DELIRIO IMU: “CI FANNO SBAGLIARE COSÃŒ GUADAGNANO SULLA MORAâ€
RESSE, ERRORI E IMPRECAZIONI NELLE POSTE DI ROMA: SI STA IN FILA ANCHE QUATTRO ORE
Poste di Roma, quartiere Prati, traffico, uffici e deliri.
Corse, sospiri, gomitate. Imprecazioni, tante. E macchine in terza fila. All’ingresso scatta una gara olimpionica sui cinquanta metri per arrivare primi a un anonimo, e poco comprensivo, marchingegno giallo che distribuisce il tagliando.
L’epitaffio che ti comunica per quante ore dovrai morire in coda. Ogni minuto è vitale, ogni errore è fatale.
Stanno per scadere le rate di Imu e Tares, le tasse a scomparsa: ci sono, non ci sono, eccole qua.
La signora Ivana, fondotinta latte di mandorla, pelliccia sintetica, panama da spiaggia, regge la testa con la mano sinistra, la destra fa ondeggiare il ventaglio, e aspetta il turno.
Una voce metallica, nel tutto esaurito in queste Poste centrali, annuncia quasi con entusiasmo: “A420”. Ivana possiede un prezioso biglietto A430, l’amica Livia è dietro con il B010: “Ormai tocca a me, che bello. Guardi, io sono una contribuente onesta. Mi sono ritagliata questa mattina per fare il mio dovere. Mi manca l’Imu, una sciocchezza. Il commercialista è stato perfetto, davvero professionale. E poi non sono anziana, non rischio di commettere errori marchiani”.
Accigliata per il cappello stile colbacco (usurato) che spinge verso il basso, sommessa, Livia fa notare: “Hai pagato il modello F24, imposte non divisibili, che va con la Tares?”.
Ivana ha un mancamento, la sigla F24 le suona sconosciuta, e non si tratta di cacciabombardieri. Composta, telefona a Sandro, il marito: “Caro, scusa il disturbo. Ti chiamo per un ragguaglio rapido. Tu hai? Ah, ottimo, bravo tesoro mio. E anche? Che preciso, amore mio. E questo F24? Cosa, cosa: l’hai strappato? Te possino ammazzà , che te passa pe’ la capoccia? Che imbecille!”.
Testaccio, via Marmorata.
L’ex insegnante Emanuela vuole festeggiare e s’accende una sigaretta, ma non s’accorge di avere un mozzicone ancora fumante: “Mi sembra di aver vinto un premio. La mia è un’impresa e, se permette, sono stremata!”.
Inspira: “Cinque ore fa mi è arrivata questa roba: guardi la busta, proprio fresca di giornata”. Tremendo. E come ha risolto? “Non mi sono fidata”. Di chi? “Il Comune e l’azienda Ama dicevano che le lettere erano spedite da tempo, smaltite con anticipo. No, non mi faccio prendere in giro. Da due giorni non vado al lavoro. E ce l’ho fatta, capisce?”.
Antonia s’intromette: “Io la prendo con filosofia”. Buon segno: “È la terza volta che ritorno questa settimana. Oggi per l’acqua. Io pago e dormo tranquilla, mio marito bestemmia. Noi con i capelli bianchi siamo avvantaggiati, e sapete perchè”. Perchè? “Ci fregano, e siamo rassegnati. Il cetriolo va sempre in quella direzione, no?”. Che ne pensa? “Ah, io ne sono sicura. Neanche le contesto più queste cartacce. Lo fanno apposta per farci sbagliare e rubarci di più”.
Piazza Bologna, fra la stazione Tiburtina e il popolare quartiere San Lorenzo. I controlli saltano, la rabbia s’ingrossa: “Signori, siate ordinati”.
Un coro: “Li mortacci vostra”. Pausa caffè (macchiato freddo). Il barista: “Io preparo i cornetti per domani, sarà una bolgia. Le Poste hanno revocato le ferie, però io ci guadagno”.
Alessandro è furibondo: “Lo scriva, mi raccomando : mi vergogno di quest’Italia. Io sono disoccupato, disabile e mia madre, morta pochi mesi fa, mi ha lasciato un appartamento e ora mi ritrovo sommerso da calcoli che non capisco e spese che non posso sostenere. Me ne andrò in Germania”.
Un pensionato, evidentemente facoltoso, non è preoccupato: “Ci passo il tempo, oggi sono qui per la terza casa, una piccoletta, non abitata, non lontano dal mare, neanche vicino”.
Panico. La signora Maria, che trascina con sè il figlio adolescente, sguscia via fra la folla e va a ritirare una raccomandata. Ne esce frastornata: “Il catasto mi informa che la mia rendita è cambiata. E dunque devo fiondarmi dal commercialista, moltiplicare i metri quadrati, sottrarre l’esenzione, aggiungere la mansarda, togliere il garage e domani verrò a saldare il credito”.
Debito. “No, credito: lo Stato ci deve migliaia di euro per la pazienza”.
La giovane Debora, dipendente postale che fa un po’ di consulenza e un po’ di sportello, ha visto cose che noi umani: “Pomeriggi e mattine intere per pagare queste tasse, poi i cittadini vengono da noi e siamo costretti a rispedirli all’Ama o ai Caf. Scommetto che ci saranno rincari terribili perchè in tanti si presentavano con il bollettino per la Tares, ma senza il famigerato F24. È un foglietto incomprensibile, vede? Non è intuitivo”.
Sta per fare buio. La tensione inghiotte le speranze.
Occhiali quadrati, giacca con le toppe: “Non mi rompete le palle! Che ore sono?”.
Le 16:45: “Sette ore, dico sette ore qui dentro. Vaffanculo!”.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply