destra di popolo

IL BAGNINO GRASSO LANCIA IL SALVAGENTE A RENZI: ART 2 BLINDATO, AMMESSE MODIFICHE SOLO A UN COMMA

Settembre 30th, 2015 admin

LA LEGGE TRUFFA VA AVANTI: E’ SEMPRE PIU’ ARIA DI REGIME

La decisione più attesa sulla riforma costituzionale, quella sull’articolo 2, è arrivata: il presidentedel Senato Pietro Grasso ha ammesso solo gli emendamenti relativi al comma 5, cioè quello modificato alla Camera.
Tutti gli altri sono stati dichiarati inammissibili.
Il margine ottenuto nelle votazioni fa ben sperare il governo per i prossimi giorni dopo aver ha incassato l’approvazione del primo emendamento che recepiva gli accordi interni al Pd e alla maggioranza.
Nella seduta odierna non sono mancati i momenti di tensione con le opposizioni sul piede di guerra. Le proteste sono state provocate soprattutto dall’emendamento «canguro» presentato dal senatore democratico Roberto Cociancich con l’intenzione di far decadere quasi tutte le altre modifiche all’articolo 1.
Dopo giorni di schermaglie verbali quindi il Senato ha iniziato a votare gli emendamenti, partendo dal primo articolo.
Dopo il ritiro di quelli “ostruzionistici” di Sel e Lega sul tavolo ne rimanevano “solo” 908, ma su essi incombevano i voti segreti, ammessi dal presidente Grasso in 19 casi. Diciannove situazioni di potenziale difficoltà, tanto che il Pd ha cercato immediatamente di correre ai ripari con l’emendamento «canguro» di Cociancich.
La reazione dell’opposizione non si è fatta attendere.
Il primo a insorgere è stato Roberto Calderoli («è un attentato alla democrazia»), seguito da Paolo Romani di Fi («una burla intollerabile») e poi dai senatori del M5S e di Sel.
Il senatore dei Conservatori e Riformisti Tito Di Maggio si è appellato a Grasso: «chiedo a lei se è lecito che un jihadista della maggioranza faccia esplodere un emendamento che fa saltare il dibattito».
Gli interventi hanno preso di mira personalmente Cociancich, tanto che il capogruppo del Pd Luigi Zanda è intervenuto con foga per difenderlo, suscitando una standing ovation dei senatori dem.
C’è da registrare però anche il malumore di parte dell’opposizione verso la Lega e in particolare verso Calderoli.
Secondo i senatori Endrizzi, De Cristofaro e Luciano Uras, di Sel, la valanga di emendamenti del Carroccio (85 milioni, poi tagliati da Grasso a 383 mila) ha fornito alla maggioranza il pretesto per utilizzare la tecnica del “canguro” per aggirare l’ostruzionismo.
In ogni caso, i pochi emendamenti delle opposizioni votati sono stati tutti respinti dalla maggioranza con numeri confortanti: 171 rispetto ai 161 che costituiscono la maggioranza assoluta, mentre le opposizioni si sono sempre fermate a 119 voti.
A conclusione della seduta è arrivato l’atteso annuncio sull’articolo 2: Grasso ha dichiarato inammissibili tutti gli emendamenti, tranne quelli che riguardano il comma 5, l’unico modificato dalla Camera.
La polemica del governo delle ultime settimane verso Grasso proprio su questa tema si è quindi sgonfiata in un battibaleno.
Ora il Senato è chiamato a votare l’emendamento Cociancich e poi passerà al secondo articolo, che riguarda la composizione del Senato e costituisce il cuore della riforma costituzionale.

(da “La Stampa”)

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SENATO SCATENATO CONTRO IL RENZIANO COCIANCICH, MA L’EMENDAMENTO CANGURO NASCE A PALAZZO CHIGI

