I BERLUSCONES AVVERTONO IL COLLE: “MANTIENI I PATTIâ€
“SILVIO AVEVA AVUTO RASSICURAZIONI”
Berlusconi è “furioso con Napolitano, che non ha rispettato gli accordi”: la rabbia del Cavaliere, dopo che la Consulta ha dato ragione ai giudici milanesi nell’ambito del processo Mediaset, si concentra tutta sul presidente della Repubblica.
Lo racconta chi, mercoledì sera, ha raggiunto B. a Palazzo Grazioli per ascoltarne lo sfogo e decidere i destini del governissimo.
Il capo dello Stato, secondo quanto riporta l’Huffington Post, sarebbe stato apostrofato dal Cavaliere un “comunista che non rispetta i patti”: perchè — confida al giornale on line uno dei presenti — “non abbiamo chiesto a uno come Napolitano un decreto salva-Berlusconi, ma certo c’era uno schema condiviso. Che è stato sviluppato nel tempo. Per il Cavaliere è questo schema che Napolitano ha tradito”.
Ancora più esplicito l’ex capogruppo Pdl Maurizio Gasparri, tra i fedelissimi accorsi l’altroieri alla riunione, che dice al Fatto: “Il mito dell’asessuata neutralità della Corte costituzionale andate a raccontarlo a qualcun altro. Sono otto i giudici che rispondono a Napolitano: Berlusconi si aspettava che la Consulta prendesse atto del clima di collaborazione, anzi di pacificazione che c’è grazie a lui”.
Ma il no al legittimo impedimento — spiega ancora — significa che “Napolitano non è nella condizione di poter garantire la fine della guerra”.
Sono in molti, nel Pdl, a raccontare di una dialettica tra Berlusconi e il capo dello Stato, che l’avrebbe rassicurato a più riprese: le larghe intese sarebbero nate proprio in cambio di una tregua giudiziaria.
Di questo, almeno, era convinto Berlusconi: “Ma è più probabile che con Napolitano non ci sia stata una vera trattativa. Piuttosto, qualche allusione”, dice Vittorio Feltri, direttore editoriale de il Giornale. Ma, suggerisce Alessandro Sallusti, “il Cavaliere discuta con Napolitano di persona per vedere se il patto è ancora valido: basta con gli ambasciatori”.
Tutto è infatti cominciato il 12 marzo scorso, quando Angelino Alfano, allora semplice segretario del Pdl, e gli ex capigruppo Fabrizio Cicchitto e Gasparri vanno al Quirinale per “rappresentare preoccupazioni di carattere politico-istituzionale per i recenti sviluppi delle vicende giudiziarie riguardanti il loro leader”, si legge in una nota del Colle.
Sono i giorni della manifestazione Pdl davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, e mancano poche settimane alle consultazioni.
Il colloquio pare andare a buon fine: “Napolitano ha ascoltato con grande attenzione le nostre preoccupazioni”, dicono i fedelissimi di Berlusconi.
La parola d’ordine diventa “pacificazione”, quella che, spiega l’onorevole Daniela Santanchè, “evidentemente la sinistra non vuole”.
Per qualche settimana, però, il clima cambia.
A inizio maggio Berlusconi rivoluziona pure il team di legali che lo difende: in vista della Cassazione, all’avvocato Niccolò Ghedini viene affiancato il professore Franco Coppi, dal profilo più istituzionale. “Per abbassare i toni e svelenire il clima”, spiega il quotidiano Libero.
Messaggio ricevuto.
Tanto che qualche giorno fa, proprio alla vigilia della pronuncia della Consulta, il capo dello Stato invita i giudici a perseguire “imparzialità ” ed “equilibrio”, e lancia un ammonimento niente affatto casuale: “Occorre che ogni singolo magistrato sia pienamente consapevole della portata degli effetti, talora assai rilevanti, che un suo atto può produrre anche al di là delle parti processuali”.
Ma la Corte respinge il ricorso di Berlusconi e il governo delle larghe intese, anche se ufficialmente nulla è cambiato, adesso traballa.
E così Napolitano torna a essere “nemico politico”, come dice Santanchè.
Che però giura: “Lo è sempre stato, proprio come il Pd. Non c’era alcun patto, solo che noi cercavamo la pacificazione, loro no”.
Anche Marcello Dell’Utri, passato a salutare il Cavaliere dopo la sentenza della Consulta, sostiene che un accordo concreto non ci poteva essere: “In questo Paese nessuno è in grado di dare garanzie. L’unica strategia possibile è prendere tempo”.
Secondo rumors che arrivano dalla Cassazione, il nuovo presidente, Giorgio Santacroce — finito nelle polemiche per le sue frequentazioni con Cesare Previti — potrebbe assegnare il processo Mediaset alle sezioni unite: così i tempi potrebbero allungarsi fino a raggiungere la prescrizione, prevista l’estate prossima.
Tutti negano invece l’ipotesi più drastica, quella dell’amnistia.
Intanto, però, il processo va avanti: “Sono certo che anche Napolitano abbia preso male la sentenza: crea problemi a tutti”, sostiene Gasparri.
Se un accordo c’era, insomma, è finito male.
Beatrice Borromeo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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