Giugno 2nd, 2017 Riccardo Fucile
CERTO, SOLO QUANDO LA BASE VOTA LA CASSIMATIS SI ANNULLA LA VOTAZIONE… GRILLO HA PAURA CHE GLI SALTI L’INCIUCIO CON LA LEGA E CAZZIA FICO E TAVERNA
Ci risiamo. Beppe Grillo torna a cazziare i suoi eletti perchè sono troppo indipendenti. Stavolta nel mirino c’è la legge elettorale e le critiche che sono arrivate nei confronti dell’accordo tra i tre maggiori partiti sul porcellum alla tedesca.
Sul suo blog Beppe scrive il solito post senza nominare nessuno ma colpendo chi ha osato dissentire.
Spiega infatti Beppe che il 95% degli iscritti ha detto sì al sistema elettorale proposto al voto su Rousseau la settimana scorsa; poco gli interessa segnalare che quel sistema nulla c’entra con quello elaborato dal M5S quando aveva fatto la sua proposta politica e nulla c’entra anche con il Legalicum che avevano approntato dopo la sentenza della Corte Costituzionale.
Il MoVimento 5 Stelle chiede di andare al voto dal 4 dicembre e sin da allora abbiamo proposto di approvare una legge elettorale costituzionale che permettesse di farlo. Prima era il Legalicum, ora è il modello tedesco, votato a stragrande maggioranza dai nostri iscritti con oltre il 95% delle preferenze. I portavoce del MoVimento 5 Stelle devono rispettare questo mandato perchè il testo depositato in commissione mercoledì sera corrisponde al sistema votato dai nostri iscritti: proporzionale con 5% di sbarramento e divisione tra seggi proporzionali e collegi uninominali con predominanza dei primi per assegnare i seggi.
Con chi ce l’ha Beppe?
Federico Capurso sulla Stampa ha segnalato la particolare ostilità di Roberto Fico e Paola Taverna riguardo la questione del nuovo accordo sulla legge elettorale:
«L’accordo non è per nulla sancito, non è tutto fatto», avverte da Palermo Roberto Fico, leader M5S dell’ala ortodossa. E le truppe dei duri e puri rispondono alla chiamata. «Questa legge è quasi un mega-Porcellum. Io a quel tavolo non mi sarei nemmeno seduta», tuona la senatrice Paola Taverna nel corso di un’intervista radiofonica. E anche il «voto il prima possibile», mantra di Luigi Di Maio, viene messo in discussione: «Perchè così leviamo al Pd la patata bollente della legge di stabilità , di cui devono prendersi la responsabilità ».
Giova ricordare che già in un’altra occasione Roberto Fico aveva osato dissentire sulla scrittura del programma del M5S, finendo poi massacrato sul blog di Grillo e perdendo poi la voce per qualche giorno dopo la cazziata.
Nell’occasione però Beppe affonda il coltello nella piaga del “lei non sa chi sono io” ricordando a ognuno (ma in particolar modo a chi dissente) che tutti sono utili ma nessuno è indispensabile:
Anche qui il Verbo, per essere pienamente compreso, va interpretato. Ci aiuta a farlo Emanuele Buzzi che sul Corriere della Sera proprio oggi raccontava di una riunione dei parlamentari sulla legge elettorale con tanto di sano terrore per il pericolo di mancata rielezione.
Anche nell’articolo del Corriere gli unici nominati sono Fico e Taverna:
Gli attacchi di Paola Taverna e Roberto Fico all’accordo sulla legge elettorale sono un segnale inequivocabile dell’ala ortodossa, che non apprezza l’intesa. Le esternazioni sono giunte dopo ore arroventate: mercoledì sera si è svolta una riunione congiunta di deputati e senatori in cui sono state spiegate le regole del modello tedesco e i meccanismi per l’elezione. E proprio su questo punto si sarebbe aperta una spaccatura
Molti parlamentari avrebbero compreso i rischi di non essere rieletti derivanti dalla combinazione tra il « tedesco» e le strette regole del Movimento, che fino a oggi prevedono gli over 40 al Senato, vietano le candidature multiple e legano la corsa all’area di residenza. Alcuni big temono la sconfitta nell’uninominale e una cattiva collocazione nella lista del proporzionale, le seconde linee, invece, si sentono spiazzati. Da qui un giro vorticoso di telefonate, chat roventi nei gruppi.
Insomma, anche i grillini si sono accorti che il combinato disposto della nuova legge elettorale, che prevede il paracadute per chi se la rischia nel collegio uninominale, e il divieto delle candidature multiple in vigore nel MoVimento 5 Stelle rischia di lasciare i candidati del collegio uninominale fuori dal parlamento.