Settembre 30th, 2015 admin

L’ULTIMA TROVATA DI RENZI PER FAR DECADERE GLI EMENDAMENTI SULL’ART 1

“Alzi la mano, così la conosciamo…”. In aula Andrea Romani si rivolge al senatore renziano Roberto Cociancich. Risate e sfottò tra i banchi.
Perché la battuta del capogruppo di Forza Italia dà voce allo stupore del Senato di fronte all’ultima trovata della maggioranza sulla riforma costituzionale. Il senatore Cociancich, milanese, uomo da ‘dietro le quinte’ più che ‘frontman’, mite e sempre sorridente, renziano e persino scout come il premier, sconosciuto ai più finora, finisce all’improvviso sulla scena politica e mediatica per l’emendamento a sua firma che consente di saltare tutti gli emendamenti all’articolo 1 e superare il primo scoglio del ddl Boschi, voti segreti compresi.
E’ una specie di ‘canguro’, tanto ben fatto tanto da risultare ammissibile per il presidente Pietro Grasso.
Un emendamento ‘marsupiale’ che scatena l’opposizione, tanto che l’aula non riesce a votarlo in serata, se ne parla domani.
Cociancich finisce alla berlina degli attacchi di tutti. Ma in aula non si sa - o forse si sospetta solo – quello che poi trapela dai circoli Pd. E cioè che in realtà l’emendamento della discordia è stato ‘cucinato’ a Palazzo Chigi, non a Palazzo Madama da Cociancich o chissà da chi altro.
Al Palazzo del governo la regìa sulle riforme è in mani esperte. Paolo Aquilanti, ex capo di gabinetto del ministro per le riforme Maria Elena Boschi, ex alto funzionario del Senato, ora segretario generale a Palazzo Chigi, dà una mano al governo anche sul ddl Boschi.
Pare che l’emendamento firmato da Cociancich sia uscito da quelle stanze, spedito in Senato per superare gli emendamenti dell’opposizione, ingoiare i possibili voti segreti, liberare la strada all’articolo 1, intanto, sugli altri si vedrà.
L’effetto è un po’ lo stesso prodotto a suo tempo dal ‘maxi-canguro’ presentato dal senatore Pd Stefano Esposito per inghiottire in un sol colpo gli emendamenti all’Italicum.
Per la verità, anche Esposito ci ha riprovato oggi sul ddl riforme, ma il suo tentativo è stato respinto da Grasso. Dev’essere che, ora che è anche assessore ai Trasporti in Campidoglio, non ha più tempo per fare le cose con precisione. E’ andata invece sul Cociancich, ammesso.
Lavoro sopraffino, sofisticato: insomma, da addetto ai lavori. Cociancich, invece, per quanto molto stimato nella cerchia del premier, finora si è occupato prevalentemente di questioni legate all’estero e all’Unione Europea. Le riforme non sono proprio il suo forte, diciamo così, o comunque finora non si è prodotto sull’argomento.
E’ per questo che in Senato si accaniscono contro di lui, agnello sacrificale della giornata.
Tito Di Maggio, del gruppo dei fittiani ‘Conservatori e riformisti’, lo definisce addirittura il “jihadista della maggioranza” che ha fatto “esplodere un emendamento che fa saltare il dibattito”.
“Questa a casa mia si chiama truffa - tuona il leghista Roberto Calderoli – una abnormità. Chiamiamolo voto di fiducia”. Una furia contro Cociancich.
Tanto che il capogruppo del Pd Luigi Zanda si vede costretto a intervenire in sua difesa. Urla e si arrabbia: “Ve la prendete con lui perché non volete la riforma!”. Caos e schiamazzi, come sempre in Senato.
Dai microfoni del Tg3, intanto, il premier Matteo Renzi assicura che “la riforma andrà in porto, non la fermeranno. I cittadini sanno perfettamente chi sta bluffando, chi non dice la verità: con 70mln emendamenti ci vogliono anni. Il loro obiettivo non era discutere ma bloccare la riforma…”.
Ma a sera l’ottimismo lascia spazio al nervosismo.
Perché nonostante i canguri, malgrado la strategia Cociancich sia stata preparata per tempo, presentata in aula come emendamento e attivata da stamattina (quando si è deciso di agire per questa strada), l’ostruzionismo dell’opposizione riesce a far slittare il voto.
A metà pomeriggio, il premier e i suoi davano per scontato che il voto sull’articolo 1 sarebbe andato in porto stasera, in modo da passare direttamente all’articolo 2 domani (qui Grasso ha aperto a modifiche al testo dell’accordo raggiunto nel Pd sull’elettività dei senatori). Ma non è andata così.
La discussione si è arrotolata per ore su un voto segreto negato ad un emendamento di Calderoli. L’emendamento viene respinto ma il Dem di minoranza Vannino Chiti vota in dissenso dal partito.
Domani la seduta ricomincia dall’emendamento Cociancich e poi si passa all’articolo 2 sul quale ci sono 4 voti segreti.
Il disordine regna sulla riforma, ma Renzi è convinto di uscirne.
Ha tutte le cartucce pronte all’uso, come dimostra la ‘trovata Cociancich’. L’unico dubbio resta sui tempi. Il voto finale è previsto per il 13 ottobre.
Mancano ancora 13 giorni ma di questo passo sarà dura, riflettono a sera nella sua cerchia. Urge vigilare anche perché i renziani continuano a non stare tranquilli sulla ‘gestione Grasso’, che farebbe troppe concessioni all’opposizione, è l’accusa. Stamane il premier ha avuto modo di parlare direttamente con il presidente del Senato al funerale di Pietro Ingrao.
Erano seduti fianco a fianco in prima fila in piazza Montecitorio, insieme anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Brevissimo scambio e nessuna sostanza o rassicurazione, giusto due parole sull’appuntamento in Senato fissato per le 15 del pomeriggio.

