Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
E SEI MESI DOPO SAVOINI INCASSA 150.000 DOLLARI PER AVER SEGNALATO AZIENDE A CUI CONCEDERE APPALTI IN MAROCCO
Prima della Russia, c’è stato il Marocco. 
Gianluca Savoini, l’ex portavoce di Matteo Salvini e presidente dell’associazione Lombardia-Russia, potrebbe essere al centro di un altro caso di corruzione internazionale.
A riportare la storia è Il Fatto Quotidiano: 150mila euro consegnati a Savoini da Mohamed Khabbachi, ex direttore generale dell’agenzia di stampa Mep e uomo del re Mohammed IV per le attività di lobbiyng in Europa.
Siamo a Parigi, nella primavera del 2016. Savoini avrebbe ricevuto la somma di denaro da Khabacci nella sala dell’hotel Le Meridien Etoile, a poche centinai di metri dall’ambasciata del Marocco.
Una sorta di premio per aver fornito alle autorità marocchine una lista di aziende italiane da segnalare per futuri appalti nel Paese nordafricano. Sia Savoini che Khabacci non confermano la vicenda.
L’incontro di Parigi sarebbe stato il “seguito” di un viaggio di Savoini e Salvini in Marocco nel 2015, quando l’allora segretario della Lega incontra una delegazione di ministri marocchini per poi dirsi “entusiasta del Marocco, una terra in cui investire”.
E la consegna di denaro a Savoini ha anche un risvolto cinematografico, con la somma di denaro avvolta in fogli di giornale che cade – e poi viene raccolta – in un bagno turco.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
BLITZ CONTRO LA COSCA LIBRI, 17 ARRESTI TRA CUI CAPOGRUPPO PD E FDI IN REGIONE: “TOTALMENTE AL SERVIZIO DELLA COSCA”
Blitz della Polizia contro la cosca Libri di Reggio Calabria: decine di agenti della squadra mobile di Reggio e dello Sco stanno eseguendo 17 misure cautelari, 12 in carcere e 5 ai domiciliari, chieste dalla Direzione distrettuale antimafia e firmate dal gip. Sono in corso anche una serie di perquisizioni e di sequestri nei confronti di società e imprese.
Gli inquirenti e gli investigatori ipotizzano, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti, porto illegale di arma, tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.
Diversi imprenditori e politici erano completamente al servizio della cosca Libri. “Affermati imprenditori e politici locali e regionali – dicono gli investigatori – erano asserviti totalmente alle volontà dei Libri in qualità di soggetti intranei o concorrenti esterni”.
Tra gli arrestati ci sono il capogruppo del Pd al consiglio regionale della Calabria, Sebastiano “Seby” Romeo (ai domiciliari), e quello di Fdi, Alessandro Nicolò (eletto con FI e poi passato in Fdi).
La cosca, secondo l’accusa, avrebbe svolto un ruolo “centrale” in occasione delle elezioni regionali del 2014. Tra gli indagati in libertà c’è Demetrio Naccari Carlizzi ex consigliere regionale Pd e cognato del sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà , estraneo all’inchiesta.
La Cosca Libri, per lo sviluppo del propri interessi criminali, oltre ad interferire nelle dinamiche economico-imprenditoriali locali, è stata capace “di infiltrarsi in quelle politico-elettorali del territorio cittadino, gestendo un consistente bacino di voti, convogliandoli a favore di soggetti compiacenti, senza esclusione di schieramenti politici, nell’ambito di un rapporto basato sul do ut des, destinato a favorire non solo la singola consorteria, ma il sistema ‘ndranghetistico nel suo complesso”.
I Libri, in particolare, avrebbero saputo elaborare “raffinate strategie finalizzate a consentire l’elezione di soggetti che potessero agire quali loro preposti negli organismi istituzionali”.
Inoltre, l’ascesa politica fino al Consiglio regionale di un politico reggino, secondo gli investigatori, ”è stata costantemente supportata, fin dagli inizi, dalla cosca Libri”. Per quanto riguarda le regionali del 2014, la consorteria “ha convogliato parte del proprio cospicuo bacino di preferenze elettorali, in cambio di favori, verso un politico di Reggio Calabria poi eletto al Consiglio”.