Ma Beppe è stato chiaro: “Non ci interessa garantire la rielezione di questo o quell’altro portavoce”. Figuriamoci dei non allineati.
Chi ha orecchie per intendere, intenda.”.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 2nd, 2017 Riccardo Fucile
IL SENSO DELLA GIUSTIZIA PER IL M5S: ALFANO E COTA DOVEVANO DIMETTERSI, LA RAGGI, SE RINVIATA A GIUDIZIO, NO
Che un “codice etico” di parte venga utilizzato per valutare la idoneità a ricoprire cariche pubbliche è cosa risibile o, peggio preoccupante.
Che il codice etico venga modificato “ad usum delphini” quando a cadere nell’occhio delle procure è un proprio un accolito sarebbe ancor più risibile se non fosse un preoccupante segnale di quella che sembra essere l’idea di diritto elastico che i M5S tenterebbero di utilizzare qualora capitasse che arrivino a governare.
Che poi il codice etico porti a conclusioni diverse in presenza di stessi ipotetici reati va oltre il ragionevole e indica un atteggiamento arrogante che potrebbe essere espresso, senza tante manfrine attraverso un pensiero simile: “Insomma, chi si dovrebbe dimettere lo decidiamo noi, a nostra discrezione e non ci rompete troppo le scatole”.
Non è affatto detto che Virginia Raggi, indagata per abuso d’ufficio e falso venga mai rinviata a giudizio.
Per sgombrare il campo da ogni dubbio, la mia idea di diritto è che un rinvio a giudizio non debba essere mai considerato sintomo di colpevolezza, ma che si debba attendere la fine del processo giudiziario prima di trarre qualsiasi conclusione sulla cristallinità dei coinvolti.
Purtroppo i casi di proscioglimenti “per non avere commesso il fatto” o, addirittura “perchè il fatto non sussiste” dovrebbero avere insegnato come capiti con una certa frequenza che nelle maglie della giustizia cadano anche persone innocenti.
Pertanto, dal punto di vista del diritto non mi turba affatto che il M5S si prepari a sostenere la correttezza del permanere in carica di Virginia Raggi anche se fosse rinviata a giudizio.
Dal punto di vista politico, invece, trovo estremamente contraddittorio che una parte del Movimento abbia chiesto con sdegno virginale le dimissioni di un ministro (Angelino Alfano) indagato per abuso di ufficio e ritenga eventualmente ininfluente, per la permanenza in carica di un proprio rappresentante, lo stesso status di “indagata” sempre per abuso d’ufficio (con eventualmente l’aggiunta del carico del falso). Insomma, altro che due pesi e due misure
Non si capisce come il M5S possa avere chiesto, per esempio, le immediate dimissioni dell’ex governatore leghista del Piemonte Roberto Cota quando era indagato per peculato — poi assolto — reato che prevede pene da 6 mesi a 3 anni — mentre si preparava a sostenere la correttezza delle non dimissioni della Raggi ove fosse rinviata a giudizio per falso in atto pubblico, reato che prevede pene da 1 a 6 anni perchè, evidentemente, più grave.
Il dubbio, a questo punto fondato è che alla base dell’indignazione a senso unico non ci siano un reale senso di giustizia, un sussulto di moralità , il desiderio di purezza, ma il meno nobile intento di affabulare i propri elettori.
Così risulta strumentalmente utile allontanarsi dalle evidenze e dalla valutazione dei reati eventualmente commessi, per portarsi nell’area totalmente grigia che è quel “codice etico” che il M5S si è inventato surrogando leggi, codice penale e ordinamento giudiziario e che può essere utilizzato ad personam come conviene. Tanto il codice etico mica deve passare al vaglio dei tribunali.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 2nd, 2017 Riccardo Fucile
LA CRESCITA SBANDIERATA E’ UN’ILLUSIONE DOVUTA AL FATTO CHE I PREZZI SONO CALATI PIU’ VELOCEMENTE DEL PIL CORRENTE
Secondo l’Istat il Pil italiano è cresciuto nel primo trimestre del 2017 di un ragguardevole 0,4% rispetto al trimestre precedente e addirittura dell’1,2% rispetto a primo trimestre del 2016.
I renziani hanno subito festeggiato, anche se non si capisce perchè, visto che al governo c’è Gentiloni (chissà per quanto):
Ma le cose stanno davvero così?
Seguendo le tracce di Mario Seminerio sul blog Phastidio (“Il mistero del Pil gonfiato dal deflatore”) proviamo a spiegarvi come l’Istat è giunta a questa conclusione.
Il Pil (prodotto interno lordo) è una grandezza che indica il valore di beni e servizi prodotti (in un anno o un altro periodo a scelta) in un paese.