(da “Huffingtonpost”)

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FORZA ITALIA, TUTTI IN LIBERA USCITA

Settembre 30th, 2015 admin

ALTRI QUATTRO PARLAMENTARI PRONTO AD ABBANDONARE SILVIO PER VERDINI E NCD

Berlusconiani in libera uscita. Nel pallottoliere di Camera e Senato si attende l’addio di altri quattro, un paio di deputati, incerti tra la sponda Ncd e quella di Verdini (tra loro Riccardo Gallo Afflitto), e altrettanti senatori.
Riccardo Villari del resto ha già detto che voterà la riforma di Renzi e sarà solo il primo passo.
Ma è un lento smottamento che da Roma si propaga in giro per l’Italia.
A Bologna tre consiglieri comunali (Facci, Tomassini e Carella) rompono, escono, fondano una loro lista civica in vista delle amministrative 2016 e prendono le distanze dal candidato forzista Galeazzo Bignami che Berlusconi in persona aveva investito una settimana fa.
Nel pessimo clima che si respira tra i forzisti si trasforma in un detonatore il ritorno di Nunzia De Girolamo.
Colleghi in rivolta: «Interviene ogni giorno bacchettando chi lascia, parla quasi da portavoce ed è l’ultima arrivata» protestano soprattutto i senatori già in subbuglio.
Il commento intinto nel veleno è che non stia facendo altro che agevolare in queste ore già delicate il lavoro che sotto traccia sta portando avanti l’ex Denis Verdini.
Silvio Berlusconi ha voluto mantenere le distanze da tutto questo, ieri si è blindato ad Arcore per festeggiare con i figli, Francesca e i collaboratori più stretti i suoi 79 anni. A Roma e al suo caos si dedicherà da oggi.
Stasera è in programma la cena allargata a tutti i deputati e i senatori, insieme non li vedeva da mesi. Sarà l’estremo tentativo di tenere insieme quel che resta dei gruppi.

Carnelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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DAI CONTRIBUTI DEGLI IMMIGRATI UN TESORETTO DA 3 MILIARDI PER LE PENSIONI

Settembre 30th, 2015 admin

SONO I VERSAMENTI DEGLI IMMIGRATI TORNATI ALL’ESTERO… BOERI: “CREARE UN FONDO PER L’INTEGRAZIONE”

