destra di popolo

SE AD OTTOBRE VINCE IL NO, UN GOVERNO SENZA RENZI

Maggio 31st, 2016 admin

GRASSO E PADOAN IN POLE POSITION PER PALAZZO CHIGI

È da settimane che osservatori politici e opinione pubblica lamentano la partenza assai anticipata della campagna per il referendum costituzionale di ottobre.
Anche i partiti, naturalmente, denunciano lo stesso problema: eppure, incredibilmente e al riparo di questa spessa coltre polemica, stanno già guardando addirittura oltre.
E ragionano, in particolare, sullo scenario più incerto: quello che verrebbe a determinarsi con la sconfitta del sì e le annunciate dimissioni di Matteo Renzi.
Dopo l’iniziale propaganda di maniera («Mandiamo a casa il premier e torniamo a votare») a leader di partito e addetti ai lavori è già diventato chiaro che la faccenda non è poi così semplice.
E perfino uno dei più accesi sostenitori del ritorno alle urne (Luigi Di Maio) ieri ha ammesso: «Se vince il no, non chiederemo le dimissioni di Renzi. Mi auguro che il Presidente della Repubblica intervenga e indichi agli italiani con quale legge elettorale si va al voto».
E questo è il primo, serissimo, problema.
Infatti, se il referendum di ottobre non approvasse la riforma costituzionale - lasciando, insomma, le cose come stanno - il Parlamento dovrebbe esser rieletto con due leggi elettorali totalmente diverse, una maggioritaria (l’Italicum, appunto) e l’altra proporzionale (il cosiddetto Consultellum): riproponendo tutti i rischi di ingovernabilità già sperimentati con il Porcellum.
Situazione delicata, come è evidente: tanto che, in più di un colloquio informale, il Presidente della Repubblica non ha mancato di segnalare il problema ai suoi interlocutori.
Dunque, dando per scontate le dimissioni del premier Renzi in caso si sconfitta al referendum, i fatti dicono che sarebbe comunque necessario insidiare un nuovo governo che, incaricato di gestire l’ordinaria amministrazione, dia intanto tempo alle forze politiche di varare una nuova legge elettorale per il Senato o addirittura per entrambi i rami del Parlamento.
E per quanto paradossale possa apparire, su questo punto la discussione è già del tutto aperta
Un nuovo governo, già. Ma con quale profilo, e con i voti di chi?
Non è che le ipotesi sul tavolo siano poi tante.
La più gettonata - al momento - punta sul tradizionale «governo istituzionale» (guidato, in questo caso, dal Presidente del Senato, Grasso) che potrebbe godere, in partenza, della «neutralità» di tutte o quasi le forze presenti in Parlamento.
Però, considerato che i tempi dello show down dovrebbero coincidere con quelli di una complessa sessione di bilancio, c’è chi non esclude l’ipotesi (certo più complicata) di un «governo tecnico» presieduto da Pier Carlo Padoan.
Si tratterebbe, come è evidente, di esecutivi dal profilo assai diverso: il che già si annuncia come tema di scontro e polemica.
Ma come andare al voto - con quale legge elettorale e con quale governo - è solo uno dei problemi sui quali i partiti stanno ragionando nell’ipotesi di una sconfitta del sì.
L’altro - non meno delicato e dal quale, anzi, dipenderà molto, se non tutto - riguarda le reali intenzioni di Matteo Renzi.
L’interrogativo, che per ora agita soprattutto lo stato maggiore del Pd, è semplice: il premier lascerà davvero Palazzo Chigi?
E soprattutto: si dimetterà anche da segretario, visto che su questo - secondo alcuni - la chiarezza non è assoluta?
L’interrogativo non è ozioso, visto che Renzi - in teoria - potrebbe battere due strade diverse.
Infatti, una cosa sono la legittimità e il mandato di cui è stato investito (da Napolitano prima e dalle Camere poi) in quanto premier; e altro è il voto con il quale quasi due milioni di iscritti e simpatizzanti lo elessero alla guida del Pd per rinnovare il partito.
E dunque: quando Renzi annuncia di voler «lasciare la vita politica», in caso di sconfitta al referendum, intende anche la guida del Pd?
È evidente che, a seconda della risposta, lo scenario autunnale cambierà radicalmente: una cosa, infatti, potrebbe essere la linea di un Pd guidato da un qualche «direttorio» (in attesa del Congresso) e altra quella di un partito ancora a «trazione renziana».
Quel che è certo, è che in caso di vittoria dei no l’orizzonte potrebbe farsi assai confuso: e non per nulla, lassù al Quirinale, c’è chi ha già cominciato a drizzare le antenne…

