BERLUSCONI: “SE MI CONDANNANO IL GOVERNO E’ FINITOâ€
IL PDL SI RICOMPATTA PER NECESSITA’: “NE’ FALCHI, NE’ COLOMBE, DIVENTIAMO TUTTI IENE”
È la prova finale del «complotto». E in queste condizioni, con la condanna definitiva alle porte, «da agosto è impossibile andare avanti».
La notizia gela Silvio Berlusconi a ora di pranzo, mentre sta per lasciare Arcore e rientrare a Roma dopo due settimane di assenza e silenzio.
«Come nel ’94, un’anticipazione del Corriere della Sera, i giudici che si muovono per mandarmi presto in galera».
Il silenzio pubblico continua, ma tra le mura di Palazzo Grazioli è un fiume in piena.
Le evocazioni sono le più cupe, parla di un nuovo Piazzale Loreto». E poi: «Vorrebbero che scappassi come Craxi, ma io resisto e, se pure condannato, non mi dimetterò ».
Un Cavaliere fuori di sè.
Pronto a portare in Parlamento l’eventuale detenzione, aprire un conflitto di attribuzioni istituzionale dopo il 30.
Già , dopo il 30 luglio. Cosa ne sarà del governo Letta dopo la lettura del dispositivo della Cassazione su Mediaset?
Ora «tutto può succedere», è la risposta che si sono sentiti ripetere tutti gli interlocutori di un Cavaliere che è apparso segnato dall’accelerazione imposta a sorpresa.
Per la prima volta dopo tanto tempo è tornato a «non escludere conseguenze » sul governo.
«È evidente che il clima di pacificazione e il nostro sacrificio non sono serviti a fermare la persecuzione» è il suo ragionamento.
Detto questo, il leader Pdl non si sogna di staccare la spina ora sull’eventuale condanna, andrà fatto eventualmente sui nodi economici irrisolti, tra agosto e settembre.
E a quel punto, Berlusconi è convinto di trovare in Matteo Renzi, destinato a entrare in campo a ottobre, un potenziale “alleato”: «Vedrete, sarà anche suo interesse anticipare il voto».
Ma solo allora, non prima. Così, quando nel pomeriggio Brunetta decide di scatenare da subito la guerriglia parlamentare contro il governo, cercando il sostegno dei falchi, si vede piombare a Montecitorio Denis Verdini, come poi farà Paolo Romani al Senato.
L’ordine di scuderia del capo è di tutt’altro tenore. Calma e sangue freddo.
Il capogruppo deve mettere da parte le rappresaglie ideate: dalle astensioni al “no” del Pdl a provvedimenti del governo in votazione in aula. Da subito.
Ma è l’intero scenario politico a mutare nell’arco di un pomeriggio.
Perchè il clima elettrico che si respira in Transatlantico – mentre fuori imperversa l’ennesimo acquazzone tropicale di questa strana estate romana – attraversa anche i divanetti occupati solitamente dai deputati Pd.
Lasegreteria Epifani che pure rassicura sulla tenuta dell’esecutivo, teme in realtà che il quadro precipiti.
I dirigenti democratici si chiedono fino a che punto Berlusconi manterrà la linea filogovernativa. E se, in caso di crisi, si creeranno le condizioni per dar vita a una nuova maggioranza col Movimento 5 stelle.
Perchè l’alternativa è prepararsi a una campagna elettorale imminente, magari subito dopo la pausa estiva.
A quel punto, altro che congresso entro la fine dell’anno. Renzi del resto è già in pista.
E quanto il quadro sia terremotato lo si comprenderà poi in serata, quando i 97 deputati del gruppo Pdl si riuniscono nel loroparlamentino per decidere che «azione eclatante» compiere in attesa della sentenza.
Berlusconi avrebbe dovuto partecipare, per riprendere in mano un partito spaccato tra falchi e colombe, dopo la notizia non ve ne sarà più bisogno.
Sono ormai tutti falchi, divisi al più tra chi invoca le urne immediate e chi le dimissioni in massa. Verdini e Santanchè, come pure Alfano, sono gli unici ad averlo incontrato nel pomeriggio, prima di andare a riferire alla platea di deputati.
Il segretario e vicepremier è più sereno all’inizio, si fa sempre più cupo con l’incalzare degli interventi.
La Santanchè chiede proprio a lui libertà di «azione» in difesa di Berlusconi, manifestazione di massa o altro purchè si agisca. Galan dice basta ai «compromessi », dimissioni di massa e subito al voto.
Ma «guai a toccare il governo», prova a far muro Cicchitto. Il dibattito interno si infiamma.
La Gelmini sostiene davanti a tutti di essere pronta a rassegnare le dimissioni nelle mani del leader, se sarà necessario.
Verdini come al solito tranchant: dice che bisogna coinvolgere il popolo, l’elettorato, «perchè rendiamo conto solo a loro». Poi sbotta il mite Rotondi: «Andiamo tutti davanti al Quirinale e piantiamoci lì, non basta la piazza, deve intervenire il capo dello Stato contro questa persecuzione ».
Toni non da meno dai membri del governo, come la «fedelissima» berlusconiana Biancofiore: «Subito la riforma della giustizia in Consiglio dei ministri o non ha senso andare avanti».
Alla fine si fa largo l’ipotesi dell’assemblea permanente per bloccare i lavori d’aula.
Che in caso di condanna, dopo il 30, potrebbe degenerare fino all’occupazione delle aule parlamentari, se non in manifestazioni davanti alle Camere o davanti la stessa Cassazione. Stasera il copione si ripeterà al gruppo Pdl del Senato.
Berlusconi resterà chiuso nel fortino di Grazioli, a pochi metri da lì.
Ma da qui al 30 “Nè falchi nè colombe, diventiamo tutti iene”
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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