BRINDISI: PROBABILE GESTO ISOLATO, IN UN VIDEO IL VOLTO DELL’ATTENTATORE
SVOLTA NELLE INDAGINI SULL’ATTENTATO COSTATO LA VITA A UNA RAGAZZA… UNA SINGOLA PERSONA “IN GUERRA COL MONDO” AVREBBE INNESCATO LE BOMBOLE DI GPL CON UN TELECOMANDO VOLUMETRICO… IL MOMENTO RIPRESO DA TELECAMERE DI SORVEGLIANZA, INTERROGATO UN EX MILITARE ESPERTO IN ELETRONICA
L’attentatore della scuola di Brindisi è stato immortalato da telecamere di sorveglianza mentre preme il telecomando dell’ordigno che ucciderà la sedicenne Melissa Bassi e ferirà diverse sue compagne, una in modo grave.
Lo ha detto il procuratore della città pugliese Marco Di Napoli al termine di una conferenza stampa, parlando di “immagini terribili”.
A quanto si apprende, le immagini mostrerebbero un uomo brizzolato, tra i cinquanta e i sessant’anni, con una giacca, che preme il telecomando da dietro un chiosco.
Poi aspetta che il passaggio delle ragazze faccia scattare l’esplosione. Subito dopo fugge via, girandosi verso una telecamera.
Circa 70 secondi che, con ogni probabilità , imprimeranno la svolta all’inchiesta.
Le indagini, aperte sul reato di strage, articolo 422 del codice penale, sono ancora coperte dal riserbo.
Ieri è stato interrogato un ex ufficiale dell’aeronautica: un passato vicino ai Servizi, famigliari che vendono bombole di gas — l’ordigno era costituito da tre bombole di gpl — e buone conoscenze di ingegneria elettronica.
Insieme all’uomo — secondo quanto riferisce Brindisireport.it, il sito che per ieri ha diffuso le prime immagini dell’attentato – ci sarebbe anche una seconda persona interrogata.
Quella dell’attentatore folle, di un uomo per qualche ragione “in guerra con il mondo”, o che intende creare “tensione sociale”, è al momento la prima delle piste investigative.
Che quindi contempla il rischio che l’attentatore possa ripetere azioni simili.
Di certo, dice il procuratore Di Napoli, chi ha piazzato le bombe ha lasciato tracce: ”Abbiamo delle buone immagini — ha dichiarato questa mattina — non ce le hanno regalate, ce le siamo andate a cercare”.
Dalle immagini è stato ricavato l’identikit di una persona, che dai tratti somatici “non è uno straniero”, ha detto in conferenza stampa il procuratore, allontanando implicitamente una delle tante piste evocate, quella del terrorismo islamico.
Tutte le ipotesi restano aperte, ma secondo Di Napoli quella al momento più probabile è il gesto di un singolo animato “da una volontà stragista”, senza l’intenzione di colpire una persona specifica.
Dalle immagini sembrerebbe essere “un gesto isolato”, comunque compiuto in maniera programmata e razionale, anche se non è escluso il “gesto terroristico” (che comunque può essere iniziativa di un singolo).
Nelle parole del procuratore la pista mafiosa perde decisamente quota, ma la scelta di una scuola intitolata a Francesco Morvillo Falcone a pochi giorni dal ventesimo anniversario della strage di Capaci potrebbe non essere casuale, bensì compiuta “per dare risalto” all’azione. Non è arrivata nessuna rivendicazione, ha precisato comunque Di Napoli.
L’ordigno utilizzato “non è alla portata di tutti”.
Tre bombole di gas gpl innescate da un telecomando “volumetrico” — che si attiva al passaggio di persone, come gli antifurto domestici — che ha fatto scatenare l’esplosione al momento del passaggio delle prime ragazze nel suo raggio d’azione.
Un congegno la cui costruzione — ha affermato il procuratore Dinapoli — richiede buone conoscenze di elettronica.
Una schiarita nelle indagini, insomma, dopo che ieri sera il procuratore era comparso con le lacrime agli occhi.
“Non possiamo lasciare impunito chiunque abbia agito con questa crudeltà — aveva detto commosso — perchè lo Stato deve rendere giustizia all’orrore di queste bambine colpite a morte”.
Nonostante gli elementi raccolti, gli investigatori continuano a prendere in considerazione ogni pista.
Anche quella di un legame con la mafia e una “trattativa bis”, che giunge da ambienti investigativi centrali, mentre, qui a Brindisi, l’ipotesi mafia viene considerata residuale: “Una bassa probabilità ” dicono gli inquirenti al termine di una lunghissima riunione.
Anche il procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta, è scettico sull’ipotesi di un attentato mafioso.
Di certo lo Stato ha reagito.
Decine e decine di investigatori arrivano da tutt’Italia. Di Napoli lo sottolinea: “Non siamo stati lasciati soli, ci sono i migliori investigatori d’Italia qui con noi”.
“È terrorismo puro” diceva ieri il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso.
L’ipotesi investigativa sull’azione di un folle è inquietante.
Ma è molto meno pericolosa della matrice terroristica.
Gli inquirenti hanno controllato le liste degli imbarchi al porto, per la maggior parte navi che traghettano verso la Grecia, e anche lo scenario del terrorismo internazionale è tenuto in considerazione.
Meno della matrice terroristica nazionale, però, anche se l’ipotesi che abbia agito un singolo sembra intatta.
“Per un’operazione del genere”, dice un investigatore, è sufficiente anche l’azione di un solo uomo.
La pista meno convincente, invece, riguarda la mafia locale, anche se molti elementi, all’inizio, avrebbero potuto far pensare a un attentato della criminalità di Mesagne, patria della Sacra Corona Unita.
Il luogo che ha dato i natali al fondatore della Scu, Pino Rogoli. Il 2 maggio scorso era stata fatta saltare in aria l’auto di Fabio Marini, presidente della locale associazione antiracket. E dieci giorni fa un’operazione di polizia, la “Die Hard”, aveva portato in carcere 16 esponenti dei clan, dopo le rivelazioni del pentito Ercole Penna.
Il padre di due delle ragazze ferite, Ilaria e Veronica Capodieci, è un imprenditore che collabora con Libera Terre di Puglia.
Mai, però, la Sacra Corona Unita ha alzato così il tiro.
E comunque vada, la pressione dello Stato, da oggi, nei suoi confronti sarà ancora più pesante.
Restano i simboli che riguardano Cosa Nostra: il nome della scuola, Morvillo Falcone, il premio per la legalità ricevuto dallo stesso istituto, la Carovana antimafia in arrivo e la presenza dei familiari di Totò Riina a pochi chilometri, a San Pancrazio Salentino.
“I familiari di Riina?”, dice un investigatore, “è una pista che non ci convince: questo è terrorismo. Un terrorismo nuovo. Ma è terrorismo”.
Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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