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BERLUSCONI PONE LA FIDUCIA “SENZA VOTI TUTTI A CASA”, MA A CASA RISCHIA DI ANDARCI LUI, DOPO UN GIRO IN TRIBUNALE

Settembre 28th, 2010 admin

E’ LA DIMOSTRAZIONE CHE NON HA RAGGIUNTO QUOTA 316 SENZA I FINIANI… DOMANI O RESTA NEL VAGO SUL PROGRAMMA E FORSE SE LA CAVA O CONTINUA A DISCRIMINARE I FINIANI E ALLORA SI PRENDERA’ LA RESPONSABILITA’ DELLA CRISI

“Silvio Berlusconi ha convocato per domattina il Consiglio dei ministri per porre la questione di fiducia” alla Camera dopo il suo intervento, ha riferito il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.
Una decisione, riferiscono alcuni dei partecipanti al vertice a palazzo Grazioli, motivata dallo stesso premier come una necessità per fare chiarezza, da privilegiare rispetto a un mero calcolo numerico.
Alcuni dei partecipanti al vertice con Berlusconi riferiscono che la decisione sia stata dettata anche dalla volontà di evitare che domani ci possano essere diversi voti su parti separate e anche diversi documenti, alla luce delle indiscrezioni che ipotizzavano la presentazione di un documento alternativo da parte dei finiani.
Ma la scelta sembra avere ricompattato il Fli, che rimanda ogni decisione a dopo il discorso alla Camera.
Ma precisa che voterà solo i punti contenuti nel programma di governo.
Quasi una minaccia che Fabio Granata spiega così: “Se nella fiducia ci mettono cose che non sono nel programma, noi non la votiamo perché non è una fiducia verso il premier ma verso il programma”.
Detto questo, Granata osserva che porre la fiducia “non è una scelta improntata a una grande sicurezza sui numeri. Dà l’idea che, forse, ancora una volta si tratta di calcoli sbagliati”.
E comunque, “non si può andare avanti solo con una maggioranza numerica - conclude - serve una maggioranza politica”.
Il premier ha fallito la campagna acquisti e anche il tentativo di dividere i finiani.
“Sì, il Cavaliere ha capito che i suoi 316 voti non li trova - è la riflessione di molti- “Così con la fiducia raggruppa tutti, e per questo sarà un discorso conciliante”
Il primo intervento di Berlusconi è fissato per le 11 di mercoledì mattina, poi è previsto un dibattito che si concluderà alle 18 quando toccherà al premier replicare.
A quel punto, se si decidesse di votare la fiducia subito ci sarebbe ancora un’ora di dichiarazioni di voto sulla fiducia, quindi la prima e al seconda chiama per appello nominale.
Se la fiducia passa con il voto dei finiani, perchè il premier fa un discorso conciliante, sarà una vittoria di Fini.
Se non passa perchè il  premier fa un discorso di rottura, la responsabilità sarà sempre solo sua.
“Senza voti tutti a casa” ha detto Silvio.
In realtà l’unico che andrebbe a casa sarebbe solo lui.
Chi ha detto che si andrebbe ad elezioni?
Magari prima di andare a casa, potrebbe dover andare a testimoniare ai suoi processi.

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BERLUSCONI PONE LA FIDUCIA “SENZA VOTI TUTTI A CASA”, MA A CASA RISCHIA DI ANDARCI LUI, DOPO UN GIRO IN TRIBUNALE

Settembre 28th, 2010 admin

E’ LA DIMOSTRAZIONE CHE NON HA RAGGIUNTO QUOTA 316 SENZA I FINIANI… DOMANI O RESTA NEL VAGO SUL PROGRAMMA E FORSE SE LA CAVA O CONTINUA A DISCRIMINARE I FINIANI E ALLORA SI PRENDERA’ LA RESPONSABILITA’ DELLA CRISI

