagli e i silenziatori, i veti sugli ospiti sgraditi, le trasmissioni di approfondimento che diventano occasioni di propaganda.
Una deriva che ormai non conosce più freni.
E non conosce più ritegno.
E così siamo arrivati al capolinea.
Siamo arrivati a un servizio pubblico che diventa di fatto privato.Che fa gli interessi non di un partito politico (il che sarebbe già grave).
Ma di un uomo soltanto.
Quello che succede in questi giorni non è più un problema di “finiani” e non.
È un problema di democrazia.
Filippo Rossi
Farefuturoweb
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Settembre 18th, 2010 admin
UN EMBLEMA EUROASIATICO DIVENTATO SIMBOLO DELLA LEGA, MA PRESENTE
IN TANTE PARTI D’ITALIA: DALLA TOSCANA ALLA PUGLIA, DA ROMA AD
ISCHIA….UNA MITOLOGIA TIRATA PER I CAPELLI PER INVENTARSI UNA PEZZA
D’APPOGGIO STORICA PER UNA TESI CHE DI STORICO NON HA NULLA
Il simbolo è molto antico, il nome decisamente recente: il fiore stilizzato a sei
petali
racchiuso in un cerchio, oggi noto per lo più come Sole delle Alpi, è
un arcaico emblema eurasiatico, che è stato, nel tempo e nello spazio,
differentemente chiamato anche rosa celtica, fiore a sei petali, rosa
dei pastori e, in età medievale, anche rosa carolingia.
Evocativo del sole e del suo potere vivifico, è sempre stato inteso come
stemma bene augurante e inciso su costruzioni, abitazioni, portali e
chiese, su pietra, legno o metallo. Diffuso dall’India alla Scandinavia e
assunto, con piccole variazioni formali, come simbolo di varie comunit
di tutto il contesto euroasiatico, in Italia fa la sua comparsa gi
dalla fine del VI secolo a. C.
Ne restano antiche reminiscenze disseminate lungo tutta la penisola:
sull’urna etrusca di Civitella Paganico in Toscana; in Puglia sulle
cosiddette Stele daunie, monumenti funerari in pietra calcarea
proveniente dal Gargano, in uso presso l’antica civiltà dei Dauni; in
Val Camonica; nell’arte celtica; nell’iconografia longobarda; nell’area
di influenza celtoligure; sul pavimento del santuario di Saronno; nei
rosoni absidali della chiesa dei santi Giovanni e Paolo a Venezia; a
Roma nella basilica di san Clemente.
Lo stesso simbolo è diffuso anche in Campania, in particolare sull’isola
di Ischia, dove è una tipica decorazione degli architravi degli antichi
edifici del centro storico di Forio.
Compare anche, privo della circonferenza di contorno, nella parte superiore dello stemma della provincia di Lecco.
E lo si può ritrovare pure su banchi, cartelli, vetrate, cestini e
zerbini del nuovo polo scolastico della cittadina di Adro, qui
rigorosamente in uno sgargiante colore verde.
Tra queste più recenti comparse e le più antiche, il fiore a sei petali
inscritto in un cerchio è stato inserito nel proprio simbolo dalla Lega
Nord, che lo ha proposto anche come eventuale bandiera della Padania,
scegliendo naturalmente per lo stemma il colore verde, rappresentativo
del partito.
E battezzando definitivamente il simbolo con il nome di Sole delle Alpi,
termine coniato negli anni Novanta da alcuni intellettuali, con il
contributo particolare di Gilberto Oneto.
È precisamente da quegli anni che l’immagine in contesto italiano è legata al partito della Lega Nord.
Emblema, soprattutto, della sua caricaturale rincorsa all’appropriazione indebita di simboli, storia, tradizione.
Dell’affannoso quanto goffo bisogno di forgiare una mitologia tirata per
i capelli e una memoria raffazzonata ad arte, nel tentativo di fornire
una pezza d’appoggio ad affermazioni, prese di posizione e proclami
politici e no che di legittimazioni storiche, però, ne hanno ben poche.
Con buona pace del sindaco di Adro.
Cecilia Moretti
Farefuturoweb
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Settembre 18th, 2010 admin
IL MINISTRO, SOTTO PRESSIONE, ALLA FINE HA CEDUTO E HA INVITATO IL SINDACO DI ADRO A RIMUOVERE DALLA SCUOLA I SIMBOLI LEGHISTI…I FINIANI: “IL SINDACO PAGHI DI TASCA SUA LE SPESE”… NOI PENSIAMO CHE DEBBA ESSERE COMMISSARIATO
Via il sole delle Alpi, simbolo della Lega, dalla scuola di Adro, paesino del
bresciano governato dal Carroccio.
Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, con una lettera fatta inviare nei giorni scorsi dal direttore dell’ufficio scolastico della Lombardia, ha chiesto al sindaco di Adro, Oscar Lancini, di «adoperarsi per la rimozione dal polo scolastico del simbolo» noto come il «sole delle Alpi».
Nel nuovo polo scolastico costruito ad Adro infatti il simbolo utilizzato dalla Lega spunta sui tetti, sui banchi, nelle aiuole e addirittura sui posacenere.
Ieri erano state almeno un migliaio le persone a partecipare ad Adro alla manifestazione contro la collocazione del simbolo leghista nella scuola.
Nella lettera del ministero, firmata dal direttore Giuseppe Colosio, viene dato atto al sindaco di Adro di aver realizzato «attrezzature didattiche all’avanguardia», ma è anche spiegato che non può essere nascosto il fatto che «il sole delle Alpi» è uno dei simboli utilizzati dalla Lega, il movimento politico al quale appartiene la maggioranza dell’amministrazione comunale di Adro.