L’inchiesta ha accertato che nel corso degli anni i Libri hanno favorito alcuni imprenditori, apparentemente estranei a qualsiasi contesto mafioso, ma in realtà coinvolti nelle dinamiche dell’organizzazione alla quale “partecipavano attivamente”. Imprenditori che, dicono ancora gli investigatori, assecondando da un lato le strategie d’investimento decise dalla cosca e ricevendo dall’altro importanti finanziamenti occulti, “hanno assunto posizioni di assoluto rilievo” nei settori di cui si occupavano. Di fatto, godevano della protezione della ‘ndrangheta e allo stesso tempo la finanziavano.
Il settore edilizio, quello immobiliare e quello della ristorazione: il blitz della Polizia ha consentito di portare alla luce come l’organizzazione avesse messo le mani su diversi settori economici di Reggio Calabria, attraverso il controllo di diverse società . L’inchiesta della Dda ha inoltre permesso di ricostruire gli assetti e le dinamiche operative dei Libri, una delle “più potenti articolazioni della ‘ndrangheta unitaria” dicono gli investigatori, che controlla a Reggio Calabria i quartieri Cannavò, Condera, Reggio Campi, Modena, Ciccarello, San Giorgio e le frazioni di Gallina, Mosorrofa, Vinco e Pavigliana. Il valore complessivo delle società sequestrate ammonta a diversi milioni di euro.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
NESSUNO ACCUSERA’ SALVINI DI PECULATO D’USO (SONO TUTTI DON ABBONDIO) MA IL PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE E’ SCONTATO PER L’AGENTE (CHE DOVEVA DIRE DI NO)
Spiega oggi Alessandro Mantovani sul Fatto Quotidiano:
Il procedimento disciplinare che sarà aperto alla Questura di Ravenna riguarderà innanzitutto l’agente che ha portato il figlio di Matteo Salvini a fare il giretto sulla moto d’acqua a Milano Marittima.
Ma potrebbe estendersi ai colleghi che con toni arroganti, a volte minacciosi, si rivolgevano al giornalista Valerio Lo Muzio, dicendogli di allontanarsi da quel tratto di spiaggia e di non riprendere la scena che poi è finita su Repubblica.it.
Potrebbe andarci di mezzo qualche agente della scorta di Salvini, particolarmente attivo nel promuovere l’omaggio al figliolo sedicenne del ministro degli Interni.
Come annunciato da “fonti della Questura” faranno tutti gli accertamenti e si vedrà . Astrattamente l’uso privato di un mezzo di servizio in favore di terzi potrebbe anche portare a una denuncia per peculato d’uso
Il trasporto di un passeggero non autorizzato è privo di copertura assicurativa, ma per fortuna non si è fatto male nessuno.
Naturalmente il questore di Ravenna, Rosario Eugenio Russo, si è consultato sul da farsi con i vertici del Dipartimento di pubblica sicurezza. Nella polizia c’è irritazione e imbarazzo. Non tanto per il fatto in sè, che in altri Paesi porterebbe dritto dritto alle dimissioni del ministro mentre da noi “è stato un errore da papà ”mette d’accordo quasi tutti.
Il problema è che la scenetta di Milano Marittima offre l’immagine di una Polizia di Stato sostanzialmente “privatizzata ”, cioè ridotta al personale servizio di un leader politico e dalla macchina della sua propaganda etnico-politica che ha parzialmente sostituito gli uffici stampa istituzionali.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
MA IL M5S NON ERA NATO PER COMBATTERE I PRIVILEGI DELLA KASTA?
C’è qualcosa di più imbarazzante che vedere il figlio del ministro dell’Interno sulla moto d’acqua della polizia? Ma certo che c’è: è il silenzio del MoVimento 5 Stelle sulla vicenda per paura di Salvini.
Il M5S ha improvvisamente perso la voce sulla moto d’acqua di Salvini
A parte il consigliere regionale siciliano Cancelleri, il M5S ieri ha minimizzato oltremodo la questione, quando per anni ha fatto di ogni questione che riguardava l’uso di mezzi di Stato da parte dei politici: dall’Air Force Renzi agli elicotteri per i ministri fino ai voli di Stato.
Sulla moto d’acqua e sul figlio di Salvini la parola d’ordine è: minimizzare. L’altro vice premier Luigi Di Maio, fa sapere Repubblica, non è intervenuto pubblicamente ma ai suoi ha fatto sapere: «Salvini si è scusato, spero che i poliziotti non paghino errori di altri».
Un altro che ha avuto il coraggio di parlare è il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia lamenta: «È un peccato che uomini dello Stato debbano andare dietro a queste cose».
