BERLUSCONI: “TENIAMOCI IL PORCELLUM. BASTA MODIFICARE IL PREMIOâ€
TRAMONTATA LA CONVENZIONE, VIENE DI FATTO ARCHIVIATA LA RIFORMA ELETTORALE: IN ATTESA DI TEMPI MIGLIORI
«Io resto convinto del fatto che le riforme costituzionali debbano procedere insieme alla riforma elettorale». Quando nel vertice di maggioranza a Palazzo Chigi, si è passati a discutere anche del capitolo riforme, Enrico Letta ha messo in chiaro la posizione del governo.
Per Letta è meglio lasciare la riforma del Porcellum in coda al processo costituente, senza inutili accelerazioni.
Tanto più che ripristinare la legge Mattarella è un’operazione che potrebbe essere portata a termine in pochi giorni se proprio si vedesse all’orizzonte il voto anticipato. Un interesse, questo di Enrico Letta, che coincide con quello di Berlusconi, anche se con motivazioni molto diverse.
Il leader del Pdl è infatti ancora affezionato al Porcellum, una legge che in cuor suo ritiene la migliore possibile «se solo si attribuisse al Senato un premio di maggioranza unico come alla Camera».
E punta a tornare al voto fra un anno proprio con la vecchia creatura che Calderoli e Verdini copiarono dalla legge toscana.
Per assicurarsi un’ampia maggioranza che lo possa lanciare verso il Colle più alto.
Ci sono ragionevoli spiegazioni tecniche per giustificare la prudenza con cui Letta intende affrontare la riforma del Porcellum.
Una cautela che confligge con quanto dichiarato ieri da Anna Finocchiaro e dieci giorni fa da Massimo D’Alema (ovvero che sarebbe meglio abrogare «immediatamente e preliminarmente» la legge elettorale esistente per evitare il rischio di tornare a votare con la legge Calderoli).
Da palazzo Chigi gli uomini del premier elencano una a una queste motivazioni, la più semplice delle quali è che, volendo ridurre il numero dei parlamentari, non avrebbe senso ripristinare il vecchio Mattarellum con i suoi 475 collegi uninominali fissi per la Camera e 232 per il Senato, oltre ai seggi assegnati con il proporzionale.
Molto meglio attendere la riforma della Costituzione, come va predicando il ministro Gaetano Quagliariello.
Ma la vera ragione che ha spinto Letta a uscire allo scoperto, a costo di mettersi contro una parte del suo stesso partito, è il timore che la riforma elettorale, se messa subito in cantiere, possa essere un potente elemento di destabilizzazione della sua maggioranza. «Già siamo esposti a ogni corrente d’aria – riassume un lettiano di stretta osservanza – e se ci mettiamo pure a terremotare il Parlamento con unanuova legge elettorale rischiamo soltanto di indebolire il governo».
L’esperto di riforme del Pd Gianclaudio Bressa, vicino al ministro Franceschini, la pensa allo stesso modo: «Lo dico con franchezza, sono più d’accordo con Quagliariello che con la Finocchiaro. Mettersi a parlare ora della legge elettorale significa cacciare una spina nel fianco al governo».
Tanto più che il governo, in balia delle fibrillazioni indotte dalla crisi del Pd e dai processi di Berlusconi, già sembra abbastanza debole di suo.
Basta vedere cosa accadrà oggi quando, come sembra, il ministro dell’Interno Angelino Alfano farà la sua apparizione a Brescia alla manifestazione del Cavaliere contro la magistratura.
Per “proteggere” il percorso costituzionale e renderlo più spedito Letta, Quagliariello e Franceschini le stanno studiando tutte.
Tramontata definitivamente la Convenzione per le riforme, non resta che affidarsi alla procedura ordinaria dell’articolo 138 della Costituzione.
E tuttavia potrebbe esserci una sorpresa.
Studiando il caso francese, il governo ha in mente di affiancare alle commissioni affari costituzionali un gruppo ristretto di saggi.
Il modello è quello del “comitato Balladur”: nel 2007 tredici personalità lavorarono per tre mesi e presentarono a Sarkozy e al Parlamento una dettagliata proposta di riforma costituzionale.
Insomma, sarebbe un organismo specializzato ma soltanto consultivo e dunque non solleverebbe le obiezioni costituzionali della defunta Convenzione.
Anche di questo Quagliariello ha discusso ieri al Quirinale con il capo dello Stato, anticipandogli le proposte che illustrerà al seminario di governo a Sarteano.
Per una riforma costituzionale ancora da stabilire, ce n’è un’altra che marcia spedita con il pungolo di palazzo Chigi.
È la riforma dei regolamenti parlamentari, per consentire al governo di avere tempi certi sui suoi provvedimenti, evitando così il ricorso abnorme ai decreti e alla fiducia. In settimana Quagliariello e Franceschini ne discuteranno direttamente con i presidenti
Grasso e Boldrini.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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