“Silvio Berlusconi ha convocato per domattina il Consiglio dei ministri per porre la questione di fiducia” alla Camera dopo il suo intervento, ha riferito il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.
Una decisione, riferiscono alcuni dei partecipanti al vertice a palazzo Grazioli, motivata dallo stesso premier come una necessità per fare chiarezza, da privilegiare rispetto a un mero calcolo numerico.
Alcuni dei partecipanti al vertice con Berlusconi riferiscono che la decisione sia stata dettata anche dalla volontà di evitare che domani ci possano essere diversi voti su parti separate e anche diversi documenti, alla luce delle indiscrezioni che ipotizzavano la presentazione di un documento alternativo da parte dei finiani.
Ma la scelta sembra avere ricompattato il Fli, che rimanda ogni decisione a dopo il discorso alla Camera.
Ma precisa che voterà solo i punti contenuti nel programma di governo.
Quasi una minaccia che Fabio Granata spiega così: “Se nella fiducia ci mettono cose che non sono nel programma, noi non la votiamo perché non è una fiducia verso il premier ma verso il programma”.
Detto questo, Granata osserva che porre la fiducia “non è una scelta improntata a una grande sicurezza sui numeri. Dà l’idea che, forse, ancora una volta si tratta di calcoli sbagliati”.
E comunque, “non si può andare avanti solo con una maggioranza numerica - conclude - serve una maggioranza politica”.
Il premier ha fallito la campagna acquisti e anche il tentativo di dividere i finiani.
“Sì, il Cavaliere ha capito che i suoi 316 voti non li trova - è la riflessione di molti- “Così con la fiducia raggruppa tutti, e per questo sarà un discorso conciliante”
Il primo intervento di Berlusconi è fissato per le 11 di mercoledì mattina, poi è previsto un dibattito che si concluderà alle 18 quando toccherà al premier replicare.
A quel punto, se si decidesse di votare la fiducia subito ci sarebbe ancora un’ora di dichiarazioni di voto sulla fiducia, quindi la prima e al seconda chiama per appello nominale.
Se la fiducia passa con il voto dei finiani, perchè il premier fa un discorso conciliante, sarà una vittoria di Fini.
Se non passa perchè il  premier fa un discorso di rottura, la responsabilità sarà sempre solo sua.
“Senza voti tutti a casa” ha detto Silvio.
In realtà l’unico che andrebbe a casa sarebbe solo lui.
Chi ha detto che si andrebbe ad elezioni?
Magari prima di andare a casa, potrebbe dover andare a testimoniare ai suoi processi.

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BERLUSCONI ALLA VIGILIA DEL VOTO: ULTIMI ACQUISTI PRIMA DELLA CHIUSURA DEL MERCATO

Settembre 28th, 2010 admin

ACQUISTATE ANCHE LE ALI TORNANTI CALEARO E CESARIO, ORA SONO IN 17 MA LA PANCHINA E’ ANCORA CORTA, SERVONO ALTRI TRE RISERVISTI…. L’OSSERVATORE AUGELLO SONDA IL MERCATO ESTERO, A CACCIA DI VECCHI (SENSIBILI AI) TALENTI… QUALCUNO VERRA’ RICICLATO IN RACCONTAPALLE, MA NEL PDL TROVERA’ TROPPA CONCORRENZA… CONFERMATO SCODINZOLINI COME ADDETTO STAMPA… LA D’ADDARIO PER I RAPPORTI CON GLI ARBITRI

