“VENGO ANCH’IOâ€, “NITTO NOâ€
STOP ALL’EX GUARDASIGILLI ALLA COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO… PDL: “VIOLATI I PATTI”… OGGI ALE 15 SI REPLICA
E ora il Cavaliere è davvero arrabbiato.
L’accordone spartitorio Pd-Pdl sulle presidenze delle commissioni parlamentari ha tenuto su tutte le caselle — in verità , un po’ a fatica per quella di Altero Matteoli alle Comunicazioni di Palazzo Madama — tranne che per l’unica che lui giudica davvero fondamentale: la commissione Giustizia del Senato.
Il suo candidato, l’ex Guardasigilli e commissario Pdl in Campania Francesco Nitto Palma, è stato affossato ieri per ben due volte: gli servivano 14 voti, la maggioranza assoluta, ne ha avuti prima 12 e poi 13, conditi da 14 e 13 schede bianche.
Si replica oggi, ma già ieri pomeriggio Silvio Berlusconi ha inviato Denis Verdini sul luogo del delitto per chiarire che così non va e che se il Pd non ci mette una pezza rischia pure il governo. “È un fatto politico, una cosa organizzata: ciascuno si prenderà le sue responsabilità ”, sibilava un incattivito Renato Schifani; “questo è inaccettabile: ora è chiaro a tutti chi viola i patti e chi li rispetta — si lamentava Maurizio Gasparri — Il Pdl è un partito serio, il Pd è il regno del caos”.
Il problema se l’è posto anche il Quirinale che ieri sera, ascoltato il premier Letta sul tour europeo appena concluso con un certo successo, ha mostrato preoccupazione per l’incaglio sulla giustizia che mette a repentaglio il governo appena varato e per la “tenuta” del Pd.
L’accordone sulla giustizia prevedeva che quella poltrona fosse appannaggio di due ex magistrati: Donatella Ferranti del Pd alla Camera e Palma, appunto, in Senato.
È successo però che ieri mattina Felice Casson e gli altri 7 componenti della commissione Giustizia del Pd (Rosaria Capacchione, Giuseppe Lumia, Luigi Manconi, Sergio Lo Giudice, Monica Cirinnà , Nadia Ginetti e Rosanna Filippin) abbiano avvertito il loro capogruppo Luigi Zanda che loro Francesco Nitto Palma non lo avrebbero votato: “Ma come? Abbiamo fatto un accordo”, ha replicato il tapino. Niente.
Quelli non si sono smossi e Zanda ha dovuto avvertire la controparte Pdl.
Qui il racconto si complica. Sì, perchè i conti dei voti non tornano.
La commissione ha 26 membri: 8 Pd, 7 Pdl (tra cui l’ex sottosegretario Caliendo, coinvolto nelle indagini sulla P3, e l’avvocato del Cavaliere Niccolò Ghedini, entrambi tra i “papabili” in caso di rinuncia di Palma), 4 del M5S, 2 della Lega, 2 di Scelta civica più uno ciascuno di Autonomie, Sudisti e Sel.
A favore di Palma hanno votato di sicuro il suo partito, i montiani, il sudtirolese Zeller e Barani (che è sudista, ma in prestito dal Pdl): fanno 11 voti, vale a dire due in meno di quelli effettivamente ottenuti dall’ex ministro.
Di chi sono quei due voti?
Difficile a dirsi: o vengono dal Pd o dalla Lega, schierata ufficialmente su “scheda bianca”. Casson non ha dubbi: “Il Pd ha votato compatto”.
Il Carroccio, spiega una fonte, ha votato Palma dalla seconda votazione alla chetichella. Come che sia, ora la partita è aperta.
Dalla terza votazione infatti, secondo il regolamento, il presidente della commissione si elegge a maggioranza semplice dei presenti: se nessuno la ottiene, si va al ballottaggio tra i due più votati e, in caso di ulteriore parità , vince il più vecchio.
Quindi? Visto che il Cavaliere sembra non voler cedere su Palma, gli scenari possibili sono due: Pd, M5S e Sel continuano con le schede bianche (“e magari uno o due tra i meno barricadieri escono dall’aula”, prevede qualcuno) e dunque Palma viene eletto per quanto in un modo un po’ imbarazzante, oppure i democratici presentano un loro candidato da contrapporre a quello berlusconiano e se la giocano al ballottaggio.
Il nome che circola, nel caso, è quello di Luigi Manconi, non sgradito al centrodestra per le sue posizioni garantiste e che ha pure il vantaggio di essere di due anni più anziano di Palma.
“È chiaro che se insistono su quel nome rischiano il blitz”, ammettono dal gruppo del Pd.
Ma questo candidato alternativo c’è o no? Mistero.
Ieri pomeriggio Felice Casson, dopo una breve chiacchierata coi collegi 5 Stelle, lo dava per certo con le agenzie.
Poi, dicono, è stato invitato a chiarire: non ho mai detto che presenteremo un candidato, ha scritto in una nota, “l’unica dichiarazione che ho fatto è che noi siamo per un candidato condiviso”.
A complicare di più la situazione ci si è messa pure Scelta civica: “Se domani (oggi, ndr) il Pd non garantisce che voterà Palma, allora non lo voteremo nemmeno noi”, dice Gianluca Susta, che siede in commissione assieme ad Andrea Olivero.
L’interessato non si dà pace: “Davvero non capisco la ragione di un simile atteggiamento”.
Farà un passo indietro? “E perchè mai dovrei farlo? C’era stato un accordo che il mio partito ha rispettato anche dopo che il Pd lo aveva violato. E poi di cosa sarei accusato? Di essere berlusconiano? Di non essere preparato? Di essere divisivo?”.
Il gran finale oggi alle 15.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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