Nelle casse dell’Inps ci sono 3 miliardi di euro di contributi pensionistici non riscossi. “Appartengono” a quasi 200.000 stranieri con oltre 66 anni e 3 mesi con contribuzione Inps, e quindi titolati ad incassare la pensione, che però non hanno ricevuto alcuna prestazione.
Per questo, ha ipotizzato il presidente dell’Istituto Tito Boeri, si potrebbe un fondo per le politiche di integrazione degli immigrati alimentato proprio da queste risorse.
È una delle tre proposte lanciate dal presidente dell’Inps, in occasione della presentazione del rapporto ‘worldwide’ dell’Inps sulle pensioni all’estero.
Si chiama ’social free riding’ ed è il fenomeno degli immigrati che, dopo aver lavorato e versato i contributi in italia, tornano nel paese d’origine senza farsi (o senza poter farsi) liquidare le pensioni dall’Inps.
Il ’social free riding’ in italia, per i nati prima del 1949, riguarda 198.430 Stranieri su 927.448,
Con una percentuale quindi del 21%, ma il “fenomeno è in crescita, anche se per i nuovi iscritti dal 1996 non è più richiesta anzianità contributiva minima per accedere alla pensione di vecchiaia a 66 anni (più i mesi di adeguamento alla speranza di vita).
Ma ai 3 miliardi già acquisiti potrebbero aggiungersi in futuro altri 12 miliardi, perché le generazioni di immigrati dal 1949 al 1981 (che non hanno ancora maturato requisiti di vecchiaia) hanno 4,2 milioni di posizioni contributive aperte prima del ‘96 (quindi soggette ai requisiti contributivi minimi), che hanno erogato contributi per oltre 56 miliardi.
Applicando una percentuale del 21% che non prenderà la pensione “abbiamo già oggi circa 12 miliardi di montante contributivo che non darà luogo a pensioni”.

(da “agenzie“)

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VENEZIA, IL GIUDICE DA’ TORTO A EQUITALIA: CANCELLATE CARTELLE PER 660.000 EURO

Settembre 30th, 2015 admin

ORA E’ POSSIBILE L’ANNULLAMENTO DI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI CARTELLE

Con sentenza nr 3079/2015 pubblicata il 23 settembre 2015 il Tribunale di Venezia ha annullato cartelle di Equitalia per un valore di 660 mila euro.
La causa è stata intrapresa tramite l’Associazione di tutela dei consumatore (Aua) da un ricorrente patrocinato dall’avvocato Carraro
Il giudice ha sancito due principi fondamentali.
Il primo è che Equitalia può emettere cartelle, notificarle e agire esecutivamente solo se è in possesso dei requisiti validi e documentabili in grado di giustificare le pretese degli enti pubblici per i quali agisce.
Poi che la prova dell’esistenza dei requisiti deve essere fornita da Equitalia e dagli enti creditori e non dal cittadino preteso debitore.
Secondo Aua la sentenza è storica sia per l’entità della somma, sia perché si fonda su un motivo diverso da quello abitualmente citato dalle cronache, che è la prescrizione.
Il motivo su cui si basa la sentenza potrebbe, a cascata, comportare l’annullamento di centinaia di migliaia di cartelle
«Sono sentenze come questa che fanno la giurisprudenza e che dimostrano che anche Davide può battere Golia», sostiene l’Aua in un comunicato, «noi, nati come associazione per difendere gli automobilisti destinatari di multe ingiuste, ora puntiamo sulla riforma di Equitalia da società per azioni a ente pubblico. Una società di capitali che, legittimamente, persegue scopi di lucro non può gestire la riscossione delle tasse e dei tributi lucrando sugli stessi ed aggravando le già precarie condizioni del contribuente. L’erario incasserebbe molto di più limitandosi ad esigere gli importi dovuti maggiorati dei soli interessi legali senza gli aggi e le more che trasformano somme normali in macigni insostenibili».

(da “La Nuova Venezia”)

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SONDAGGIO EUROMEDIA: L’ABBRACCIO MORTALE DI VERDINI PUO’ COSTARE 7 PUNTI AL PD, M5S DIVENTEREBBE PRIMO PARTITO