Ma il migliore rimane il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Parenzo a In Onda gli ricorda che il MoVimento 5 Stelle era nato per combattere casta e privilegi e chiede un’opinione sui fatti.
Bonafede è un capolavoro di cerchiobottismo: “Guardi… sinceramente: so che la questura sta facendo le verifiche che deve fare ehhhhhh… ho sentito la dichiarazione del ministro dell’Interno… Mi dispiace perchè secondo me i poliziotti sono stati messi in difficoltà da quella situazione… per quanto riguarda… i giornalisti hanno fatto il lavoro… dopodichè non credo che gli italiani perdano il sonno per sapere se il figlio del ministro Salvini si è fatto un giro sulla moto ad acqua o no. Per me come ministro della Giustizia penso che ci siano italiani che perdano il sonno perchè si trovano alla decima udienza di un processo che non finisce mai…”.
Ma se queste cose non sono importanti, perchè il M5S ci ha campato per anni?
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
“IL CORRIERE” EVIDENZIA LE CONTRADDIZIONI DELLA VERSIONE UFFICIALE
Mario Cerciello Rega era fuori servizio nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, quando è stato
chiamato con Andrea Varriale per il Cavallo di Ritorno di cui era stato vittima Sergio Brugiatelli e che poi ha portato al suo omicidio da parte di Elder Finnegan Lee e Gabriel Natale-Hjorth?
A scriverlo oggi è il Corriere della Sera che ricapitola i punti oscuri della vicenda dopo la conferenza stampa del comandante provinciale dei carabinieri Francesco Gargaro.
Fiorenza Sarzanini racconta che non ci sono video dell’aggressione dei due americani ai due carabinieri.
Spiega poi che generalmente in questi «cavalli di ritorno» il derubato viene mandato all’incontro e i carabinieri restano nascosti. E invece in questo caso viene seguita una diversa procedura, addirittura lasciando la vettura di servizio.
Ufficialmente Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale sono in servizio, presenti all’una di notte in piazza Mastai dove Brugiatelli racconta di essere stato derubato del borsello. Vanno via e poi vengono richiamati quando devono andare con lo stesso Brugiatelli a tentare di recuperare quanto gli è stato portato via.
Ci sono due elementi che sembrano smentire questa versione. Nella sua ordinanza di arresto dei due statunitensi il gip Chiara Gallo afferma che soltanto Varriale è nella piazza.
E ancora: la circostanza rivelata ieri sul fatto che Cerciello fosse senza pistola, potrebbe in realtà nascondere che fosse fuori servizio. E dunque bisognerà chiarire ogni suo spostamento fino alla decisione di coinvolgerlo nell’operazione di recupero.
Se Cerciello Rega aveva dimenticato la pistola in caserma, come mai si è deciso di farlo partecipare comunque all’intervento? Secondo la versione fornita dell’Arma «si tratta di operazioni semplici, ne vengono fatte decine al mese, i rischi sono ridotti al minimo».
Una posizione che stride con quanto dichiarato ieri dal comandante provinciale Francesco Gargaro sul fatto che «quella sera in zona c’erano quattro pattuglie, che non dovevano essere visibili per non pregiudicare l’operazione e sono intervenute pochi minuti dopo».
Infine c’è la questione dell’omissis. Ieri durante la conferenza stampa è stato chiesto perchè c’è un omissis nella risposta di Brugiatelli che descrive cosa c’è dentro lo zaino. La risposta è stata che nell’ordinanza non c’è nessun omissis. Invece l’omissis c’è.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
E’ MORTO A 94 ANNI IL POPOLARE CONDUTTORE E COMICO TELEVISIVO BOLOGNESE…RECITO’ NEL CAPOLAVORO “ITALIANI BRAVA GENTE”
Si è spento nella notte all’hospice di Castel San Piertro, nel Bolognese, l’attore Raffaele Pisu. Aveva 94 anni. Nato a Bologna il 24 maggio del 1925 è stato uno dei più popolari comici e conduttori radiofonici e televisivi nell’Italia del Dopoguerra, nell’epoca del boom televisivo, partecipando a trasmissioni di grande successo nazionale degli Anni Sessanta come “L’amico del giaguaro”, “Ma che domenica amici” e “Senza rete”.
Ex partigiano (durante la guerra venne imprigionato per 15 mesi in un campo di concentramento tedesco), fu uno dei protagonisti del capolavoro cinematografico “Italiani brava gente” di Giuseppe De Santis, del 1965, presentato in versione restaurata all’ultima Festa del Cinema di Roma.