Federico Geremicca
(da “La Stampa“)

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BINDI: “14 IMPRESENTABILI, TUTTI IN LISTE CIVICHE”

Maggio 31st, 2016 admin

“IN MOLTE REALTA’ I PARTITI NON CI METTONO LA FACCIA”

Sono 14 i candidati definiti “impresentabili” dalla commissione parlamentare Antimafia dopo l’analisi sulle liste presentate nei Comuni che hanno avuto inchieste o procedure di scioglimento a causa di infiltrazioni della criminalità organizzata.
I 14 sono tutti candidati in liste civiche.
La presidente della commissione Rosy Bindi ha precisato come in alcuni Comuni i partiti politici non abbiano presentato candidati e in altri siano state presentate solo liste civiche. “Che le liste civiche fatte nel modo che abbiamo visto siano un varco per le mafie è indubbio – ha sottolineato – Abbiamo visto nel tempo la presentazione di liste civiche nate per protesta contro la politica, ma il quasi 100 per cento di liste civiche in quasi tutti i Comuni sciolti per mafia è allarmante”.
La relazione conclusiva è stata approvata all’unanimità.
“Se si vuole combattere la mafia – ha detto la Bindi in un appello a tutte le forze politiche – non ci si può nascondere, bisogna metterci la faccia”.
Il ragionamento è che “i partiti nazionali non hanno esibito i propri simboli, si sono ‘nascosti’ nelle liste civiche, a volte anche in modo innaturale, con centrodestra e centrosinistra che si sono trovati insieme”.
Secondo la Bindi è “una situazione particolarmente condizionata dai poteri mafiosi, che attraverso il trasformismo dà vita alla infiltrazioni della mafia”. “Se vogliamo davvero combattere la mafia la politica non può nascondersi ma deve metterci la faccia. Non è un caso che in alcuni comuni ci siano importanti partiti politici che non hanno presentato liste e non hanno candidati. Questo è un altro motivo di riflessione per noi”
Solo in un caso, su 14, si tratta di un candidato a Roma, per la quale sono stati verificati i candidati al consiglio comunale e al sesto municipio che comprende le zone – tra le altre – di Tor Bella Monaca, Tor Vergata, Torrespaccata.
“La situazione è complessivamente incoraggiante – ha detto la presidente della commissione Rosy Bindi – anche se alcuni dati sono preoccupanti”. “Otto – ha spiegato Bindi – sono riconducibili all’incandidabilità per la legge Severino, che hanno quindi certificato il falso e si tratta di condanne gravi; 3 casi di ineleggibilità, nel caso quindi di elezione questi dovrebbero essere sospesi dalle prefetture; 3 casi relativi al codice di autoregolamentazione”.
La Bindi spiega che “ci sono situazioni che ancora non sono state registrate, ma che rischiano di portare un voto inquinato. Facciamo quindi un appello ai partiti politici perché loro sicuramente non possono non conoscere chi hanno candidato. Tra l’altro vorrei ricordare che governare con il voto delle mafie significa governare male”. L’operazione di verifica delle liste ha analizzato 3275 candidati, 2mila solo a Roma.
Secondo la commissione Antimafia la situazione è “sicuramente incoraggiante rispetto allo scorso anno – afferma la Bindi – Credo che attenzione che si è creata intorno alla qualità della classe dirigente ci consegna dei dati preoccupanti, ma anche rassicuranti per le situazioni più critiche”.
Per la commissione tuttavia devono essere migliorate sia la legge Severino sia le norme sullo scioglimento dei Comuni.
“La legge Severino richiede un tagliando – dice la Bindi – e non siamo i primi a dirlo. A parte il gioco strano tra incandidabilità e ineleggibilità, un altro aspetto da rivedere riguarda le pene, con condanne definitive non inferiori a 2 anni, ma è anche vero che molti candidati sono stati condannati varie volte. La legge però non consente di sommare le condanne”.
Ma per la Bindi anche la legge sullo scioglimento dei municipi ha bisogno di modifiche. Bindi ha citato il caso del Comune di Platì, sciolto per 15 volte e dove si presentano due liste civiche con candidati legati alle amministrazioni precedenti che hanno provocato lo scioglimento.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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IL NUOVO DELITTO D’ONORE: SARA VITTIMA DEL NARCISISMO