Settembre 30th, 2015 admin

M5S 31,6% LISTONE CENTRODESTRA 29,1%, PARTITO NAZIONE RENZI 25,1%, LISTONE DI SINISTRA 12,7%

L’effetto Verdini è in un sondaggio che Alessandra Ghisleri ha già spedito ad Arcore. E che, nell’entusiasmo, Renato Brunetta mostrava in Transatlantico.
Verdini può costare ben sette punti al Pd perché percepito come “impresentabile”, emblema di quei pezzi più discutibili (e indagati) del berlusconismo che renderebbero il Pd un’altra cosa.
Da partito del centrosinistra ad accozzaglia di potere senza colori.
È chiaro che i sondaggi servono non solo a fotografare l’esistente, ma a capire – Berlusconi ci ha vinto varie elezioni – la “direzione”.
E questa della Ghisleri è una ipotesi di “stress”. Che dice una cosa molto semplice: il partito della Nazione, o come lo si vuole chiamare, o un’alleanza con l’ex plenipotenziario di Berlusconi, è per un pezzo della sinistra indigeribile.
L’effetto è che il popolo della sinistra, a quel punto, andrebbe verso una lista di sinistra o verso i Cinque stelle.
Una lista di sinistra che con Bersani sta attorno al 13 per cento, senza – dice lo stesso sondaggio – tra l’8 e il 10.
Mentre i Cinque Stelle possono superare quota trenta, al 31,6%, ben oltre il massimo storico.
È l’effetto Verdini. La cui entità è meglio misurabile se raffrontata con i sondaggi che la stessa Ghisleri ha prodotto per Ballarò martedì sera.
Il Pd, al momento, è al 32 per cento (in crescita di 0,4 punti) rispetto alla scorsa settimana.
Il Partito della Nazione con Verdini, e gli amici di Cosentino, la carica dei riciclati e transfughi che prima cantavano “Menomale che Silvio c’è” e ora “Menomale che Renzi c’è”, vale 7 punti. In meno.
Fortissimo è proprio l’impatto della questione morale nell’elettorato di sinistra. Verdini è percepito come impresentabile.
Pesano i suoi cinque rinvii a giudizio, dalla bancarotta alla P3 con Cosentino, pesa l’immagine compromessa con le pagine più opache del berlusconismo come la compravendita di Razzi e Scilipoti.
Per non parlare di Cosentino, che addirittura non fu messo in lista (assieme a Marcello D’Utri) da Berlusconi perché aveva un effetto devastante pure sull’immagine di Forza Italia.
I suoi amici che al Senato sostengono il governo e le riforme, in liste alleate del Pd o in liste del Partito della Nazione avrebbero l’effetto di un’atomica sull’elettorato di sinistra.
Persone come Vincenzo D’Anna che una volta dichiarò: “Cosentino è un brav’uomo. Saviano si è arricchito con la camorra”.
Ora Nick ‘o merikano è in carcere per camorra, Verdini è zeppo di rinvii a giudizi in processi pesantissimi.
E l’elettorato di sinistra, se arrivano, è pronto ad andarsene.

(da “Huffingtonpost”)

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PAOLA CLEMENTE, MORTA DI LAVORO: 30 GIORNI AL MESE PER 2 EURO L’ORA

Settembre 30th, 2015 admin

IL CALENDARIO DEI SUOI IMPEGNI CHE INGUAIA I CAPORALI… E’ QUESTA L’ITALIA DI RENZI: MENO DIRITTI PER TUTTI

Un calendario e dei taccuini che inguaiano definitivamente la società per la quale aveva lavorato Paola Clemente, la bracciante morta di fatica nelle campagne di Andria.
Nei documenti al vaglio della Procura di Trani tutti gli impegni della donna: un resoconto dettagliato che potrebbe incastrare anche i mediatori e anche alcune sue colleghe di lavoro che in questi mesi hanno raccontato il falso, forse perché sotto le minacce dei caporali.
Come riporta La Repubblica di Bari, infatti, “Paola lavorava anche 30 giorni in un mese. A giugno dello scorso anno sono segnate 25 giornate, di cui 21 consecutive. E accanto si trova l’indicazione dell’orario e in alcuni casi anche della ditta e del caporale per i quali prestava servizio. Chiaramente la busta paga di quel mese - ma lo stesso accade anche con altri periodi, tutti oggetto dell’indagine - non corrispondono a quanto appuntato. Nonostante siano bollate da un’agenzia interinale, il ché doveva essere nelle intenzioni del legislatore garanzia di trasparenza. Perché i conti non tornano?”
“Evidentemente qualcuno ha barato” spiega uno degli investigatori che in questi mesi stanno lavorando su una maxi inchiesta che rischia di fare esplodere il fenomeno del caporalato in Puglia.

