BOSSI, AMMISSIONI SUI FIGLI: “AUTORIZZAI IO ALCUNE SPESEâ€
L’IPOTESI DI ESPELLERE IL TROTA…I SOLDI PER I RALLY DI RICCARDO E LE SPESE DI RENZO…MA MARONI DIMENTICA DI ESPELLERE IL PLURINQUISITO PINI, SUO COMPAGNO DI MERENDE IN EMILIA
Da mesi, tutto quello che succede nella Lega viene interpretato in chiave simbolica.
Capita così anche per l’incontro tra Umberto Bossi e Roberto Maroni: il primo vero colloquio dal giorno dell’avviso di garanzia consegnato al Senatur proprio in via Bellerio.
Il primo faccia a faccia programmato dopo la pubblicazione di quelle carte che hanno svelato l’ulteriore coinvolgimento dei due figli del leader, accusati di appropriazione indebita: intercettazioni, movimenti bancari, testimonianze, rendiconti sui pagamenti di autonoleggi, meccanici, rate universitarie.
Poco più di un’ora e mezza insieme anche agli altri due triumviri, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago, al governatore del Piemonte Roberto Cota e al segretario della Lega lombarda Giancarlo Giorgetti.
Amareggiato per gli sviluppi dell’inchiesta che ha travolto il suo partito e la sua famiglia, Bossi è apparso «disorientato» ai suoi.
Ha cercato di dare spiegazioni: «Ho autorizzato io alcune spese dei miei figli e chiesto che venissero pagate», avrebbe detto durante la riunione, ufficialmente convocata per discutere dei congressi in Lombardia e Veneto.
Quali spese? Umberto Bossi ha parlato delle gare di rally di Riccardo e dei soldi usati da Renzo, ripetendo più volte di aver creduto alle spiegazioni dei due ragazzi.
Ma di fronte a lui – a contestare duramente l’uso imbarazzante di quei fondi – ci sono Maroni e gli altri dirigenti: fanno presente al fondatore della Lega che le cose stanno diversamente, che Renzo e Riccardo si sono approfittati della situazione per perseguire interessi personali. Qualcuno, nel partito, non esclude che l’ex ministro dell’Interno possa spingersi fino a chiedere l’espulsione di Renzo, che si era già dimesso da consigliere regionale, dal partito.
Maroni ieri non è arretrato di un passo e all’amico di una vita ha detto ciò che a metà aprile valeva per il tesoriere Francesco Belsito e per la vicepresidente del Senato Rosi Mauro e che oggi, ancora di più, vale per i figli del capo: «Hanno sbagliato. Hanno sbagliato e devono pagare».
A Bossi non è rimasto altro da fare che uscire dalla stanza.
A questo punto, nel Carroccio si aspetta.
Il Senatur non parla in pubblico dal 4 maggio, dalla chiusura della campagna elettorale.
E, con tutto quello che è successo da allora, fuori e dentro il partito sembra passato un secolo.
L’ex capo del Viminale, ai cronisti che ieri sera gli chiedevano se Bossi lascerà la Lega, ha replicato rapidamente: «Non lo so, non mi interessano queste cose».
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