Nella lettera si ricorda l’attenzione mediatica di questi giorni e si sottolinea che è dovere dell’amministrazione evitare che la politica di parte entri nella scuola: la delicatezza della funzione - si legge nel testo - impone di intervenire anche in caso di solo sospetto, per evitare ogni possibile strumentalizzazione.
«Ci voleva una grande mobilitazione civile per spingere il ministro a chiedere una cosa di ordinario buon senso nonché suo preciso dovere e cioè togliere il simbolo della Lega dalla scuola di Adro. E finalmente è arrivata l’eclissi del sole delle Alpi», ha commentato Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd.
«Bisogna dare atto al ministro dell’istruzione di essere finalmente intervenuta per rimettere ordine nell’incredibile vicenda della “scuola di partito” di Adro. Ora speriamo che non si apra un braccio di ferro con la Lega, che d’altra parte ha già ottenuto la pubblicità che voleva», ha detto il deputato di Fli Benedetto Della Vedova.
«A questo punto - ha proseguito Della Vedova - spero almeno che le spese per la “deleghistizzazione” del Polo scolastico, i simboli leghisti sono e vanno tolti ovunque, non finiscano a carico dei cittadini di Adro, ma degli amministratori che hanno prodotto, con una scelta sconclusionata, anche un danno erariale per il Comune».
Il sindaco Lancini è finito per la terza volta, da quando ricopre l’incarico, al centro della ribalta mediatica nazionale.
Prima del sole delle Alpi era stato per le «taglie sui clandestini» e poi per la mensa scolastica negata ai bimbi che non erano in regola con le rette.
Tutti elementi, a nostro giudizio, per ritenere che l’amministrazione comunale di Adro debba essere commissariata da tempo, come nei casi dei comuni soggetti ad infiltrazione mafiosa.
Attuando provvedimenti in palese violazione delle leggi del nostro Paese e in contrasto con la Costituzione repubblicana.
Il fatto che il sindaco sia stato eletto dai cittadini non ha rilevanza giuridica, anche nei comuni mafiosi accade la stessa cosa.
Se il Pdl non avesse dimostrato da anni di scattare sull’attenti a ogni corbelleria leghista, certi soggetti non si sarebbero permessi di arrivare a casi come questi che sputtanano il nostro Paese nel mondo.
E la stessa Gelmini fino a pochi giorni fa non dimentichiamo che tendeva a minimizzare e giustificare il sindaco.
Se ora ha ceduto è stato perchè si stava mobilitando il Paese e si stavano intraprendendo azioni giudiziarie.
E a livello politico i finiani (e non solo) avevano chiesto di intervenire: un caso politico su Adro Berlusconi non poteva permetterselo.
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Settembre 18th, 2010 admin
IL NOSTRO PAESE E’ ORMAI ASSENTE NELLE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI: PERSE LE BATTAGLIE PER LA PRESIDENZA E IL MINISTERO DEGLI ESTERI UE, PER LA PRESIDENZA DELL’EUROGRUPPO, PER LE SEDI ESTERE UE: ORA ANCHE DRAGHI RISCHIA ALLA BCE… L’IMMAGINE DEL PAESE E’ DETERIORATA E PRESENTIAMO SEMPRE I SOLITI NOTI
L’Italia conta sempre meno in sede internazionale: questa purtroppo è ormai una constatazione su cui meditare.
In poco tempo abbiamo inanellato una serie di sconfitte cocenti.
Massimo D’Alema sembrava lanciato verso il ministero degli Esteri europeo quando fu bruciato dall’inglese Catherine Ashton.
Mario Mauro era il candidato favorito come presidente del Parlamento europeo, ma è stato battuto dall’outsider polacco Jerzy Buzek.
Berlusconi voleva Tremonti alla presidenza dell’Eurogruppo che invece è rimasta a Juncker.
E pochi giorni fa l’ultima sconfitta: dalla riorganizzazione degli ambasciatori Ue abbiamo ottenuto solo due sedi minori (Albania e Uganda) su 29, contro le 5 ottenute dalla Spagna e i pezzi pregiati Cina e Giappone) sono finiti a Germania ed Austria.
Secondo molti osservatori la nostra diplomazia è arrivata al punto più basso degli ultimi 65 anni. Senza contare che quando ha uomini di livello internazionale da proporre, come Mario Draghi per la Bce o il Fondo monetario internazionale, provvede a silurarli il fuoco amico.
Se ricordiamo gli anni a cavallo del 2000 non si può dimenticare che eravamo riusciti a piazzare Prodi al vertice Ue, Monti e la Bonino su poltrone pesanti a Bruxelles, Ruggiero come numero uno del Wto, l’organizzazione del commercio internazionale, Arlacchi all’Onu come responsabile della guerra alla droga.
Siamo rimasti con Tajani all’industria e basta, il nostro peso specifico è diminuito enormemente.
Dove vanno ricercati i motivi di questa crisi?
Per molti dipende innanzi tutto dal fatto che da venti anni presentiamo sempre gli stessi candidati per gli incarichi di rilievo.
In secondo luogo la nostra immagine all’estero è deteriorata e finiamo marginalizzati nei posti chiave.
La prossima battaglia sarà nel 2011: quella per la nomina del numero uno della Banca Centrale europea., dove candidiamo Draghi a parole, salvo poi mettergli i bastoni tra le ruote, favorendo così la candidatura di Axel Weber, a causa della scarsa simpatia che corre tra Draghi e Tremonti.
Anche questa volta faremo il gioco dell’asse franco-tedesco, accontentandoci delle briciole?
Intenti a flirtare con Putin e Gheddafi, l’Italia sembra essersi dimenticata del suo ruolo europeo.
E se ne pagano le conseguenze.
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