Maggio 31st, 2016 admin

NON SAPPIAMO PIU’ VEDERE GLI ALTRI, SIAMO RIMASTI SOLI DAVANTI A UNO SPECCHIO COME QUELLO DI BIANCANEVE

Di nuovo omicidi passionali, femminicidi.
Vittime delle giovani donne considerate unicamente come donne oggetto. Considerate come cose di proprietà, per soddisfare se stessi. Per il proprio ego…
Come giocattoli.
Come fanno i bambini quando dicono “è mio”.
In un mondo fatto di apparenze, di tv, di miraggi, di proiezioni, di auto potenti, di simboli, di immagini, di bulli e bulletti , di prepotenze di ogni genere. Di violenza.
E dove l’altro, ma più spesso l’altra “serve” perché è appunto una cosa e non una persona.
Dove l’altra è solo un mezzo per mostrare di essere qualcuno.
Ricco, con una bella casa e una bella auto.
Con una bella donna, poi moglie fedele. Di quelle da mettere al proprio fianco, di sotto, sottochiave, in “famiglia”.
E poi bruciare, accoltellare, soffocare… se non sta più al suo posto… quasi un nuovo-vecchio delitto d’onore.
Uccisa per non mostrare a se stessi quello che non si è. Forse non si è mai stati, non si è più: umani, semplicemente umani.
Insieme e non per qualcosa, in cambio di qualcosa o contro qualcuno.
Uguali e alla pari. Unica specie.
Ancora lunga la strada che ci aspetta. E piena di ostacoli: a cominciare dalla scuola che qualcuno vorrebbe che insegnasse soltanto a fare soldi, e a diventare posizioni, ruoli, posti.
Con la complicità di tanti (dai media ai politici e ai tuttologi da tv) che trasmettono balle e modelli industriali, da una economia/finanza che ci vuole competitivi, ingabbiati, consumatori, obbedienti, indifferenti a tutto e tutti, narcisi.
Mentre Sara Di Pietrantonio chiedeva aiuto invano prima di essere uccisa.
E la gente si girava dall’altra parte… Per paura, perché aveva altro da fare.
Perché non sappiamo più vedere gli altri.
Noi, rimasti soli davanti a uno specchio come quello di Biancaneve.

(da “Huffingtonpost)

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BERLUSCONI HA DESTITUITO TOTI, ANCHE SE NESSUNO LO DICE

Maggio 31st, 2016 admin

ORMAI IL CAVALIERE PUNTA SU MARA CARFAGNA

L’investitura c’è stata a Napoli: dopo il comizio, c’è stata la solita cena, molto gremita. Si pensava che sarebbero stati fatti i soliti discorsi. Ma Berlusconi ha sorpreso tutti.
E ha detto testualmente: “E ora vi invito a fare un brindisi per Mara Carfagna, che sarà il futuro leader del centro-destra”.
Una vera e propria investitura per l’onorevole Mara Carfagna, che ormai può vantare una grande esperienza (è stata anche ministro, ed è la coordinatrice di Forza Italia in Campania).
E al tempo stesso un vero e proprio siluro per il Governatore della Liguria Giovanni Toti, che essendo il numero due di Forza Italia credeva di essere il successore naturale di Berlusconi.
La rottura è avvenuta per motivi politici. Toti vorrebbe esportare il modello Liguria  (con una giunta di leghisti sotto processo e favori alla sanità privata), basata sull’alleanza con la Lega (senza il cui apporto non sarebbe mai stato eletto).
Toti pur di arrivare a fare il candidato premier è sempre d’accordo con Salvini, mentre Berlusconi vuole un leader che sappia tracciare una via nuova.
Non a caso Mara Carfagna è sempre stata molto attenta sul tema dei diritti civili e rapppresenta l’ala liberal delle origini di Forza Italia.
Molto dipenderà dai risultati delle amministrative: se Lettieri a Napoli andasse al ballottaggio e la Meloni a Roma no, il Cavaliere avrebbe un motivo in più per lanciare Mara con un ruolo di “erede”.

(da agenzie)

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MARCO LILLO IN RAI NO, RIINA JUNIOR SI’

Maggio 31st, 2016 admin

OCCHIO! IL GIORNALISTA CHE HA RIVELATO LE TRAME DI MAFIA CAPITALE ANCHE ALLORA FU DENUNCIATO, COME HA FATTO ORA MARONI, MA I SUOI ACCUSATORI ADESSO SONO DIETRO LE SBARRE

Chi e perché ha deciso di inviare una lettera a tutti i direttori della Rai invitandoli a non dare spazio al libro “Il potere dei segreti” scritto da Marco Lillo, dando seguito alle richieste di Roberto Maroni?
La denuncia è partita dal Fatto ed è stata ripresa, tra gli altri, dal segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani che, in un suo tweet, ha chiesto alla Rai non solo di rispondere alla denuncia, ma anche di farci sapere come mai la stessa sollecitudine non sia stata usata nei confronti dei libri dei mafiosi e dei pregiudicati.
Secondo la ricostruzione del Fatto, la lettera è stata spedita dall’ufficio legale Rai e farebbe riferimento ai rischi di incorrere nelle denunce già annunciate dal presidente della Lombardia Roberto Maroni, al quale evidentemente il libro di Marco Lillo (che riprende l’inchiesta su Isabella Votino, portavoce e detentrice del pensiero di Maroni) non è piaciuto.
Dal momento che simili denunce sono ormai all’ordine del giorno anche sotto l’odiosa forma delle “querele temerarie” quale sarà mai il criterio da adottare?
Perché mai tanta sollecitudine verso “Il potere dei segreti” e tanta condiscendenza verso chi in televisione, ogni giorno, può esibirsi nell’apologia del razzismo, del fascismo, dell’omofobia, per non parlare dei condannati in via definitiva che disquisiscono di politica, di etica e di estetica?
La decisione finale, ovviamente, spetterà ai direttori e speriamo che vogliano rispedire la circolare al mittente, come peraltro prevede non solo il contratto di lavoro, ma anche il codice deontologico.
Spetta a loro e alle loro redazioni decidere se una notizia risponda al criterio della rilevanza pubblica o meno; altre interferenze non possono e non debbono essere consentite.
Sarà appena il caso di ricordare che Marco Lillo, insieme a Lirio Abbate, ha scritto “I Re di Roma”, una delle inchieste che ha svelato Mafia capitale, anche quelle pagine furono accolte da fastidio, sospetti, denunce, ora i denuncianti rispondono da dietro le sbarre.
Non sappiamo se Maroni e i suoi legali abbiano inviato una diffida alla Rai, ma ricordiamo quando l’allora ministro degli Interni si scagliò contro Roberto Saviano che aveva osato denunciare in tv la presenza della mafia al Nord e i silenzi delle istituzioni locali. Si scatenò un putiferio, Maroni fu ospitato a reti unificate, fu addirittura trasmessa una puntata di riparazione.
Il tempo si è incaricato di dimostrare che aveva ragione Roberto Saviano.
Ci auguriamo che la Rai voglia chiarire l’equivoco ed ospitare da subito Marco Lillo, magari in contraddittorio con il medesimo presidente della Lombardia, o no?

(da “il Fatto Quotidiano“)

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MARONI IL CENSORE: FUORI IL GIORNALISTA SCOMODO DAGLI SCHERMI RAI

Maggio 31st, 2016 admin

VUOLE IMPEDIRE LA DIVULGAZIONE DEL LIBRO “IL POTERE DEI SEGRETI” DI MARCO LILLO DOVE SONO PUBBLICATE LE IMBARAZZANTI TELEFONATE DI ISABELLA VOTINO… E I DIRETTORI DI RETE SCATTANO SULL’ATTENTI… SOLO LA7 DISUBBEDISCE