Istrionico, sarcastico, poliedrico: poteva passare dalla recitazione di ruoli drammatici ad animare Provolino, celebre pupazzo televisivo per i bambini degli Anni Settanta.
Ha vissuto almeno altre due giovinezze, in una carriera che ha conosciuto altri due picchi notevoli in successivi momenti. Nel 1989 si fece conoscere dalle nuove generazioni di telespettatori conducendo “Striscia la notizia” su Canale 5 insieme a Ezio Greggio.
Al cinema – dove ha lavorato in 37 film – tornò con “Le conseguenze dell’amore” del futuro Premio Oscar Paolo Sorrentino nel 2004 mentre la sua ultima apparizione da protagonista è stata nella commedia noir “Nobili bugie” del 2018 accanto a Claudia Cardinale e Giancarlo Giannini con il figlio Antonio Pisu alla regia e il figlio naturale, scoperto solo pochi anni prima, Paolo Rossi, come produttore con la Genoma Films (nata proprio dopo questo sorprendente incontro).
L’ennesimo ritorno alle luci della ribalta lo aveva visto nuovamente sotto i riflettori delle principali tramissioni televisive negli ultimi mesi.
Con questa sua nuova famiglia – che lo ha circordato d’affetto fino all’ultimo – era anche stato ricevuto nello scorso autunno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale in udienza privata, in occasione del restauro di “Italiani brava gente”.
La sua città lo ha celebrato nei mesi scorsi con l’onoreficenza della Turrita d’oro e una retrospettiva alla Cineteca.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
UN FALSO DIFFAMATARIO PIENO PURE DI ERRORI, MA CI SONO I COGLIONI RAZZISTI CHE CONDOVIDONO E DIFFONDONO
«Vi ringrazio per tutta la vostra solidarietà all’iniziativa #freenipplesday. Oggi mi appello
nuovamente a voi affinchè anche oggi #facciamorete. Allora propongo per tutti voi massima solidarietà a Finnegan Lee Elder umiliato e abusato dai fascisti italiani» — si legge su Twitter, in una frase pubblicata dall’account Carola Rackette.
Che sia un falso lo si capisce anche dal nome scorretto (il nome vero della capitana della Sea Watch si scrive con una sola t), oltre che dalle inesattezze contenute nel tweet.
Il ragazzo americano bendato è Gabriel Natale Hjorth e non Elder Lee.
Il post è scritto con l’utilizzo dell’hashtag #freenipplesday (la manifestazione lanciata per solidarietà nei confronti della Capitana della Sea Watch, criticata per essersi presentata in procura ad Agrigento senza reggiseno) e con quello dei #facciamorete.
Inoltre, si vede in maniera evidente che la fotografia di Carola Rackete con la benda sugli occhi altro non è che un fotomontaggio.
Eppure, ci sono stati diversi utenti che hanno iniziato a segnalare le frasi della pseudo-Carola Rackete, taggando anche politici come Giorgia Meloni e Matteo Salvini affinchè potessero intervenire per bloccare lo «scempio».
Carola Rackete non ha un account Twitter ufficiale e non ha mai fatto dichiarazioni in merito a quanto accaduto in Italia, con la morte del carabiniere Mario Cerciello Rega per mano di due giovani statunitensi.
Ma ci sono migliaia di coglioni razzisti disposti a condividere qualsiasi falso proveniente dall’internazionale del crimine sovranista.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2019 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA RACCOLTA DA “FANPAGE” SMENTISCE LA VERSIONE UFFICIALE: “CHE CI SONO ANDATI A PRATI SENZA AVVISARE NESSUNO? VARRIALE NON ERA UN OPERATIVO, STAVA IN DIVISA SOLO NELLA SUA ZONA DI COMPETENZA, ANCHE LUI IN BORGHESE E SENZA PISTOLA”… DUBBI SULLA PRESENZA DI ALTRI CARABINIERI IN COPERTURA PRONTI A INTERVENIRE: “LA PRASSI E’ DIVERSA”
La ricostruzione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Finnegan Elder Lee e Gabriel Natale-Hjorth, e le successive note diramate dai carabinieri sulla testimonianza resa da Andrea Varriale, il collega che si trovava con Mario Cerciello Rega al momento del suo omicidio, non hanno ancora fugato ogni dubbio sulla ricostruzione di quanto accaduto quella tragica notte.
