ARTICOLO 18, IL PARADOSSO DELL’ABUSO
LA RIFORMA NON SOLO CONTEMPLA GLI ABUSI, MA RIDUCE LA PUNIZIONE RISPETTO A PRIMA
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha detto giovedì scorso che nella riforma sul lavoro ci sarà una apposita norma per evitare che vengano commessi abusi nei licenziamenti individuali motivati da ragioni economiche.
Ma che cosa prevede la riforma per questo tipo di licenziamenti?
Prevede che se il giudice dimostra che non esiste un giustificato motivo economico per espellere uno o più lavoratori, scatta l’indennizzo al posto del reintegro.
Ma se si scopre che il datore di lavoro ha licenziato senza giustificato motivo, allora significa che ha commesso un abuso, perchè evidentemente lo scopo del licenziamento era un altro.
E rispetto a quell’abuso, il governo che fa?
Riduce la punizione per il datore di lavoro abusante, cioè gli consente comunque di espellere il lavoratore previo pagamento di un indennizzo.
Dunque, in conclusione, la riforma non solo contempla gli abusi ma ne riduce la punizione rispetto a prima.
E allora che senso ha dire che verranno introdotte norme per evitare gli abusi?
Il paradosso ( o se vogliamo la beffa) nasce dal fatto che, diversamente da quel che può sembrare, la riforma non stabilisce cosa deve succedere se un licenziamento è giustificato in un certo modo (ad esempio per motivi economici o disciplinari), ma stabilisce che cosa deve succedere esattamente nel caso opposto, cioè se un licenziamento non è giustificato per quegli stessi motivi.
In altre parole non regola il “giusto” licenziamento ma regola (favorendolo) proprio il suo abuso.
Marco Ruffolo
(da “la Repubblica”)
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