Come arriva la censura in Rai. Su carta intestata della Regione Lombardia, il governatore Roberto Maroni, detto Bobo, ha spedito una diffida legale alle televisioni Rai e La7 per impedire la divulgazione del libro Il potere dei segreti di Marco Lillo, vicedirettore del Fatto Quotidiano.
Il libro contiene le telefonate accluse agli atti di un’inchiesta della procura di Reggio Calabria non ancora terminata; pagina dopo pagina, si dipanano le inquietanti trame di un sistema di potere onnivoro e onnipresente – prefetti, politici, manager – che tenta di agganciare o blandire Isabella Votino, portavoce e detentrice del pensiero di Maroni.
Il governatore prova a censurare Lillo con la lettera del 28 aprile, dopo una doppia apparizione nel servizio pubblico, a Virus su Rai2, ad Agorà su Rai3: “Devo con rammarico rilevare che la promozione del libro (edito da Paper First del Fatto, ndr) in occasione delle vostre trasmissioni aggravi le conseguenze del reato e configuri a sua volta un illecito penale quale condotta di concorso nel reato, ovvero di favoreggiamento, anche attraverso l’utilizzo di atti o documenti di provenienza illecita (corpo del reato)”.
Maroni si rivolge ai vertici di viale Mazzini e in copia a Federico Cafiero De Raho, procuratore a Reggio Calabria, perché l’indagine è partita lì e perché lì Marco Lillo è accusato di rivelazione di segreto istruttorio.
Con questa infuocata premessa, Maroni conclude: “Vi intimo e diffido pertanto ad adottare ogni misura idonea a evitare il protrarsi di tali condotte incaute e favoreggiatrice e ad astenervi per il futuro dal promuovere nelle vostre trasmissioni la citata pubblicazione”.
I dirigenti di La7 non rispondono e non inoltrano la missiva ai giornalisti, viale Mazzini non replica a Maroni, ma l’ufficio legale dell’azienda pubblica – il 27 maggio – allerta i direttori di testata e dei canali e, in pratica, sconsiglia di ospitare il vicedirettore del Fatto Quotidiano: “La partecipazione per il futuro del predetto giornalista è rimessa alle opportune valutazioni editoriali che – in considerazione della contestazione in questione – dovranno considerare la sussistenza o meno di una fondata motivazione a soddisfare imprescindibili esigenze di cronaca e di critica. (…) Facciamo presente la necessità di adottare le più adeguate cautele affinché il giornalista, qualora ospitato per le sopra indicate esigenze, sia richiamato alla propria personale responsabilità”.
Chi avrà il coraggio di offrire il microfono a Marco Lillo dopo simili richieste di precauzione?
Per saperlo occorre un po’ di tempo, ma è già inconfutabile che il giornalista, dopo Virus e Agorà, non sia stato più invitato negli studi del servizio pubblico, mentre ieri, per esempio, era a La7.
Viale Mazzini non sarà mica un presidio del Pirellone?

(da “il Fatto Quotidiano”)

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“FATTURAGATE” IN SALSA LEGHISTA: “UN POLITICO CHE NON PAGA NEANCHE LE FATTURE AI FORNITORI NON VA VOTATO

Maggio 31st, 2016 admin

UN PICCOLO IMPRENDITORE ATTACCA IL LEGHISTA ROMANO: “NON VOGLIAMO UNO CHE SI PRENDE GIOCO DEI PICCOLI ARTIGIANI, SFRUTTANDOLI”… DECINE DI MIGLIAIA DI EURO PER MATERIALE ELETTORALE DI TRE ANNI FA NON ANCORA SALDATI

