I CINQUE STELLE SPROFONDANO MA IL BLOG PARLA D’ALTRO: MATTEOTTI E MUSSOLINI
SONO MOLTI I PARLAMENTARI CHE AVANZANO CRITICHE ALLA GESTIONE DEL MOVIMENTO E SI SENTE L’ESIGENZA DI TORNARE IN TV
Da “Vinciamo noi” a “l’astensionimo non ci ha colpito”. Dai proclami di trionfo pre-Europee, con avvisi di sfratto per Matteo Renzi, alle braccia alzate al cielo per cinque consiglieri eletti in Emilia.
A Regionali ancora calde, il blog e il profilo Twitter di Beppe Grillo giocano la carta del meno peggio: e pazienza per i sogni di sei mesi fa.
Ora è tempo di dati sull’astensione “che non ha toccato il Movimento”, di assicurare che “i cittadini non hanno più fiducia nei partiti”. La voce del capo lo ripete più volte: “I numeri non sono opinioni”.
Ma sono gli stessi numeri che descrivono un disastro (annunciato) in Calabria, con il 4,89 per cento e nessun consigliere eletto.
E di un 13,2 in Emilia Romagna che è il minimo sindacale, nella regione dove il M5S è nato.
Cifre che fanno ribollire i dissidenti, compatti nell’invocare “l’autocritica” dei vertici. Affiora anche l’umore nero di tanti parlamentari, che chiedono di tornare in tv, prima possibile.
Mentre Alessandro Di Battista, il più ascoltato dai diarchi, prova a dettare la linea: “Usciamo dal Parlamento, da questo postribolo di massoni come diceva Beppe mesi fa”.
In un diluvio di parole, il silenzio di Luigi Di Maio. Il “numero tre” guarda il gioco. E riflette sul complicato futuro.
Eppure raccontano di un Casaleggio “abbastanza soddisfatto” per il risultato dell’Emilia. La ragione può ritrovarsi nel video di Max Bugani, consigliere a Bologna, vicinissimo al guru: “Ci sono grandissimi problemi in regione, una grande dissidenza interna: abbiamo ricevuto boicottaggi da diversi eletti”.
Insomma, poteva andare peggio.
E la Calabria? Non se ne parla, punto e basta. Ma c’è chi ammette la disfatta, nella regione dove le faide tra parlamentari e gruppi locali avevano già portato all’1,86 per cento nelle Comunali a Reggio Calabria, il mese scorso.
Il senatore Nicola Morra, calabrese d’adozione: “Siamo stati percepiti come gli altri partiti. Ma la legge elettorale, con la soglia dell’8 per cento per i non coalizzati, ci ha penalizzato. E noi non sappiamo cosa sia il voto clientelare”.
Resta il fatto che l’M5S calabrese è devastato: “Dobbiamo resettare i meet up, fare pulizia. Io non ho mai fatto polemiche, ma altri…”.
Sul fronte opposto un altro senatore calabrese, Maurizio Molinari: “Siamo diventati un nugolo di fazioni dentro ad una setta”.
In tarda mattinata, i dissidenti si ritrovano alla Camera. E battono il tamburo delle critiche. “Quando i risultati non sono soddisfacenti è giusto chi ha tenuto il timone lasci spazio ad altri” riassume Tancredi Turco.
“Grillo e Casaleggio hanno commesso errori” sibila Gessica Rostellato. “Meno social network e più politica” sostiene Walter Rizzetto.
Da Parma irrompe il capogruppo M5S Marco Bosi: “Di autocritica neanche l’ombra. E chi se ne importa se 6 mesi fa ci votavano 277.000 persone in più”.
Interessante viatico all’assemblea degli eletti convocata in città da Federico Pizzarotti, per il 7 dicembre. “Analizzeremo i nostri problemi” promette il sindaco ribelle.
Ma l’adunata potrebbe segnare la nascita di un’area organizzata, che chiede maggiore democrazia interna e vuole il dialogo con i partiti.
Una simil-corrente più forte, dopo il voto di ieri.
Ma non parlano solo i critici. La “moderata” Giulia Grillo: “Non abbiamo costruito un tessuto di fiducia in certi territori: e andare in tv può servire”.
È il filo rosso della giornata. L’anatema dei diarchi contro il piccolo schermo va rimosso, lo dicono quasi tutti.
Perfino Laura Castelli, contraria (“la tv non è uno strumento elettorale”) ammette: “Risulta difficile spiegare agli attivisti perchè non ci andiamo”. Concorde la senatrice Barbara Lezzi: “Come chiede buona parte del M5S, si dovranno valutare le partecipazioni televisive”. Ma c’è pure altro: “Taluni, eletti e non eletti, non partecipano a manifestazioni e assemblee, oppure utilizzano il loro status per illustrare teorie deliranti”. A margine, la tentazione: smobilitare dal Parlamento e invadere le piazze, come ha ripetuto venerdì a Bologna Grillo, primo fautore dell’Aventino.
Di Battista rilancia: “Siamo visti come parte del sistema. Qualcuno resti a studiare decreti per denunciare le indecenze. Gli altri nelle piazze, con gli operai a prendere manganellate se necessario”.
Suona anche come una stilettata ai fautori del dialogo con il Pd: da Di Maio a Danilo Toninelli, gli uomini della trattativa sulla Consulta. A breve, assemblea congiunta. Doveva essere domani, ma è probabile che salti.
In serata il blog di Grillo apre con un’intervista ad Arrigo Petacco: “Mussolini non ha ucciso Matteotti”.
Si parla d’altro. L’ultimo espediente.
Luca De Carolis
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