Gli ultimi cambi di casacca si consumano a ridosso dell’intervento di Silvio Berlusconi alla Camera previsto per domani.
Oggi i dissidenti siciliani dell’Udc hanno lasciato il gruppo guidato da Pier Ferdinando Casini (che voterà no al governo) e si sono iscritti al misto.
Si tratta di Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Drago, Giuseppe  Ruvolo e Michele Pisacane che daranno vita a una componente del misto che si chiamerà ‘popolari per l’italia”.
Rottura anche tra Massimo Calero e Bruno Cesario con l’Api di Rutelli.
I due hanno deciso di lasciare il partito e restare nel gruppo misto.
Ironico il saluto del partito di Rutelli a Calearo (eletto nelle liste del Pd): “Auguriamo buona fortuna a Calearo che ha confermato nella riunione del gruppo la sua speranza di diventare ministro con Berlusconi”.
Nel frattempo oggi è stato convocato un vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli ma, nonostante la loro esplicita richiesta, senza i finiani.
Berlusconi è noto che tratta solo con chi chiama porci una parte degli italiani.
“Se non verremo coinvolti presenteremo una nostra risoluzione”, dice il portavoce Benedetto Della Vedova.
Pare ormai certo, infatti, che non verrà chiesta la fiducia (non si sa mai), mentre il premier punterà su una risoluzione programmatica cercando di allargare i confini dell’attuale maggioranza, senza rendere indispensabile l’apporto dei finiani.
La maggioranza, infatti, non vuole riconoscere il ruolo dei finiani come “terza gamba” dell’alleanza.
Scelta che  potrebbe portare all’astensione di Fli, anche se la decisione definitiva verra’ presa solo dopo aver ascoltato le parole del presidente del Consiglio.
Il tema principale resta la riforma della giustizia.
I finiani sono disposti a votare una nuova versione del Lodo Alfano, inserito in una riforma costituzionale, ma continuano a dire no al processo breve o ad altre soluzioni legislative per garantire la non processabilita’ del presidente del Consiglio e delle altre alte cariche dello Stato nel periodo in cui esercitano le loro funzioni elettive.
Ma ormai il mercato sta per terminare, la situazione di partenza era nota: mancavano 20 voti per toccare quota 316, ma 10 erano certi: Nucara, Pionati, i tre diniani e i cinque di noi Sud.
Ora sono stati acquistati anche 5 Udc siciliani, Calearo e Cesario (rutelliani). Siamo a 17, ne mancano tre per la panchina lunga e la cassetta di sicurezza piena.
L’osservatore Augello è stato mandato a visionare il mercato estero a caccia di vecchi (sensibili ai) talenti (intesi come pecunia). Di giovane idealista invecchiato male basta solo lui.
Il talent scout Alfano invece è stato inviato nei campetti di periferia del Sud: servono anche raccontapalle, quelli che ci sono hanno già perso la faccia e occorre rinnovare il teatrino della politica berlusconiana.
Si cercano altri tre poveri cristi per inchiodarli non al muro (come ad Adro), ma alla poltrona.
Necessitano deputati senza problemi alle vie urinarie, come ci si alza dalla sedia si rischia di andare sotto.
Fini è stato chiaro: “ci deve chiedere il voto o non lo avrà” ed è davvero singolare che il vertice di oggi veda legittimato un personaggio inqualificabile che ha dato dei porci ad altri italiani, mentre i finiani non devono sedere al tavolo come terza forza.
A questo punto i seguaci di Fini sono pronti ad astenersi o a votare una propria risoluzione.
Nel frattempo si allarga alla’Udc la richiesta di sfiducia personale a Bossi, dopo le sue raffinate considerazioni.
E anche questa mozione non va sottovalutata, potrebbe coagulare molti altri consensi.
Stasera in ogni caso il mercato chiude: domani il premier probabilmente otterrà la fiducia per pochi voti, grazie agli ultimi acquisti, ma la maggioranza ormai non c’è più.
Berlusconi ha tradito il popolo di centrodestra, prima toglie il disturbo e meglio è per tutti.

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DEPUTATI INGAGGIATI CON 10.000 EURO AL MESE: NEL 2008 DUE EX LEGHISTI AIUTARONO IL PDL E OTTENNERO LO STIPENDIO

Settembre 28th, 2010 admin

PRATICHE DI CAMPAGNE ACQUISTI: PER FAR CADERE PRODI, DUE EX LEGHISTI PASSATI AL GRUPPO MISTO FURONO CONVINTI A VOTARE LA SFIDUCIA….NON PIU’ RIELETTI, DAL 2008 HANNO UN CONTRATTO CON IL GRUPPO PARLAMENTARE DEL PDL A 10.000 EURO AL MESE…. LI RICEVONO A CASA, VISTO CHE A ROMA NON LI VEDE NESSUNO

