AVERE IL NOME SULLA LISTA: L’ULTIMA BATTAGLIA DI BERLUSCONI
LA GIUNTA SI APPRESTA A CACCIARLO DAL SENATO, LE URNE SONO UN MIRAGGIO, E NITTO PALMA SUGGERISCE DI ATTACCARSI AL TAR
Mai come stavolta l’intreccio tra le faccende private di Silvio Berlusconi e la vita del Paese ha prodotto un groviglio praticamente inestricabile: la decadenza dal seggio e la vita del governo, la richiesta di un salvacondotto e la candidatura di Marina, la minaccia del voto anticipato e la decisione della Consulta sull’incostituzionalità del Porcellum shakerate con la sua incandidabilità .
Un bailamme incomprensibile. In attesa della “soluzione alessandrina” al nodo berlusconiano, ecco un piccolo riassunto della situazione.
Ineleggibilità .
A stare alle dichiarazioni del Pd (ieri, per dire, il capogruppo Speranza e il ministro Delrio), per l’ex Cavaliere non c’è speranza di sfangarla: alla fine l’aula del Senato voterà — entro ottobre, pare — la sua decadenza dal mandato parlamentare sulla base del decreto legislativo Severino (è ineleggibile chiunque sia stato condannato a due anni).
Questo in attesa che la Corte d’Appello di Milano riveda la sentenza sull’interdizione dai pubblici uffici, altro motivo di decadenza.
Il salvacondotto.
Il famoso segnale sull’agibilità politica di Berlusconi non arriva e probabilmente non arriverà nemmeno col colloquio tra Gianni Letta e il capo dello Stato previsto domani. Il Quirinale non può e non vuole fare nulla in questo momento: “Analfabetismo istituzionale”, è il commento che venne riservato dal Colle a chi chiedeva la grazia subito dopo la condanna del leader del Pdl.
Incandidabilità .
È la questione che più preme all’ex premier e ai suoi colonnelli: se non sarà in lista al prossimo giro, la sua carriera politica è finita e per i suoi sono dolori (meno voti e una successione che prefigura già l’implosione del partito).
Le speranze, per il nostro, sono al lumicino pure qui.
Ieri il presidente della Giunta per le elezioni del Senato, Dario Stefà no, è stato netto: “In caso di nuove elezioni Berlusconi non si può candidare”. Il dlgs Severino è infatti molto chiaro: all’articolo 2 prevede che, sempre per una condanna superiore ai due anni, siano gli Uffici elettorali costituiti presso i tribunali (per la Camera) e le Corti d’Appello (per il Senato) a depennare l’incandidabile “in occasione della presentazione delle liste ed entro il termine per la loro ammissione”, “anche d’ufficio”
Il problema è che solo il nome di Silvio Berlusconi sulla scheda è la soluzione che mette tutti d’accordo e per questo i “tecnici” del Pdl stanno studiando le soluzioni possibili: “Quando uno si trova in una situazione di incandidabilità — ha spiegato ieri l’ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma — la Corte d’Appello deve sospenderlo dalle liste elettorali, ma si può agire davanti al giudice amministrativo. Alla fine è molto probabile che il Tar respingerà il ricorso visto che la legge Severino sul punto è chiarissima, ma si può fare”.
Tradotto: se si va subito ad elezioni si impedisce alla Giunta un pronunciamento di ineleggibilità , poi si ricorre al Tar contro l’Ufficio elettorale e si chiede di sospendere quella decisione in attesa della sentenza di merito .
Quest’ultima sarà sfavorevole, ma intanto il nome finisce sulla scheda e Silvio può farsi la sua campagna elettorale.
A quel punto, forte dei suoi milioni di voti, Berlusconi invocherà la forza del voto popolare che tutto guarisce.
Un po’ arzigogolato — e quasi impossibile visto che il Tar non è competente sulle elezioni politiche — ma è l’unica possibilità che resta.
A meno che non si dia retta a Calderoli: “Per me è eleggibile e basta”.
Legge elettorale.
È l’altro corno del dilemma del voto anticipato. Napolitano ha già fatto sapere che non si voterà col Porcellum, su cui peraltro pende una decisione della Consulta (9 dicembre), che probabilmente riterrà incostituzionale il premio di maggioranza trasformando così la legge elettorale in un proporzionale puro.
Tra Pd e Pdl, però, non c’è accordo sulle modifiche: i democratici propongono un premio automatico per chi supera una soglia minima di voti (40 o 45%) o, se nessuno la raggiunge, l’assegnazione tramite un ballottaggio tra le prime due liste.
Il centrodestra vuole, invece, solo la soglia minima: con le percentuali di oggi, significherebbe le larghe intese per sempre.
Questo, in ogni caso, comporta che la finestra elettorale più probabile è tra febbraio e marzo 2014, ma con un Berlusconi ormai agli arresti domiciliari e da mesi fuori dal Senato.
Se pure ci fosse un accordo sulla rapida approvazione della nuova legge, diciamo entro ottobre, non si potrebbe comunque votare prima di dicembre, con l’ex Cavaliere sempre nella situazione di cui sopra. In mezzo, per dire, c’è da approvare la Finanziaria.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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