Quando si dice che “il Pil è cresciuto dello 0,4%” si sottintende il “Pil reale“, vale a dire quello al netto dell’inflazione.
Ad esempio se in un anno produco un milione di automobili a 10mila euro e l’anno dopo produco le stesse automobili a 11mila euro, in realtà non ho prodotto di più, semplicemente il prezzo è aumentato, cioè c’è stata inflazione.
Quindi il prodotto “reale” è sempre un milione di auto.
Quindi se voglio conoscere il Pil reale devo prendere la somma di quanto pagato per il milione di automobili (che posso misurare direttamente) e sottrarre l’ “inflazione del PIL”.
Infatti per il calcolo del Pil reale non si usa la normale inflazione, quella dei “prezzi al consumo”, perchè bisogna calcolare anche le variazioni dei prezzi di ciò che viene acquistato dalle imprese (ad esempio i macchinari) e dallo stato, mentre bisogna escludere i prezzi di ciò che viene importato (perchè non prodotto nel paese).
Oltre a ciò, il calcolo deve tenere conto della variazione di ciò che viene prodotto (più auto, meno arance, ad esempio) mentre per l’inflazione dei prezzi al consumo il paniere viene rivisto solo molto più raramente e in base ai comportamenti dei consumatori.
L’indice dei prezzi che si usa per “deflazionare” il Pil prende il nome di “deflatore del PIL” e in casi particolari può essere molto diverso da quello dei prezzi al consumo.
Ora ci basta sapere che invece il “Pil ai prezzi correnti” è il temine tecnico per indicare la somma di tutto ciò che viene prodotto usando come unità di misura il prezzo corrente, cioè quello effettivamente pagato.
Quindi se vogliamo sapere di quanto cresce il Pil reale, bisognerà prendere la variazione del Pil ai prezzi correnti e sottrarre l’ “inflazione del PIL”, cioè la variazione del già citato deflatore del Pil. Tutto chiaro? Speriamo.
Ora leggiamo cosa dice l’Istat:
«Rispetto al trimestre precedente, il PIL ai prezzi correnti, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,1%, il deflatore del PIL è diminuito dello 0,6%. Il deflatore della spesa delle famiglie residenti è cresciuto dello 0,7%, mentre quello degli investimenti fissi lordi è diminuito dell’1,6%. Il deflatore delle importazioni è aumentato del 2,1% e quello delle esportazioni dell’1,0%
La crescita sbandierata insomma è quasi un’illusione, dovuta al fatto che i prezzi sono calati più velocemente del Pil corrente, che comunque è calato dello 0,1%. E quando cala il Pil corrente, in poche parole, significa che girano meno soldi. E quando girano meno soldi, chi ha un debito ne risente: ad esempio un imprenditore che ha fatto un debito incassa meno e quindi ha più difficoltà a rimborsare la banca (con tutto quel che ne consegue, come purtroppo ben sappiamo). Non c’è molto da gioire
Se Roma piange, Londra non ride
Tutto ciò avviene mentre però i prezzi al consumo aumentano, in buona parte guidati dalla crescita dei prezzi delle importazioni.
Un salasso per le famiglie che non fa bene all’economia. Un conto infatti sarebbe un’inflazione che aumenta perchè aumentano i salari e perchè l’economia si muove velocemente, tutt’altro è invece lo scenario di un paese in stagnazione la cui inflazione è dovuta alla svalutazione dell’euro e all’aumento del prezzo del petrolio, che ci rendono più poveri.
A proposito di svalutazioni: una dura lezione per i noeuro nostrani arriva dalla Gran Bretagna, dove la crescita si è fermata allo 0,2%, la peggiore dei paesi industrializzati. L’incertezza della Brexit si fa sentire: aumentano i prezzi al consumo e le famiglie ci perdono, mentre da tre mesi calano i prezzi delle case: è la prima volta dalla crisi finanziaria.
Non sorprende che i sondaggi diano in grande rimonta il partito laburista.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 2nd, 2017 Riccardo Fucile
“MOSUL E’ NOSTRA ED E’ ANCHE VOSTRA”
Dei volontari musulmani hanno riparato un monastero cristiano vicino la città irachena di Mosul. Il gesto è opera dei giovani residenti del quartiere di al-Arabic che nell’ultimo anno è stato occupato dai militanti del sedicente Stato Islamico.
Il monastero di St George, di proprietà della Chiesa cattolica caldea, è stato vandalizzato dai militanti dell’Isis: campanile distrutto, finestre frantumate e la croce rimossa.