Storie di compravendita dei peones, il parlamento come terreno di scambi di favori e promesse, tradimenti e premi, cambi di casacca, paracaduti generosi in caso di mancata rielezione.
E’ un quadro già visto, ma la storia raccontata dal giornalista Carmelo Lopapa su “Repubblica” è emblematica del destino di tanti deputati peones che, nei momenti cruciali di crisi di una maggioranza, vengono corteggiati, lusingati e convinti con “solide ragioni” a cambiare bandiera.
Vediamo nel dettaglio il caso specifico: si tratta di due oscuri peones, ex onorevoli del Nord-Est.
Transitati dalla Lega al gruppo misto nella passata legislatura, alla fine del 2006, nel pieno del biennio ballerino del governo Prodi.
Quando ogni singolo senatore diventa determinante per la tenuta dell’esecutivo.
Dopo aver rotto con la Lega in Friuli per beghe locali, Marco Pottino, allora deputato, classe ‘74, e Albertino Gabana, allora senatore, classe ‘54 (entrambi di Pordenone) dopo un anno di navigazione a vista nel gruppo misto, vengono “convertiti” a fine 2007 al credo berlusconiano.
Per essere acquisiti infine al gruppo forzista.
Sono le settimane in cui l’esecutivo del Professore già vacilla. E il senatore Gabana in più di un’occasione vota con quella maggioranza, in un Palazzo Madama trasformato ormai in una casbah.
Poco influente Pottino a Montecitorio, ma strategico Gabana per tentare la spallata. I due però camminano insieme. Inseparabili.
I messi del Cavaliere sanno che il “pacchetto” va acquisito in tandem.
La contropartita?
Dentro il Pdl raccontano come in quegli ultimi giorni della Pompei prodiana, Berlusconi chieda all’alleato Bossi il via libera per tentare l’operazione aggancio.
E di come la manovra sia stata accordata dal Senatur, a patto che i due “ex” del Carroccio non vengano poi rieletti.
Clausola che il Cavaliere, o chi per lui, mette subito in chiaro ai due, nel momento in cui viene prospettato il passaggio.
Ma allora che interesse avrebbero avuto i peones ad accettare l’offerta? Transitare per poi perdere il seggio? È qui che scatta la rete di protezione.
La garanzia per entrambi, qualora non eletti, di mantenere comunque lo status economico da parlamentare, magari con una consulenza ad hoc.
.Accade che nel dicembre 2008, pochi mesi dopo l’inizio della legislatura, entrambi stipulino due distinti “contratti di lavoro a progetto” con il gruppo Pdl di Montecitorio, “in persona del suo presidente, Fabrizio Cicchitto”, con tanto di firma in calce.
Durata (art. 5 del contratto): a partire dal gennaio 2009 e “fino al termine della XVI legislatura”.
Compenso (art. 6): “Complessivi 120.516 euro annui al lordo delle ritenute”, da corrispondere “in dodici rate di 10.043 euro”.
Né più né meno che l’indennità sommata alla diaria di cui godono gli onorevoli.
Bingo! Professionisti da gratificare per i servigi e la dedizione, consulenti meritevoli (”considerevoli esperienze professionali nell’ambito delle comunicazioni istituzionali” è l’identica motivazione nei due contratti), da impiegare al gruppo.
Il tutto, con soldi pubblici, i budget messi a disposizione dalla Camera, quattrini del contribuente.
Ma si dà il caso che a Montecitorio, al gruppo Pdl, di loro non vi sia traccia (se non al libro paga).
“Non risultano nei nostri elenchi, è sicuro che lavorino qui?” risponde la segretaria interpellata dal giornalista di “Repubblica”.
“Forse potete provare al partito”.
Ma la risposta non cambia.
Il giornalista rintraccia Gabana e Pottino al telefono a Pordenone.
I due ex leghisti, oggi pidiellini, ammettono di andare poco a Roma: “Ma solo perché è meglio lavorare qui in Friuli, ci dedichiamo alla costruzione del partito”.
Un consiglio: visto che domani il governo ha la necessità di arrivare a 316 voti per salvare la legislatura, controllate i nomi di chi cambia casacca.
Magari tra qualche tempo potete così verificare i benefit che hanno acquisito.

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IL GOVERNO BERLUSCONI DIEDE 9 MILIONI AL GOVERNO DI ST.LUCIA

Settembre 28th, 2010 admin

NEL LUGLIO 2004 UN INVESTIMENTO CONSISTENTE AI CARAIBI PER LO SVILUPPO DELLE COMUNICAZIONI ….DIVERSE VISITE PRIVATE NELL’ISOLA…E IERI IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA HA PARLATO DI “QUALCUNO CHE TRE MESI FA HA SOLLECITATO UN INTERVENTO”

