GNUDI ALLA META DELL’ILVA: LA FAMIGLIA RIVA PUÒ BRINDARE
IL GOVERNO “ROTTAMA” BONDI PER L’AMICO DELLA GUIDI. PRONTI NUOVI AZIONISTI
La rottamazione di Matteo Renzi sembra riguardare solo i vecchi dirigenti del suo partito, come Massimo D’Alema.
Per il resto, il governo da lui presieduto preferisce affidarsi all’usato garantito.
E Piero Gnudi, il nuovo commissario straordinario dell’Ilva, nominato ieri al posto di Enrico Bondi, dallo Stato italiano di usura non ne ha poca.
Bolognese, 76 anni, prodiano ma amico anche di Casini, di Fini, di Monti e di molti altri, è in pista dai tempi dell’Iri, la holding in cui prosperavano i boiardi di Stato.
Da allora ha girato aziende pubbliche e private, rigorosamente di grossa taglia.
Dall’Iri all’Eni, da Unicredit all’Enel. Tra il 1995 e il 1996 è stato consigliere economico del Ministro dell’Industria.
A partire dal 1994 ha fatto parte del consiglio di amministrazione dell’Iri, del direttivo di Confindustria, della giunta di Assonime (associazione tra le società italiane per azioni), della strategica postazione, come vedremo, dell’Aspen Institute, per poi divenire ministro, con il governo Monti, degli Affari regionali, Sport e Turismo.
Fin qui il curriculum ufficiale che chiarisce la stazza del personaggio.
La sua nomina, però, è una scelta basata sulla garanzia .
Fino a ieri, infatti, Piero Gnudi svolgeva il compito di consigliere personale della ministra Federica Guidi, la stessa che una decina di giorni fa si è interessata al processo di ricapitalizzazione dello stabilimento di Taranto, innescando la fuoriuscita di Bondi.
L’ex commissario — che ieri si è limitato a ringraziare tutti i dipendenti dell’Ilva “per il lavoro svolto” — è entrato in rotta di collisione con la famiglia Riva a cui voleva imporre un piano industriale basato sull’utilizzo degli 1,8 miliardi sequestrati dalla procura di Milano.
Da quel momento in poi, la famiglia più inquisita d’Italia si è mossa per farlo fuori.
Il passaggio decisivo è stata la definizione di una cordata per rilevare una quota dell’Ilva e realizzare un’alleanza con il colosso Arcelor Mittal.
La cordata, capeggiata dai “signori dell’acciaio” italiano, da Duferco a Marcegaglia, si è riunita con la ministra Guidi, e quindi con Piero Gnudi, al ministero dello Sviluppo dove sono stati ricevuti anche gli indiani di ArcelorMittal.
Gnudi, grande amico del padre della Guidi a cui ha fatto da mentore dai tempi della Rolo Finance, è la persona che più di tutti potrà garantire questo passaggio.
Non a caso, la sua prima dichiarazione pone l’accento sul “problema di trovare nuovi azionisti”, garantendo comunque gli operai che lo stabilimento non chiuderà .
Al limite del conflitto di interessi, Gnudi fa parte di una rete di affari comuni riunita nell’Aspen Institute, simbolo del’economia italiana fatta di relazioni e interessi incrociati.
Dell’Aspen Institute, presieduto da Giulio Tremonti, Gnudi è stato componente della giunta esecutiva mentre la ministra Guidi fa parte del Consiglio generale.
Tra i soci sostenitori ci sono tutti i protagonisti di questa storia: la Marcegaglia, la Duferco, la Ducati Energia della famiglia Guidi, fino alla società di consulenza Roland Berger che ha bocciato, per conto dei Riva, il piano industriale di Bondi.
L’operazione di salvataggio dei Riva, quindi, sembra ben avviata anche se dovrà fare i conti con i vincoli del risanamento ambientale e con l’andamento dei processi. Problemi, però, che potrebbero essere affrontati, e risolti, uno alla volta.
Non a caso, i legali dei Riva hanno presentato domanda di ricusazione dei giudici tarantini per spostare il processo dalla città .
“Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia” dice il verde Angelo Bonelli criticando la scelta del governo.
La Fim Cisl, unico dei sindacati a parlare ieri, chiede invece che venga applicato il “piano di Bondi”.
Ma da oggi Bondi alla testa dell’Ilva non c’è più.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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