Il «fattura-gate» si abbatte sugli ultimi giorni di campagna elettorale di Noi con Salvini a Roma.
Il tutto, con tanto di denunce pubbliche e legali, per una faccenda che risale alla campagna elettorale del 2013, quando il movimento salviniano non esisteva nella Capitale.
Il grande accusatore è un piccolo imprenditore nel settore tipografico del quartiere Aurelio il quale non ha per nulla digerito la candidatura alla presidenza del XIII municipio di Enrico Cavallari, scelto in quota Lega dalla coalizione che sostiene Giorgia Meloni sindaco ed ex assessore al Personale della Giunta Alemanno.
Il motivo? A quanto pare tra i due ci sarebbe da tempo una querelle in corso, con l’imprenditore che lamenta il mancato pagamento del materiale elettorale da parte di Cavallari, al tempo candidato per il Pdl per un importo di decine di migliaia di euro. L’accusatore, su facebook, sostiene di aver ricevuto solo un acconto e di aspettare ancora il grosso del pagamento.
Ma non finisce qui. Da parte sua l’imprenditore – che ha invitato cittadini e interessati a rivolgersi al suo negozio per avere delucidazioni sul tema e dare prova di tutte le fatture – ne ha fatto una questione di principio, sostenendo come non possa essere votato un esponente politico che a suo avviso non rispetta i pagamenti assunti con i fornitori in campagna elettorale.
«Gli argomenti sono chiari e documentati – attacca commentando il profilo ufficiale di “Cavallari presidente XIII Municipio” - Chiunque volesse appoggiare la mia causa avremo presto un gazebo nel nostro Municipio e daremo ai nostri cittadini del quartiere Aurelio tutte le spiegazioni del caso, ripeto, documentate».
L’accusa non finisce qui: «Noi siamo nati e cresciuti nel quartiere Aurelio, abbiamo le nostre attività nel quartiere Aurelio, vogliamo un presidente onesto, non un presidente che si prende gioco dei piccoli artigiani sfruttandoli e poi lasciarli a terra».
Un atto di denuncia pesante (tanto che alcuni post sono stati in parte rimossi su suggerimento dell’avvocato dell’imprenditore), che ha interessato per qualche giorno anche i frequentatori dei social che si sono schierati, come da tradizione, da una parte e dell’altra.
Per capirne di più ci siamo recati direttamente nel suo negozio ma, almeno per il momento, l’interessato ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione né materiale a corredo.
La polemica però, come dimostrano i post sul social network, è montata ufficialmente nel momento in cui la stessa moglie di Enrico Cavallari, l’ex deputato Barbara Mannucci, è intervenuta pubblicamente ribattendo alle accuse: «È stato pagato per intero e abbiamo i bonifici che lo provano. Non fatevi prendere in giro».
Anzi, continua Mannucci, «tra l’altro sto ancora aspettando la fattura in seguito al mio bonifico da ottobre 2013».
Nella discussione a un certo punto interviene direttamente l’imprenditore: «Avete un avvocato che vi rappresenta a cui Cavallari aveva assicurato che avrebbe saldato la fattura ma ad oggi non abbiamo visto un euro, solo un parziale acconto su una fattura, con la promessa di un saldo mai avvenuto, forse lei non parla con suo marito».

(da “il Tempo”)

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INTERVISTA A CARLOTTA SAMI: “SERVE L’ASILO UE”

Maggio 31st, 2016 admin

LA PORTAVOCE DELL’UNHCR: “OCCORRONO CANALI REGOLARI DI ARRIVO”

Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, stiamo assistendo a migliaia di sbarchi: cosa sta succedendo? Col bel tempo si intensificano i flussi?
«A oggi le nostre stime sono di circa 46.100 arrivi in Italia, in linea con i numeri dell’anno scorso. Purtroppo, contando gli ultimi giorni, arriviamo a oltre duemila morti da inizio anno. Una tragica normalità che non ha nulla di normale».
Almeno 700 morti nell’ultima settimana, una cifra enorme.
«E la situazione potrebbe peggiorare, se continuano queste modalità di partenza dei barconi: questa settimana è stata particolarmente devastante per quello, troppe barche in punti diversi, per i soccorsi è stato un incubo. E abbiamo assistito a un fenomeno dalla Libia che si è intensificato».
Cioè?
«Oltre ai gommoni, abbiamo riscontrato un numero maggiore di barconi da pesca stipati fino all’inverosimile, 500-550 persone».
Sono arrivate anche barche dall’Egitto: si sta aprendo una nuova rotta?
«No. Non è escluso che avvenga, ma non è così al momento. La grande prevalenza arriva dalla Libia».
Arrivano dalla Libia perché s’è chiusa la rotta balcanica?
«No. Questi flussi non sono da mettere in relazione con la rotta balcanica. E lo dimostrano le nazionalità diverse».
Chi deve intervenire?
«Questa è una crisi globale. Tutti dovrebbero intervenire. L’Europa deve muoversi velocemente con un piano di investimenti nei Paesi africani. E poi bisognerebbe aprire vie sicure per i rifugiati».
Si spieghi meglio.
«Prioritario è individuare posti in cui i rifugiati possano essere accolti, in Europa e altrove, e aprire canali regolari per raggiungerli. Ma poi c’è anche il tema delle migrazioni economiche: anche per loro è importante aprire vie regolari per venire a cercare lavoro».
Com’è il Migration compact?
«Si muove nella direzione giusta proprio perché propone investimenti nei Paesi di origine».
Come giudica invece l’accordo con la Turchia?
«Quell’accordo sarebbe potuto non esistere se si fossero applicate le decisioni europee del 2015 (sulla redistribuzione dei migranti, ndr.), ma molti Stati non hanno fatto la loro parte. Ora quest’accordo presenta varie problematicità».
Avete fatto stime dei flussi nei mesi a venire?
«É difficile fare stime. Crediamo che un aumento sulla rotta Libia-Italia ci possa essere, ma non un drammatico aumento improvviso».
Come si comporta l’Italia?
«L’Italia ci ha messo tanto a uscire da una fase di emergenza, ma ora sta facendo un grande lavoro. È impensabile però che possa fare tutto da sola: l’asilo e l’accoglienza devono diventare veramente europei».