Nel luglio del 2004, il governo Berlusconi ha investito 9 milioni di dollari nei Caraibi, ivi inclusa Santa Lucia, per lo sviluppo dell’ICT locale.
Nove milioni di dollari per un Paese come il nostro che nel 2010 continua ad essere refrattario ad investire 100 milioni di euro in banda larga ed è il fanalino di coda in termini ICT in Europa, sono, davvero, una bella cifra.
I rapporti tra il Governo Berlusconi e la piccola perla dei Caraibi, peraltro, sono sempre stati ottimi come nel luglio del 2005, l’ex primo ministro dell’isola, confermava all’on. Giampaolo Bettamio (Pdl) all’epoca sottosegretario del Ministero degli affari esteri, nel corso di una sua visita di cortesia.
Kenny Anthony, peraltro, in quell’occasione, sottolineava anche come lo stesso Premier, Silvio Berlusconi, in passato, fosse stato gradito ospite dell’isola.
Con una punta di malizia, si può ipotizzare che un investimento di 9 milioni di dollari in ICT abbia garantito a qualche impresa italiana la possibilità di sviluppare reti, software e sistemi di comunicazione al sole dei Caraibi e che, magari, qualcuno abbia conservato qualche buon amico tra chi gestisce i sistemi di comunicazione locali.
Venendo all’attualità, va segnalata la strana conferenza stampa che il ministro della Giustizia Francis ha tenuto ieri a St.Lucia: in pratica erano ammessi solo i giornalisti locali, tutti fuori quelli italiani.
All’uscita , di fronte alle domande dei giornalisti “è’ lecito svolgere un’indagine su una società registrata a St.Lucia, uno Stato che dovrebbe garantire segretezza? E’ lecito svolgere questi accertamenti solo sulla base di notizie di stampa o sarebbe stata necessaria una rogatoria? Quale urgenza, quale pericolo imminente gustificava un’indagine confidenziale?”, la scena era quella di un ministro imbarazzato che non sapeva cosa rispondere e che fuggiva giù per le scale (scena che potrete vedere ad Anno Zero).
Si è poi saputo che di fronte a una precedente domanda analoga di un cronista locale, il ministro si era messo a urlare “Non è stato commesso nessun reato”.
Poi però ha dichiarato che “qualcuno ha suggerito un’indagine circa tre mesi fa”.
Una strana coincidenza con l’inizio della campagna mediatica contro Fini da parte dei giornali vicini al premier.

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LA RUSSA IN SOCIETA’ CON UN IMPRENDITORE PIZZICATO A FARE ESTORSIONI CON UOMINI DELLA ‘NDRANGHETA

Settembre 28th, 2010 admin

LE RELAZIONI PERICOLOSE DI LA RUSSA E CORSARO…CHE CI FA UN MINISTRO DELLA DIFESA E COORDINATORE DEL PDL IN SOCIETA’ CON UN ESTORSORE CONDANNATO A SEI ANNI DI RECLUSIONE?… FORSE DOVREBBE DIMETTERSI DALLA CARICA, COME HA CHIESTO PER FINI, PER NON AVER VIGILATO MEGLIO SULLE PROPRIE FREQUENTAZIONI ?

