“MIE DIMISSIONI IMMINENTI†L’ANNUNCIO DEL RE È ARRIVATO
NAPOLITANO CHIARISCE CHE NON RESTERà€ A LUNGO AL QUIRINALE… SUL GIORNO DEL CONGEDO SI IPOTIZZA IL 14 GENNAIO… GIà€ PRONTO LO STUDIO DA SENATORE
Per la prima volta nel corso del suo breve mandato a tempo al Colle, Giorgio Napolitano fa un esplicito riferimento, senza allusioni o sottintesi, alle sue prossime dimissioni di gennaio, per motivi di età (novant’anni nel giugno del 2015) e anche di salute.
Il capo dello Stato da antico e pignolissimo comunista abituato a pesare le parole e le virgole colloca la fatidica frase come incipit del suo discorso per gli auguri del Corpo diplomatico, al Quirinale, nella tarda mattinata di ieri.
Il “periodo travagliato” che attende il Paese
Napolitano è seduto e legge. Al suo fianco, a sinistra per chi guarda, c’è Paolo Gentiloni, titolare della Farnesina. A destra, invece, Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, è bianco e immobile come un busto di gesso.
Re Giorgio saluta i presenti e inizia: “La prossima fine di questo anno 2014 e l’imminente conclusione del mio mandato presidenziale inevitabilmente ci portano a svolgere alcune considerazioni sul periodo complesso e travagliato che stanno attraversando l’Italia, l’Europa e il mondo”.
L’imminente conclusione, alla stregua dell’Apocalisse del Sistema.
La fissità dello sguardo di Gentiloni non oscilla, forse non ha colto. Al contrario la sfinge democristiana di Casini stringe gli occhi, come uno che ha perso d’improvviso l’orientamento e si smarrisce. Poi realizza e a quel punto sembra Massimo Troisi in Non ci resta che piangere quando passa il terribile Savonarola. “Ricordati che mi devo dimettere”. Risposta: “Adesso me lo segno”.
Il capo dello Stato spiega a modo suo il 2014 italiani agli ambasciatori di tutto il mondo e fa un altro regalo natalizio al governo Renzi: “Un’opera difficile e non priva di incognite, quella avviata e portata avanti dal presidente del Consiglio e dal governo. Ma vi potevano essere delle alternative per chi, come noi, crede nelle potenzialità di questo paese”?
Niente semestre bianco. Resta con tutti i poteri
Ancora una volta il capo dello Stato sviluppa il dogma della sua infallibilità politica, che non è proprio la forma della moral suasion prevista dalla Costituzione materiale, e lo fa in un contesto completamente nuovo per la dottrina giuridica: mancano trenta giorni alle sue dimissioni e per lui non esiste alcun semestre bianco, come previsto per i presidenti alla fine del loro settennato.
Napolitano invece sarà nei pieni poteri fino all’ultimo e ieri, per la cronaca, ha letto il quarto discorso nel giro di una settimana . Instancabile, nonostante tutto. L’“imminente conclusione” nel giro di pochissime ore ha scatenato una sorta di gioco del lotto nei palazzi romani della politica.
Tutti alla ricerca della data giusta. Numeri, numeri, numeri. Una baraonda che non ha impressionato il Quirinale, dove si racconta che “il discorso di ieri non cambia di una virgola i programmi, non capiamo tutto questo stupore”.
Il problema è saperli, questi programmi. A Montecitorio, Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, confida che il giorno giusto potrebbe essere il 15 gennaio. “Così ci ha fatto sapere”.
Giovanni Toti, rotondo e supponente scienziato del cerchio magico berlusconiano, pronostica un’altra data: il 23 gennaio. Questo perchè il presidente della Repubblica potrebbe aspettare l’incontro tra Renzi e la cancelliera teutonica Merkel previsto quel giorno.
Ipotesi e strategie. Cosa fare adesso?
Altri, infine, sostengono che forse il capo dello Stato attenderà , il 29 gennaio, l’esito della decisiva votazione del Parlamento di Atene per il nuovo capo dello Stato greco. Uno scenario profetico per il nostro Paese: perchè in caso di voto negativo si andrebbe alle elezioni politiche.
In questo lasso di tempo, i renziani sperano pure di portare l’Italicum alla firma di Napolitano. Incuranti che il probabile Vietnam sulla legge elettorale sarà la prova generale dei franchi tiratori per gli scrutini quirinalizi.
L’unica certezza, allora, si ricava dal discorso del 16 dicembre alle alte cariche dello Stato. Il presidente aspetterà il 13 gennaio per la fine del semestre europeo a guida italiana.
Prima ancora, nel discorso di fine anno, quasi sicuramente spiegherà agli italiani perchè ha deciso di dimettersi. Una volta decisa la data vergherà poche righe per informare i presidenti del Parlamento, Pietro Grasso (Senato) e Laura Boldrini (Camera), e il premier.
A Grasso, poi, toccherà il ruolo di supplente, alla Boldrini convocare entro 15 giorni i grandi elettori a Montecitorio.
Napolitano tornerà a fare il senatore a vita, nello studio di Palazzo Giustiniani occupato prima di essere eletto al Quirinale nel 2006.
La coabitazione con il successore non sarà sul modello dei due papi. Napolitano continuerà a fare politica e qualora il nuovo capo dello Stato non rientrasse nello schema e nel profilo che lui spera, la sua voce potrebbe sentirsi spesso.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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