Perchè a Trastevere e poi fino in Prati intervento Cerciello e Rega? Perchè da soli? Perchè Sergio Brugiatelli — pregiudicato che vive d’espedienti — dopo aver fatto da intermediario per un acquisto di droga interrotto da dei carabinieri non si fa problemi a chiedere il loro aiuto poco dopo? Brugiatelli era un confidente dei carabinieri?
A confermarlo a Fanpage.it è un ex ufficiale in servizio a lungo proprio nella Stazione Farnese. “Loro stavano a Piazza Farnese, che ci sono arrivati a fare fino in Prati che è lontanissimo dalla loro zona di competenza senza che altri fossero avvisati?”, spiega
E sul ruolo di Brugiatelli non sembra avere dubbi: “Il pusher sicuramente era un informatore dei carabinieri”, dice lapidario. Spiega però cosa intendiamo con informatore: esclude che dentro il cellulare ci potessero essere dati sensibili anche per i militari, spiegando che Sergio Brugiatelli sicuramente era un soggetto in grado di dare informazioni utili al controllo del territorio, ma che si trattava di un pesce piccolo, non in grado di accedere a nessun tipo d’informazione di importante caratura criminale. E allora forse meglio usare il termine “confidente”.
Tutt’altra storia rispetto a quanto riportato da Gargaro, che ha chiarito come i carabinieri intervenuti non conoscessero Brugiatelli, elemento con piccoli precedenti risalenti a 10 anni fa, che non sarebbe dunque da considerare “persona nota”.
La valutazione stupisce, visto che è cosa nota come Brugiatelli stazioni quotidianamente nei luoghi di ritrovo degli sbandati in zona Trastevere. Nessun broker dello spaccio dunque, ma un soggetto che passando la vita in strada nel tentativo di svoltare la giornata è però in grado di fornire informazioni utili.
Forse, proprio per questo, secondo la nostra fonte, si muovono disarmati: “Una leggerezza. Io anche quando fermavo l’ultimo ‘poverino’ a me non me ne fregava un cazzo, tiravo fuori la pistola, ‘se vuoi mi denunci gli dicevo’ ma adesso ti metti in ginocchio e le mani dietro la testa. Li perquisivo così”.
E se il carabiniere ci racconta una prassi non certo consona e rituale, l’ex ufficiale non si capacità in ogni caso che non ci fossero carabinieri mobilitati sul luogo dell’appuntamento in grado di intervenire.
In merito a questo è stato confermato che Cerciello ha “dimenticato l’arma nell’armadietto, o non l’ha portata con sè per motivi che solo lui conosceva”. L’avrebbe avuta con sè invece Varriale: perchè allora non la usa per minacciare Elder e non prova neanche ad estrarla?
“Il carabiniere in questione prestava il servizio in divisa, solo nella sua zona di competenza, è andato in borghese e senza pistola, non era un operativo”, aggiunge l’ex ufficiale.
Su questo punto Gargaro al contrario ha spiegato che il controllo in borghese delle strade è routine nella zona di Trastevere, che Cerciello e Varriale erano sicuramente in servizio e che sono entrati in azione con quattro pattuglie attive nelle circostanze del luogo dell’incontro di Prati. Pattuglie che però non riescono a fermare la fuga dei due giovani che riparano nell’hotel senza essere visti. Gazzelle e carabinieri che se presenti non è chiaro se fossero disposte in copertura dell’operazione condotta dal vice brigadiere e dal suo collega.
(da “Fanpage”)
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Luglio 30th, 2019 Riccardo Fucile
LE SCUSE DA “PAPA” NON SERVONO A UNA MAZZA, TOLGA IL DISTURBO… SE SI CONSIDERA IL PADRE DI 60 MILIONI DI ITALIANI LA POLIZIA DI STATO DIA UN PASSAGGIO A TUTTI
Mai si era visto un figlio del ministro dell’Interno salire su uno scooter ad acqua della Polizia di
Stato, farsi un giro in mare, scorrazzato da un agente, con papà “Matteo”, torso nudo, e solita sicumera, che sulla spiaggia non si scompone, impegnato a giocare a pallone, per poi tirare la palla verso il mare.
Matteo Salvini è costretto alle scuse, “errore mio di papà ” è la formula usata, e anche questo è un inedito per il Capitano leghista.
