BERLUSCONI: “RENZI PREMIER? PRIMA VOGLIO GARANZIE PER LE MIE TVâ€
“LA GASPARRI NON VA TOCCATA E COSI’ PURE L’ASSETTO DELLA RAI”
«Voglio capire che garanzie può offrirmi Renzi». Silvio Berlusconi ha fermato le pedine, nella sua metà di scacchiera.
Bocche cucite sullo scenario che sta per profilarsi e che solo fino a pochi giorni fa sembrava da fantapolitica. «Devo capire che ne sarà delle mie televisioni, dei mercati pubblicitari, della Rai. Poi possiamo discutere di politica e del suo governo» confida ai più intimi.
Nessuno è autorizzato a sbilanciarsi sull’eventuale approdo del segretario Pd a Palazzo Chigi.
Il leader forzista torna solo a Roma, per chiudersi al quartier generale di Palazzo Grazioli coi suoi, dopo una due giorni di full immersion negli affari di famiglia.
Quelli che più di ogni altra cosa stanno in cima alle preoccupazioni.
I caveat che perciò ha illustrato a pochi per una sorta di piano B – ammesso che Renzi lo accetti – sono rigidissimi se non improbabili.
Il Cavaliere pare disposto a ragionare non tanto di sostegno esterno, «roba da prima Repubblica», ma piuttosto di sostegno pieno alle riforme e di una opposizione «light» all’esecutivo.
Che potrebbe portare anche all’approvazione di alcuni provvedimenti di natura economica, «per il bene del Paese». Per esempio, sul mercato del lavoro: una revisione della Fornero, sulla quale le distanze da Renzi non sembrano incolmabili.
Ad alcune condizioni però.
Il tempo: «Sarebbe inaccettabile un governo di quattro anni, fino al 2018 – avverte Berlusconi – Dovrebbe avere una durata predeterminata ».
Quasi un esecutivo «di scopo », nella visione del leader forzista.
Ma soprattutto, prima del «bene del Paese» ci sono altri interessi da blindare.
Innanzitutto, «la Gasparri non va toccata», nessuna interferenza sulle regole che disciplinano oggi il mercato pubblicitario televisivo, in buona parte ad appannaggio delle sue tv.
Proprio due giorni fa Mediaset si è aggiudicata l’esclusiva sulla Champions League, un affare da 700 milioni di euro.
E su roba come quella non si può scherzare. E ancora, mantenimento dell’attuale assetto aziendale in Rai, dove il Cavaliere ancora può dire la sua nonostante all’opposizione.
Nessuno si sogni per esempio di vendere una rete. Tutto questo – cioè la costruzione di un contrafforte a protezione del suo impero mediatico e patrimoniale – a Berlusconi ormai interessa più di una legge sul conflitto di interessi, non avendo alcuna pretesa di ritorno a Palazzo Chigi in prima persona.
Nè di rientro in Parlamento, causa interdizione e Severino. Al sindaco di Firenze riconosce già di averlo «rimesso al centro della vita politica», ora scenderebbe a patti con lui non solo sulle riforme. E la chiusura di Renzi di qualche giorno fa («Mai più al governo con Berlusconi») la considera una boutade da propaganda.
Il fatto è che il tam tam romano sull’ipotesi di un sostegno esterno di Forza Italia è cresciuto di ora in ora e dal Transatlantico ha presto raggiunto la sede di San Lorenzo in Lucina rimbalzando fino ad Arcore.
Il Cavaliere congela tutto, ufficialmente. A chi gli ha parlato, ha predicato cautela e attenzione.
E sono state parecchie le telefonate, perfino dai falchi più duri. «Abbiamo spiegato al presidente che non possiamo neanche sostenere le riforme e poi stare alla finestra all’opposizione fino al 2018, mentre Alfano lucra al governo » spiegano alcuni di loro, tra i più ascoltati dal capo. Verdini resta sul fronte opposto. La risposta di Berlusconi è stata identica per tutti: «Attendiamo di capire come finisce la loro guerra intestina. Io non sono ancora sicuro che Renzi accetti di compiere quel passo».
L’unica cosa che continua a dare per certa è il sostegno pieno al percorso delle riforme, a cominciare da quella elettorale.
Il capogruppo Brunetta rassicura in tal senso, a patto che poi si torni alle elezioni: «Forza Italia è contraria a questo scenario (Renzi, ndr) perchè avremmo, in poco più di due anni, il terzo presidente del Consiglio senza legittimazione popolare ».
Detto questo, sembra che lo stesso Brunetta sia proprio tra coloro che suggeriscono al leader di “vedere le carte” del sindaco.
Come lui il collega al Senato Paolo Romani, ma anche Fedele Confalonieri a Milano.
Giovanni Toti nei giorni scorsi aveva rilasciato un’intervista per sostenere che forse sarebbe pensabile un governo di scopo a guida Renzi.
E così anche il senatore Augusto Minzolini. Che ieri però precisava: «In questo scenario non saremmo essenziali ma aggiuntivi, altra cosa se l’esecutivo nascesse per approvare la nuova legge elettorale e andare poi al voto».
Difficile che il segretario Pd ci caschi. Ma tutto è in movimento.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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