«QUANDO MIO MARITO ERA AI DOMICILIARI COSENTINO VENIVA A TROVARLO»
AL PROCESSO CONTRO “‘O AMERICANO” PARLA ANNA CARINO, COMPAGNA DEL BOSS “CICCIOTTO ‘E MEZZANOTTE”
«Ricordo bene quando Nicola Cosentino, che a Casale chiamavano Cosentino ‘o Mericano, venne a trovare Francesco Bidognetti. Anzi, venne in due occasioni, nel 1987. Ci salutammo, e lo portai a parlare da Bidognetti, si appartarono in una stanza. Mio marito all’epoca era agli arresti domiciliari. Veniva un sacco di gente: l’occasione era importante, era uscito dal carcere dopo sei anni. Venivano amici, imprenditori, conoscenti. E venne pure lui, l’avvocato che poi sarebbe diventato onorevole”.
Anna Carrino, pentita di camorra, per 23 anni compagna del padrino dei casalesi Francesco Bidognetti, il sanguinario boss Cicciotto ‘e Mezzanotte ormai all’ergastolo, parla per quattro ore nell’aula del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Con questa sua inedita rivelazione si apre l’ennesima udienza del processo a carico dell’ex sottosegretario e deputato Pdl Nicola Cosentino, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, per il traffico dei rifiuti gestito dai casalesi.
È una dichiarazione che stupisce persino il pm Alessandro Milita. «Come mai non l’aveva detto prima, nei sei mesi della collaborazione, o dopo? », le chiede.
E lei: «Nessuno mi aveva mai chiesto in particolare se Cosentino era entrato in casa nostra. Ho parlato di tante cose. Di tutte le “imbasciate” che mio marito mi faceva nel carcere: come dare i soldi alle mogli degli altri boss, per gli avvocati di altri detenuti. Ho anche parlato del fatto che l’onorevole Cosentino, quand’era già politico famoso, si era interessato della sorte di un figlio di un altro boss, Stolder, di Napoli, perchè questo interessamento glielo aveva fatto chiedere mio marito dal carcere attraverso mio genero, Giovanni Lubello».
Impassibile e teso, in prima fila, assiste Nicola Cosentino. «Sono tornato a difendermi da uomo libero», dice, sfoderando un sorriso di circostanza.
Si è fatto rivedere dai suoi giudici, come aveva detto,solo in giacca in cravatta: mai, per gli otto mesi della detenzione, aveva voluto prender parte alle udienze. E ieri è la sua prima “uscita” pubblica. Ma non vuol sentir parlare di Berlusconi, Alfano e «Ho altro su cui concentrarmi, ora».
La pentita viene poi a lungo incalzata dagli avvocati della difesa, Stefano Montone e Agostino De Caro. Con frasi come questa: «Lei avrà reso forse 40 o 50 interrogatori. Ebbene, non aveva mai ricordato questa circostanza?». I legali puntano poi a scardinare l’attendibilità della collaboratrice, ricordando che è stata appena tirata in ballo, da altri pentiti, nella presunta organizzazione del delitto di Antonio Petito, un ventenne massacrato solo per aver casualmente investito il figlio di Bidognetti.
La Carrino torna poi sulla “raccomandanzione” con cui Cosentino avrebbe favorito il figlio del boss Stolder, «un giovane che voleva partire per l’Esercito, ma non voleva andare lontano e mi dissero che Cosentino aveva fatto la cosa, aveva chiesto Napoli o Caserta».
Il giovane Stolder però non partì più, «si mise paura della guerra». Commenta Cosentino, alla fine dell’udienza: «Mah. Quante assurdità . Prima gli incontri. Poi avrei fatto la raccomandazione per un soldato che non è più partito». E continua a sorridere.
Conchita Sannino
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