Secondo un post pubblicato su Facebook dalla pagina “This is Christian Iraq” la mobilitazione dei giovani residenti di religione musulmani non sarebbe altro la prova che : “Mosul è nostra ed anche vostra” e che “le nostre differenze sono la nostra forza”
Come riporta The Irish Times proprio quest’anno, per la prima volta dal 2014, i cristiani di Mosul hanno celebrato la Santa Pasqua.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 2nd, 2017 Riccardo Fucile
IL DISCORSO DI MATTARELLA E L’INNO CANTATO DA BOCELLI
Verso il futuro. Così Sergio Mattarella racconta l’Italia che verrà durante le celebrazioni per la festa del 2 giugno.
Al via la parata per il 71/o anniversario della Repubblica: il capo dello Stato, Sergio Mattarella ha raggiunto via del Fori Imperiali a bordo della Flaminia presidenziale scoperta, e ha preso posto sul palco presidenziale dove sono presenti le massime autorita’ dello Stato.
A rendergli gli onori un reparto di corazzieri a cavallo. Sfilano in circa 4.000, tra militari e civili. E poi: 159 bandiere e stendardi, 14 bande, 51 cavalli, 22 cani e 79 veicoli. In apertura circa 400 sindaci con le loro fasce tricolori e, in prima fila, quelli dei Comuni del Centro Italia colpiti dal terremoto.
Alla parata – il cui motto è “Insieme per il Paese” – partecipano tutte le componenti dello Stato, “all’insegna del senso di appartenenza e dell’orgoglio nazionale”, dicono alla Difesa.
L’Inno nazionale, novità di quest’anno, cantato da Andrea Bocelli, che si è detto “fiero di partecipare”.
Imponenti le misure di sicurezza: bonifiche con artificieri e cani anti-esplosivo, tiratori scelti, varchi d’accesso con metal detector. Circa mille gli uomini delle forze dell’ordine mobilitati.
Sul palco presidenziale allestito a via dei Fori Imperiali per la tradizionale parata militare del 2 Giugno Sergio Mattarella è in compagnia del premier Paolo Gentiloni. Presenti anche moltissimi ministri, vertici militari e autorità locali.
Oltre naturalmente i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Tra i ministri ci sono quello della Difesa Pinotti, dell’Interno Minniti, della Giustizia Orlando, per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno Claudio De Vicenti.
Nel palco si notano anche il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, il sottosegretario Maria Elena Boschi e la Sindaca di Roma Virginia Raggi.
IL DISCORSO DI MATTARELLA
“Nel settantunesimo anniversario della nascita della Repubblica Italiana, rivolgo il mio saluto agli uomini ed alle donne delle nostre Forze Armate ed insieme a loro rendo omaggio ai tanti caduti lungo il difficile e sofferto cammino del nostro Paese verso la libertà e la democrazia. Inizia così il messaggio che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano. “I valori che ci hanno unito il 2 giugno del 1946 – sottolinea – continuano a guidarci per realizzare lo stesso desiderio dei nostri padri: dare alle future generazioni un’Italia in pace, prospera e solidale, in grado di assolvere a un ruolo autorevole e propulsivo all’interno di quella comunità internazionale che abbiamo contribuito a edificare. Le difficoltà che stiamo affrontando, le minacce alla nostra sicurezza e al nostro benessere vanno sostenute con la limpida coscienza dei risultati raggiunti”.
In questo percorso, scrive ancora Mattarella, “ci accompagna la consapevolezza che in un mondo sempre più interdipendente, non potrà esservi vera sicurezza se permarranno focolai di crisi e conflitti; non potrà esservi vero benessere se una parte dell’umanità sarà costretta a vivere nella miseria”.
“Le Forze Armate con convinzione e pieno coinvolgimento – sottolinea – assolvono a questo dovere e hanno contribuito, in questi ultimi decenni, a conseguire risultati straordinari. La loro professionalità , la loro abnegazione, il modo costruttivo ed umano con cui hanno saputo interpretare i compiti quotidianamente svolti in Patria ed in tante regioni del mondo, non privi di rischi, sono alla base della stima e dell’affetto dai quali sono circondate. Un ringraziamento particolarmente sentito va ai militari intervenuti con la Protezione Civile in soccorso alle popolazioni del Centro Italia, duramente e dolorosamente colpite. Il loro impegno testimonia ancora una volta la dedizione delle Forze Armate al Paese e ai suoi cittadini, dei quali sono nobile espressione”. “Ai soldati, marinai, avieri, carabinieri e finanzieri, di ogni ordine e grado ed in modo speciale a quanti in questo giorno di festa sono impegnati nei teatri operativi – conclude il capo dello Stato -, giunga la gratitudine del popolo italiano e mia personale. Viva le Forze Armate, viva la Repubblica!”
(da “Huffingtonpost”)
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