Succede tutto al Papeete Beach, in un pomeriggio di luglio. Matteo Salvini è a Milano Marittima, con i figli per la consueta vacanza di fine luglio. E, come sempre, staziona nel solito lido. A un certo punto, succede una cosa inusuale, inopportuna, se siedi al Viminale.
Sulla battigia ci sono una serie di scooter ad acqua della Polizia di Stato. Il Capitano della Lega sta giocando a pallone con il figlio adolescente. Poi si ferma, lancia la palla verso il mare, e sussurra agli agenti: “Va bene, va bene, io vado sotto l’ombrellone”. Ecco, in quell’istante Salvini junior entra in acqua e sale su una moto della Polizia, alla cui guida c’è un agente.
Il tutto viene filmato a distanza da un videomaker di Repubblica. Ma quest’ultimo viene preso di mira da due uomini, che si qualificano come poliziotti. Al punto da cercare di bloccarlo. “Non riprendere”, avverte uno dei due. “O la abbassi, o te la levamo”, insiste l’altro con marcato accento romano. “Ma io sono un giornalista”, si difende il videomaker. Comincia a quel punto un vero e proprio diverbio.
Con i due uomini che minacciano il cronista: “Le moto sono della polizia”. E ancora: “Mi daresti per cortesia un documento”. Per circa due minuti il figlio di Salvini si aggira in acqua scooter a ridosso della spiaggia. Armato di salvagente, segue le indicazioni del poliziotto alla guida. Eppure in spiaggia lo scontro non si ferma.
Gli agenti continuano a minacciare il videomaker: “Non riprenda un mezzo della polizia di Stato”. “Ma è un luogo pubblico. Per quale motivo non lo posso fare?”, controreplica il cronista. “Da poliziotto le sto dicendo che non lo può fare, perchè ci mette in difficoltà ”. “Ma chi c’è in quella moto?”, è la domanda del cronista. “Un collega, da solo”. “Ma sono in due”, è la precisazione del videomaker. “Appunto”. “Io non so se lei è un poliziotto”, è l’accusa. “Io infatti non le ho chiesto il documento”. “Ma lei mi ha detto che è un poliziotto”. “Se poi vieni con me, ti faccio dire chi sono”. “Ti sto dicendo di non riprendere la privacy delle persone”. Mentre si consuma questa scena, qualcuno chiama insistentemente il pilota della moto, invitandolo a ritornare verso la battigia, ma con una accortezza: il rientro deve avvenire in un punto della spiaggia distante dalla telecamera.
Fin qui la cronaca dal Papeete Beach. Poi succede di tutto. Che la Questura di Ravenna avvia “un accertamento per un eventuale utilizzo improprio dei mezzi dell’amministrazione”. E che scoppi il caso politico.
Il Pd ribolle. Il primo è Emanuele Fiano: “I mezzi della Polizia servono per garantire la nostra sicurezza, non per far divertire la famiglia del Salvini di turno, e i poliziotti non possono essere messi in difficoltà dalla deferenza verso il Ministro con rischi per loro e per il ragazzo”. Seguono dichiarazioni al vetriolo di Maria Elena Boschi, “spero che questa notizia sia falsa. E che Salvini la smentisca subito”. E ancora: “Dopo il Trota — attacca +Europa – continua la saga dei figli dei segretari della Lega che imbarazzano l’Italia”. Ed è un imbarazzo che cresce minuto dopo minuto.
L’impressione è che questa volta l’inquilino del Viminale abbia superato il limite. Perchè una cosa del genere non si era mai vista. Ecco perchè, a sera, dopo questo profluvio di critiche, Salvini rompe il silenzio e, per la prima volta, ammette l’errore e chiede scusa: “Mio figlio sulla moto d’acqua della Polizia? Errore mio da papà , nessuna responsabilità va data ai poliziotti, che anzi ringrazio perchè ogni giorno rischiano la vita per il nostro Paese”.
Matteo Salvini è costretto alle scuse, ma ancora una volta alimenta due preoccupazioni: da un lato dà nuovamente prova di non comprendere fino in fondo l’importanza del suo ruolo, dall’altro lato sembra considerarsi “legibus solutus” e quindi al di sopra delle leggi, capace di fare e disfare con leggerezza anche oltre le regole e il sentire comune. Anche nello scusarsi, poi, il vice premier recupera la retorica del leader paternalistico. “I miei figli sono 60 milioni di italiani” ha avuto modo di dire nel recente passato. La speranza è che la Polizia di Stato non debba dare un passaggio a tutti.
(da “Huffingtonpost“)
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