A CENA CON IMER, IL ROM CHE RESISTE A CASAL BRUCIATO: “IL PAPA MI HA DETTO: QUELLA E’ CASA VOSTRA, RESISTETEâ€
PRIMA USCITA SENZA ASSEDIO: “SIAMO TUTTI UGUALI DAVANTI A DIO, VOGLIO FARE UNA FESTA, DESIDERO CHE I MIEI FIGLI GIOCHINO CON QUELLI DEI VICINI”
“Io prendo una pizza margherita”, annuncia Imer affamato. “Mange isto”, cioè “anche io”, rispondono in coro Agan, lo zio, e Tajso, il cugino.
“Eccolo, guarda il rosario che mi ha regalato il Papa”, continua Imer mentre sgrana la corona con il sorriso stampato in faccia. “Incontrare il Papa è stato bellissimo. Io sono musulmano, ma non c’entra: siamo tutti uguali davanti a Dio”.
Cosa vi ha detto? “Ci ha detto: ‘quella casa è vostra, è un vostro diritto: resistete!’”.
E loro resistono: i rom di Casal Bruciato hanno resistito agli insulti, alle minacce, alle aggressioni. E anche al tira e molla politico nel quale, senza saperlo, sono finiti. “Prima i condomini ci dicevano tante cose brutte – racconta il bosniaco, marito di Senada e padre di 12 bambini -. Ma ora si sono calmati: il Papa ha fatto il miracolo….speriamo”, conclude tra le risate di noi commensali.
Sono passate poche ore dall’incontro tra la famiglia Omerovic e il Pontefice, e in via Satta sembra essere tornato il sereno. Le bandiere tricolore affisse dagli abitanti in segno di protesta, ora sventolano stanche.
Le camionette della polizia non ci sono più, solo qualche agente in borghese segue a pochi metri di distanza Imer, suo zio e il cugino.
Nel grande cortile diventato palcoscenico della cronaca dell’ultima settimana c’è un gruppo di 15 persone che, riunito attorno ad un tavolo, festeggia un compleanno cantando “La società dei magnaccioni” dell’indimenticato Lando Fiorini.
Imer non conosce il ritornello e per un attimo si blocca: teme ancora gli insulti. “Vieni, tranquillo, scemo!”, gli urla Patrizia, l’instancabile mediatrice di Opera Nomadi, che ormai non ha più voce. “Anche io voglio fare una grande festa con i miei vicini. Mettiamo due-tre tavoli, mangiamo insieme”, prende coraggio l’uomo. “Voglio che i miei figli giochino con i loro figli, che stanno insieme!”.
Facciamo una passeggiata, cerchiamo un ristorante nelle strade adiacenti. “Non mangio da giorni”, ci confessa Imer ricordando che l’ultimo morso dato a un panino risale a mercoledì. Ne son successe di cose nel mentre. “Lo sai cosa ha detto Senada, mia moglie? ‘Noi incontriamo il Papa: siamo delle star’”, racconta il capofamiglia.
Senada è voluta rimanere a casa con la figlia Violetta, di due anni. Ha subito di tutto e, forse, nella famiglia bosniaca è quella che ha bisogno di più tempo e cure per recuperare. “Adesso sta un po’ meglio, Francesco ci ha dato la forza e il coraggio”. Sono appena le nove di sera e una pizzeria vicino via Satta ha già chiuso, quindi decidiamo di spostarci in macchina, sulla Tiburtina.
Ora Imer ha il volto disteso, sereno. Gli occhi, complice il sonno perso e la stanchezza accumulata, ogni tanto si chiudono. “Io prendo una margherita”, annuncia. A ruota lo seguono Agan, suo zio di 63 anni, e il giovane Tjaso, il cugino, sulla ventina. La famiglia di rom è musulmana e rispetta il Ramadan, iniziato il 5 maggio.
Il sole è ormai calato e possono concedersi il primo vero pasto. “I miei figli che sono tornati alla Barbuta hanno visto le mie foto con il Papa e mi hanno detto: ‘complimenti papà ‘”. Non li vede da
quattro giorni, dopo aver deciso di metterli al sicuro al campo, lasciando con sè solo il maggiore e la piccola Violetta. “Da domani inizio a portare i mobili, i nostri vestiti”. Un primo passo verso la normalità . “Devono metterci la corrente!”, contrattacca Patrizia, la volontaria che pensa sempre alla prossima battaglia da affrontare. Sul suo viso la stanchezza è evidente, ma nei suoi occhi si nasconde una gioia infinita.
(da “La Repubblica”)
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