(da “Huffingtonpost”)

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DENIS MUSK, L’UOMO CHE NON DEVE CHIEDERE MAI

Settembre 30th, 2015 admin

VERDINI & RENZI VERSO IL PARTITO DELLA DAZIONE

Mentre noi scriviamo e voi leggete, Denis Verdini è indaffarato in frenetici conciliaboli tra ristoranti, bar e un ufficetto nel centro di Roma, dove riceve vorticosamente parlamentari forzisti (soprattutto senatori, i più richiesti) per convincerli a passare con lui,cioè nel suo movimento “Ala” che, se tutto va bene, diventerà presto un gruppo autonomo alla Camera e al Senato.
Ala è l’acronimo di “Alleanza liberalpopolare autonomie” ma, per quanto lo riguarda, potrebbe esserlo pure di “Associazione loschi abusi”, “Avanzi logge accroccate”, “Astenersi luridi antirenziani”, o “Antipasto e lonza amatriciana”.
Tanto è un parcheggio a ore per fare rifornimento in vista della ripartenza verso il Partito della Nazione, destinato a superare i polverosi steccati ideologici fra destra e sinistra, ma soprattutto fra guardie e ladri.
Gli alti principi ispiratori del suo agire li ha illustrati egli stesso davanti a una pajata: “Tutti mi chiedono cosa ci guadagnano a venire con me. Gli rispondo che sono il taxi. Vuoi rimanere al potere? Solo io ti conduco in dieci minuti da Berlusconi a Matteo”. Poi, contro ogni sospetto di mitomania, l’Uomo Taxi ha rivelato: “Ho giurato a Matteo che costruiremo assieme il partito della nazione” (o della dazione, non sè capito bene, ma agli astanti è piaciuto lo stesso).
Le alate frasi sono uscite domenica su Repubblica, unite alla notizia – destinata a elettrizzare vieppiù la base Pd – che i conti dei nuovi acquisti “Verdini li tiene direttamente con Luca Lotti: si intendono a meraviglia, c’è una linea diretta tra i due. Stessa musica con Renzi, chiamato affettuosamente ‘Matteuccio’”.
Ora, siccome Repubblica non è proprio un bollettino di provincia, c’era da attendersi una smentita dal premier Matteuccio e dal sottosegretario Lotti. Ma non è arrivata, perché tutti sanno che è tutto vero.
Così com’è vero che Verdini, avendo compilato per 15 anni le liste locali e nazionali di FI, sa vita, morte e miracoli di tutti i forzisti, il che lo rende particolarmente persuasivo quando li invita, a seconda del peso specifico, per un caffè, o per un pranzo, per una cena, o direttamente nel suo ufficio a digiuno.
Casomai se lo fossero scordato, l’ha rammentato a tutti con un pizzino via Twitter una delle ultime new entry, Francesco Saverio Romano da Palermo, intimo di Totò Cuffaro, già imputato per mafia e assolto con formula dubitativa: “Gli amici di FI usino cautela parlando di Denis. È galantuomo, conosce la loro biografia e mantiene riserbo”.
Denis Musk,l’uomo che non deve chiedere mai.
In attesa di sapere qualcosa del listino per la nomina dei futuri senatori, sarebbe già un trionfo conoscere il listino prezzi dei senatori attuali.
Se per l’immediato Denis Musk può offrire parecchio (posti di governo nel prossimo rimpasto, presidenze di commissione e cadreghe di sottogoverno), ben altro chiedono i profughi forzisti, per lo più migranti economici: la garanzia di essere rieletti,con prebende e soprattutto immunità.
E, con l’attuale legge elettorale (l’Italicum), Verdini ha ben poco da regalare: se il premio di maggioranza va al primo partito, e non alla coalizione, i rieletti (cioè i rinominati) saranno tutti del Pd, dei 5 Stelle e del nascente listone Forza Lega.
Che senso ha allora fuggire da FI? O il Pd – o come diavolo si chiamerà– accoglie Verdini e la sua fairy band, il che appare francamente improbabile persino per uno come Renzi (che già deve aggiungere posti a tavola agli alfanoidi), oppure il barcone dei profughi andrà alla deriva.
Denis Musk promette che “l’Italicum cambierà, ma solo nel 2017”, per infilare anche Ala nella prossima abbuffata.
E anche su quest’affermazione, in lievissima contraddizione con le frasi ufficiali di Matteuccio e Maria Elenuccia, si attendono ancora smentite.
L’altroieri però quel gran genio di Bersani, dopo mesi di campagna acquisti verdiniana, ha notato qualcosa: “Fuori Verdini dal nostro giardino”.
Gli ha risposto Roberto Giachetti con un breve riepilogo degli inciuci fatti dalla ditta bersaniana con FI (allora coordinata da Verdini) negli ultimi quattro anni, da Monti a Letta, prima che arrivasse Renzi: “Perché allora il voto di Verdini non puzzava?”.
Gli si potrebbe rispondere che almeno non l’avevano promosso a padre costituente né a reclutatore di truppe governative, ma questi son dettagli.
Anche perché gli inciuci risalgono a molto prima, e non con Verdini, ma con B.
È questo il peccato originale che macchia le coscienze di tutti (compreso Giachetti, che è alla Camera da 15 anni e non risulta aver mai storto il naso) e non consente a nessuno di dare lezioni.
Nemmeno di notare che Renzi, pur non avendo alcuna analogia biografica con B., ha sostituito il programma del Pd con quello di FI e fa tutto ciò che neppure B. era riuscito o aveva osato fare (mancava giusto il Ponte sullo Stretto, infatti ieri il governo ha riaperto la pratica).
Conosciamo l’obiezione: B. aveva il conflitto d’interessi, Renzi no.
Ma questa non è un’attenuante, semmai un’aggravante: se Silvio faceva porcherie perché doveva farle, altrimenti lo arrestavano e falliva per debiti, Matteo le fa perché ne è proprio convinto.
Ma nessuno, nel Pd e dall’altra parte, ha alcun titolo per rinfacciargliele. La Ditta è il delitto e Renzi è il castigo, così come B. fu la punizione dei tanti peccati della partitocrazia.
Nel novembre ‘94, Indro Montanelli scrisse sulla Voce:“La sua squadra ci fa rimpiangere le più sgangherate ammucchiate della prima Repubblica. Ma solo come espiazione il governo di Berlusconi ha un senso”.
Lo stesso si può dire oggi di Renzi per la Seconda Repubblica: solo come espiazione il suo governo ha un senso.
Solo come purga.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CORRUZIONE, ARRESTATI I VERTICI DI ANAS TOSCANA: “MAZZETTE DEL 5% SUI LAVORI”

