AVANTI! C’È TRUFFA: INDAGATI LAVITOLA E DE GREGORIO PER AVER GONFIATO LE VENDITE DEL GIORNALE E INCASSATO 23 MILIONI DI EURO DALLO STATO
IN MANO AI PM QUATTRO CONTAINER PIENI DI DOCUMENTI, MA PER CONSULTARLI CI VUOLE L’AUTORIZZAZIONE DEL SENATO
Per dodici anni il Dipartimento dell’Editoria della Presidenza del Consiglio è stato il generoso bancomat di Sergio De Gregorio e Valter Lavitola.
Il senatore e il faccendiere amico di Berlusconi, uniti nella lotta: succhiare quanti più soldi possibile al contribuente italiano.
Una cifra enorme: 23.200.641,34 euro, il tutto per finanziare un giornale dal passato glorioso e dal presente truffaldino: L’Avanti!
È questo il cuore dell’inchiesta dei pm napoletani Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, che ieri hanno avanzato una richiesta di sequestro di carte e documenti riconducibili al senatore De Gregorio, accusato, in concorso con Lavitola, di truffa e false fatturazioni .
Un passato da giornalista d’assalto e in odore di eccessiva vicinanza ai “servizi”, De Gregorio tenta la scalata politica facendo il giro di diversi partiti, nel ’96 conquista un seggio al Senato grazie a Di Pietro, che tradirà pochi mesi dopo per approdare alla corte di Berlusconi.
Ma il suo capolavoro politico-affaristico si chiama Italiani nel mondo, un ginepraio di sigle, società , marchi.
“Una vasta galassia”, la definiscono i pm napoletani, che a un certo punto diventa una fabbrica di fatture farlocche per prestazioni professionali e forniture inesistenti per l’Avanti!.
L’obiettivo del “pacco” rifilato alla Presidenza del Consiglio era quello di truccare i dati sulla “tiratura delle copie vendute o quelli sulla diffusione” del quotidiano.
Carte e documenti che asserivano la vendita del giornale grazie alle “vendite in blocco” e allo “strillonaggio”.
Un sistema oleato, collaudato, che ha funzionato dal 1997 fino al 2009.
Le prove sono nella marea di documenti, computer, schede e archivi, che il senatore De Gregorio ha depositato in ben quattro container.
I magistrati potranno aprirli, ma solo dopo l’autorizzazione del Senato.
Altre carte sono sparite, volatilizzate, come ha ammesso Roberto Cristiano, sodale di De Gregorio, e legale rappresentante della Bvp.
Si tratta dei documenti relativi alle società Bvp Broadcast video press (in fallimento) e Aria Nagel & associati, che avrebbe fornito il cosiddetto servizio di strillonaggio per la diffusione dell’Avanti!.
Quando i finanzieri si presentano da Cristiano per avere carte e documenti, questi allarga le braccia sconsolato.
Le carte non ci sono più, si sono perse.
Ovviamente di questa dolorosa scomparsa di documenti così delicati non esiste alcuna denuncia. “Me ne sono avveduto recentissimamente”, è la risposta del candido collaboratore del senatore.
I pm napoletani sono certi che “la documentazione contabile ed extracontabile delle società non è stata esibita e che la stessa può essere stata verosimilmente occultata, al fine di impedire la ricostruzione effettiva dei rapporti finanziari e commerciali tra le predette società e la International Press (che editava l’Avanti!, ndr)”.
Faldoni e libri contabili sono nei 4 container del senatore De Gregorio, “luogo ideale — scrivono i magistrati — per l’occultamento della documentazione”.
Una storia squallida, di pacchi, paccotti e contropaccotti, ideata e portata avanti da De Gregorio e Lavitola, il senatore e il faccendiere-pescatore-editore.
Una corona di società dai nomi altisonanti e dai fallimenti certi. Il senatore e il faccendiere “distraevano, occultavano, distruggevano o dissipavano in tutto o in parte i beni della Bvp. Compivano più operazioni dolose che aggravavano il dissesto della società e ne cagionavano il fallimento”. In più distruggevano , occultavano e falsificavano le scritture contabili obbligatorie per legge per rendere impossibile la ricostruzione e il movimento degli affari.
Il tutto per nascondere i business che si facevano all’ombra dell’ex quotidiano socialista e delle due società editrici (prima la Alfa Press e poi la International Press) la cui gestione “è stata caratterizzata dalla commissione di un numero rilevantissimo di illeciti che hanno determinato gravi danni al pubblico erario”.
Sono almeno sei le società riconducibili al senatore De Gregorio, buona parte operanti nel settore tv, pubblicità , ma anche spettacolo e vendita all’ingrosso di abbigliamento.
Una è fallita, due sono in liquidazione volontaria, le altre formano la galassia di Italiani nel mondo.
Poi ci sono società “solo apparentemente terze”, ma in realtà , scrivono i pm, riconducibili a De Gregorio e Lavitola.
Il senatore, ovviamente si dichiara estraneo all’affare e si dice disponibile a rinunciare alle sue prerogative parlamentari.
Questa volta De Gregorio sa che rischia molto.
I magistrati di Napoli, infatti, cercano non solo i complici che hanno favorito l’assalto ai fondi dell’editoria, ma stanno anche spulciando nei fallimenti delle società per verificare se sono state commesse “condotte inquadrabili nella fattispecie della bancarotta patrimoniale e documentale”.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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