“BASTA ANNUNCI†E RENZI CI FA UNA CONFERENZA STAMPA
PRESENTATO A PALAZZO CHIGI IL SITO CHE ILLUSTRA IL PROGRAMMA DEI “MILLE GIORNI”. DAI PROCLAMI IL PREMIER PASSA AL GIORNO PER GIORNO
Se riusciamo a togliere questo e a rimetterlo…. Intanto, togliamolo”.
Alle spalle di Matteo Renzi, a Palazzo Chigi, lo schermo rimanda le immagini del sito “Passo dopo passo”.
Quello che dovrebbe illustrare la rivoluzione dei mille giorni. Che si vedono molto poco. “Vedere male…”, dice lui, lasciando in sospeso la frase. Perchè è un eufemismo.
C’erano una volta le slide e il logo con il pesciolino rosso. Era il 12 marzo, la prima conferenza stampa di Renzi come premier. Quella passata alla storia (e poi ridefinita dallo stesso presidente del Consiglio) la “televendita”: ore e ore di annunci, proclami, programmi.
Una furia comunicativa talmente energica da far dimenticare la presenza assai parziale di fatti. Sono passati cinque mesi e mezzo e persino il proiettore di Palazzo Chigi mostra la corda.
“I mille giorni sono la risposta a chi ci accusa di annuncite”, declama il premier. Eppure, questa volta non ci sono neanche gli annunci.
La conferenza stampa della ripresa per il primo settembre Renzi l’aveva annunciata già qualche mese fa.
Poi, sembrava superata dagli eventi: per il 29 agosto era previsto il Cdm di fine estate. Una riunione venduta come “epocale”, definitiva.
Che poi si è svuotata di contenuti: nello Sblocca Italia c’è molto meno di quanto lui aveva lasciato intendere, molta parte della riforma della giustizia non esiste (non ci sono neanche i testi, bloccati da accordi che non si sono chiusi).
E la scuola? Direttamente rimandata a domani. E allora, ecco che venerdì Renzi rilanciava l’evento di ieri. Promettendo, ancora una volta, sorprese, ricchi premi e cotillon. Nulla di tutto questo.
Il premier arriva, abito scuro, cravatta viola, abbronzato ma piuttosto scarico, accompagnato da Graziano Delrio e Maria Elena Boschi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio è visibilmente stanchissimo. Renzi lo definisce “il mio fratello maggiore”, ma poi lo lascia parlare poco.
Le differenze tra i due anche caratteriali e l’abitudine del Capo del Governo a fare tutto da solo evidentemente rendono difficile la coabitazione tra i due. Ma Delrio per ora resiste.
L’unica raggiante dei tre è la Boschi. Tubino azzurro, della stessa tonalità degli occhi, sguardo di ferro, portamento di chi sa il fatto suo, interviene non a supporto di Renzi, ma a correzione.
“Il disegno di legge delega sul lavoro alla Camera…”, dice lui. E lei lo corregge: “No, è al Senato”. “Leggo tanti giudizi secondo i quali è finita la nostra luna di miele, sono gli stessi che leggevo prima delle elezioni, quindi portano bene”, inizia Renzi.
Sorriso che vuol essere smagliante, risulta tirato. Poi, ecco la presentazione del sito. “Un diario”, lo definisce. Che verrà aggiornato giorno per giorno.
Non lo illustra, rimanda tutti al web. Gli è sorto il dubbio che procedere indicando sempre nuovi obiettivi, decisamente troppo ambiziosi per chiunque in questo paese possa essere controproducente? Pare di no.
“È giusto impiccarsi a una data? Sì, perchè l’espressione accountability non esiste in italiano, è un concetto di responsabilità ampia, è l’idea che ciascuno debba rendere conto di ciò che fa”.
Un tempo, lo slogan di Renzi era “Adesso!”. Ora l’orizzonte sono i 1000 giorni, la fine della legislatura. “Questo è il giorno zero. Sul sito trovate il count down”.
I 1000 giorni, dice, avranno una formalizzazione anche parlamentare.
Che vuol dire? Un voto? “Non sarà una fiducia”, dice la Boschi, prima che il premier riesca a fermarla, “ne abbiamo chieste anche troppe”.
Caparbiamente, ribadisce l’efficacia politica e comunicativa del cronoprogramma, che enunciò per la prima volta nella sala alla Vetrata del Quirinale, ricevendo l’incarico. Allora parlò di riforme, adesso sostanzialmente rivendica le linee guida. Il tutto è decisamente breve.
Rispondendo alle domande, il premier liquida le questioni ancor più velocemente. Rimpasto? “Ci occuperemo della sostituzione di un ministro tra il 24 e il 26 ottobre”. Ricorda gli 80 euro e cita il sito come la prova della sua “visione”.
Accenna alla battaglia vinta con la Mogherini. Senza enfasi. Guarda l’orologio, sembra meno a suo agio del solito nell’enunciazione.
L’articolo 18? “Un evergreen”, “dobbiamo rendere il nostro mercato del lavoro come quello tedesco”.
Non manca il siparietto finale con la Boschi. Lei spiega, versione maestrina: “Per quel che riguarda il pregresso, i decreti da attuare ereditati dai precedenti governi erano 889 oggi sono 528. Ma il lavoro del nuovo governo porta nuovi decreti, dunque complessivamente quelli da attuare sono 699”.
Lui richiede il numero in continuazione. Quando scioglie la seduta, la perplessità serpeggia tra i giornalisti accorsi. Tutto qui?
Lui imperterrito twitta: “L’Italia la cambiamo, piaccia o non piaccia ai soliti noti esperti di palude. Mille giorni e l’Italia tornerà leader, non follower”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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