Settembre 30th, 2015 admin

24 INDAGATI, 74 PERQUISIZIONI IN TUTTA ITALIA: “SFRUTTAVANO LE EMERGENZE”

Quattro persone arrestate nell’inchiesta della procura di Firenze sui vertici dell’Anas Toscana. Sono invece 24 gli indagati: si tratta di pubblici ufficiali dell’Anas, di imprenditori e professionisti.
Sono finiti da questa mattina ai domiciliari il capo compartimento del settore viabilità di Anas Toscana  Antonio Mazzeo, il direttore amministrativo Roberto Troccoli, il funzionario Nicola Cenci, l’imprenditore Francesco Mele.
I magistrati ipotizzano il reato di corruzione riguardo appalti per opere stradali. L’indagine è condotta da polizia stradale della Toscana e Corpo forestale, sezione di pg della procura di Firenze. Sono 74 le perquisizioni scattate in tutta Italia
Il procuratore Giuseppe Creazzo ha parlato di un “collaudato sistema di corruzione”, di un “sistema che ha comportato danni per la collettività per molte decine di migliaia di euro.
Venivano date mazzette corrispondenti al 5% dell’importo dei lavori, cioè decine di appalti nella rete stradale della Toscana”.
L’assegnazione degli appalti dell’Anas Toscana finiti nel mirino della procura di Firenze avveniva “sfruttando, nella maggior parte dei casi, lo stato di emergenza e di necessità causato da calamità naturali” ha proseguito il procuratore Creazzo.
Gli appalti su cui si indaga sono uno da 200 mila euro, “di somma urgenza”, per opere sulla strada Tosco-Romagnola; uno in provincia di Prato, importo del lavoro a base d’asta 3.258.622 euro; e uno in provincia di Massa Carrara, per la manutenzione straordinaria di una strada, importo del lavoro a base d’asta 499.900 euro.
Per la  procura, l’imprenditore finito ai domiciliari “agiva, per sua stessa ammissione, fornendo “il pacchetto completo - ha detto Creazzo - Faceva pure i sopralluoghi. Negli uffici dell’Anas era di casa: arrivava a predisporre anche le documentazioni, bando e altro”.

(da agenzie)

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