Mafia, soldi e brutti affari.
L’inciampo riguarda il ministro della Difesa Ignazio La Russa e uno dei suoi fedelissimi, il deputato Pdl, già assessore alla regione Lombardia, Massimo Corsaro, entrambi, ancora oggi, presenti in due società assieme a un imprenditore pizzicato a fare estorsioni con gli uomini della ‘Ndrangheta milanese.
Lo scenario emerge dalla requisitoria del pm Celestina Gravina che il 16 dicembre scorso, nell’ambito di un processo contro le cosche calabresi, per quell’imprenditore ha chiesto e ottenuto 6 anni di carcere aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso.
Facciamo un passo indietro.
È il 18 settembre 2007, quando per la prima volta il pentito Luigi Cicalese inizia a raccontare una storia: “Quella dei tre che truffarono un bar”.
Due anni dopo, durante la requisitoria, il pm prosegue, puntualizza.
Prima di tutto: “Si tratta del Gibson bar, un bellissimo locale nel centro di Milano in via Castel Morrone, angolo via Ristori”.
Bello, ma soprattutto ben frequentato.
“Dai primi anni 2000 è diventato il bar di elezione dell’avvocato, ma già onorevole Ignazio La Russa che lo frequentava con il suo entourage”.
Allora onorevole, oggi ministro della Difesa di Berlusconi e uomo forte all’interno del Pdl, dopo la svolta del predellino in piazza San Babila, anno 2007.
Questa storia inizia però nel 2002. Racconta di strani rapporti d’affari tra La Russa e alcuni usurai legati a un “padrino” della ‘Ndrangheta, Giuseppe Onorato da Reggio Calabria, con trentennale presenza sotto la Madonnina.
Mafia e politica.
Anche se, va detto, il ministro della Difesa e l’onorevole Corsaro con l’estorsione “a quei tre che truffarono il bar” non c’entrano, ma c’entrano con le società legate al mandante di quell’episodio, tale Sergio Conti imprenditore di Brugherio, ex titolare di garage, condannato per estorsione con l’aggravante dell’articolo 7.
In poche parole l’utilizzo del metodo mafioso, perché per recuperare quel credito dai “tre che truffarono un bar”, circa 300.000 euro, lui si è rivolto a Onorato e ai suoi uomini.
Per i due notabili del Pdl, invece, nessuna responsabilità penale, ma certo molta distrazione nello stringere relazioni pericolose.
Di quel bar, il New Gibson, il titolare è un milanese brillante.
La Gibson due snc ne detiene le quote fino al luglio del 2003.
“Dall’onorevole La Russa – si legge nella requistoria del pm – deriva la vicenda che questo bar diventa un po’ il luogo di ritrovo di An e quindi ci sono feste e bella gente”.
Il titolare e La Russa entrano in confidenza. Poi, improvvisamente nel 2003, alla gestione societaria subentra una signora romena che cambia denominazione in New Gibson due.
Alla base dello strano passaggio di proprietà c’è “la parte oscura” di quel brillante titolare ormai entrato nelle confidenze dei notabili di An.
Il signore, infatti, è gravato da debiti e per questo da tempo è in mano agli usurai.
Sul suo libro paga l’elenco degli strozzini è lungo: l’ultimo della lista, nota il pm “è un tal Ciriello, che però, non è solo perché nell’affare ha portato dentro Conti, il suo finanziatore” .
L’ormai ex titolare del Gibson, però, grazie “alla sua faccia illuminata” ottiene addirittura l’aiuto dallo stesso La Russa e da Corsaro.
I due notabili di An, infatti, si danno da fare per l’amico e lo aiutano ad aprire un’enoteca. Il locale si trova dalla parte opposta di via Ristori sempre all’angolo con Castel Morrone.
Posto elegante e clientela sofisticata, l’enoteca è di proprietà della Gibson vini srl, società costituita nel 2002.
Inizialmente le quote sono divise tra la moglie dell’ex titolare del Gibson, uno degli usurai e lo stesso Conti.
Quasi subito la proprietà passa in mano a La Russa, Corsaro e allo stesso Conti, neo condannato per estorsione e amico dei boss.
Attualmente l’impresa riporta il medesimo assetto societario. Di più: non è chiusa, né fallita, ma semplicemente in liquidazione volontaria.
Da questi rapporti d’affari con il ministro, Conti sembra cavarci poco e quindi cerca altre strade per recuperare il credito.
Alla fine, la migliore porta agli uomini di Giuseppe Onorato.
I primi approcci avvengono tramite un notissimo commerciante di carne legato alla ‘Ndrangheta. Attraverso di lui, il messaggio viene recapitato al boss che dà mandato a Emilio Capone, – un napoletano molto elegante –, di iniziare il recupero credito. Assieme a lui ci sono i luogotenenti del boss, Vincenzo Pangallo, detto Jimmy e Tonino Ausilio.
Nel mirino della mafia ci finisce soprattutto l’ex brillante titolare del Gibson. Con i calabresi, Sergio Conti stabilisce che il 50% di quel denaro finirà nelle tasche di Onorato.
Nel frattempo l’ex patron del locale di via Castel Morrone sembra scomparso. È terrorizzato, tanto che per precauzione ha spedito la famiglia in una località segreta. Alla fine, siamo nel 2008, anche lui cadrà nella rete ordita da Conti.
L’incontro avviene vicino ai Navigli e lui che ben conosce quegli uomini si fa accompagnare da dodici amici.
Particolare che secondo il pm prova l’aggravante del metodo mafioso utilizzato da Conti. L’ex garagista così viene condannato.
Eppure non è finita perché , nonostante questa condanna, ancora oggi La Russa e Corsaro risultano in società con Conti.
Lo sono nella Gibson vini, ma anche in una società immobiliare, la Gibson immobiliare, con sede in via Ciro Menotti 11, ad oggi semplicemente inattiva.
Visto come ha stigmatizzato la vicenda della casa di Montecarlo, pretendendo, in nome di nobili e antichi ideali, maggiore trasparenza e accortezza nella gestione degli affari, che ci fa un ministro della Difesa e un coordinatore del Pdl in società con un estorsore condannato a sei anni di reclusione?
Dovrebbe forse dimettersi anche lui come ha chiesto a Fini per una vicenda ben meno provata?
O dovremmo forse prenderlo ad esempio entrando in società con persone dedite al malaffare?

(dati tratti da il Fatto Quotidiano)

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