(da “La Stampa”)

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I MORTI INNOCENTI NON SIANO INVISIBILI

Maggio 31st, 2016 admin

LA STRAGE CONTINUA NELL’INDIFFERENZA DELL’EUROPA INCAPACE DI SOLIDARIETA’

Oggi ammettiamo una sconfitta. Nove mesi dopo la pubblicazione in prima pagina della foto di Aylan, il piccolo migrante siriano annegato sulla spiaggia di Bodrum, la strage continua.
Non sappiamo quanti anni aveva, se abbia fatto in tempo ad avere paura, e neppure come si chiamasse il bambino cullato in quest’immagine, in un’ultima ninna nanna. «L’ho visto in acqua, pareva una bambola», ha spiegato Martin, il soccorritore tedesco che lo ha raccolto.
«Ho avvicinato a me il corpo come se fosse ancora in vita, ha disteso le braccia, le piccole dita nell’aria. Il sole ha illuminato i suoi occhi, brillanti, teneri, immobili». Non siamo in grado di dire nemmeno se i suoi genitori si siano salvati.
«Ho cominciato a cantare per consolare me stesso», prosegue Martin.
«Per cercare di dare una qualsiasi espressione a un momento incomprensibile e straziante».
Il corpo del piccolo è stato consegnato alla nostra Marina insieme con altri 25 cadaveri, tra i quali quello di un altro bimbo, recuperati dall’organizzazione di volontari Sea-Watch.
Centotrentacinque i superstiti portati in salvo a Reggio Calabria. La scorsa settimana sono annegate più 700 persone nel braccio di mare tra la Libia e L’Italia. Dal 2014 le vittime sono oltre 8 mila.
Ma il viaggio non è che la prima tappa. Perché si può morire in modo insensato anche se si vive a Torino, in Italia, in una famiglia di rifugiati ghanesi, come è accaduto ieri nel quartiere Barriera di Milano a Henry, un mese di età.
Anche quando ci scorrono a fianco, le vite dei migranti e le nostre sono mondi paralleli, a tenuta stagna, che entrano in collisione, in comunicazione, solo quando c’è una tragedia: in questo caso una circoncisione effettuata in casa, la febbre alta, una dose di paracetamolo troppo forte da sopportare per chi ha quattro settimane di vita.
L’anno scorso, quando morì Aylan, scrivemmo che quella foto era l’ultima occasione per vedere se i governanti europei fossero all’altezza della Storia.
E per ognuno di noi la possibilità di fare i conti con il senso ultimo dell’esistenza. L’immagine portò con sé polemiche, anche se la maggioranza dei lettori ci scrisse che aveva capito la scelta.
Non volevamo voltarci dall’altra parte, rifiutammo di far finta di nulla. Alcuni, come lo scrittore Antonio Scurati, non solo ritengono sia stata una decisione sbagliata, ma pensano che foto di questo genere contribuiscano ad anestetizzarci, ci consentano un’emozione passeggera che ci dispensa dall’agire davvero per rimuovere le cause di tanto dolore: «L’esperienza che si fa, a livello di consumo di massa, di guerre, pandemie, crisi umanitarie», afferma nel suo ultimo saggio,
Dal tragico all’osceno, «rientra in quella diffusissima cultura del diniego che consente a tutti noi di restare inerti di fronte alle immagini del dolore trasmesse ogni giorno dai mass media, e ai nostri governi di negare le loro responsabilità di fronte agli orrori».
A giudicare da quel che è seguito ad Aylan, la pubblicazione di quello scatto ancora non è servita.
Ma non ci rassegniamo. Continueremo a testimoniare, a raccontare.
Sono morti innocenti. Che almeno non siano invisibili.

Massimo Russo
(da “La Stampa“)

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