I FALCHI VOGLIONO LA SCISSIONE SUBITO: “SILVIO, ACCELERA ORA O SARÀ IL TUO FUNERALEâ€
“FUORI DA FORZA ITALIA CHI RESTA NELLA MAGGIORANZA DOPO LA DECADENZA”…. IL PRANZO DECISIVO CON FITTO E VERDINI
La scissione a un passo. Si va alla conta.
Ma ora a tremare, con quel che resta del partito monolitico di un tempo, è di nuovo il governo Letta.
«Devo riprendermi il partito e finalmente vedremo chi è con me e chi contro di me. Nella mia relazione non metterò nessuno alla porta, non voglio cacciare Angelino, saranno lui e i suoi ministri ad assumersi semmai la responsabilità di rompere» è la conclusione alla quale giunge Silvio Berlusconi al termine del pranzo-vertice decisivo.
Poi chiama Alfano in serata, a decisione già presa (con altri), gli dà appuntamento ad oggi. Dopo il 16 novembre a loro la scelta, se stare con lui o votare la manovra e restare al governo.
La spuntano i “lealisti” e i falchi, sponsor della resa dei conti immediata. Al tavolo da pranzo siedono Raffaele Fitto, Denis Verdini, Sandro Bondi, Renato Brunetta, Maurizio Gasparri e Gianni Letta.
Ma è stato ancora una volta Nicolò Ghedini ad avere un ruolo decisivo in quella riunione, racconta chi è rimasto a Grazioli.
«Devi affrontare la decadenza da leader dell’opposizione, non hai altra scelta» ha intimato il consigliere e legale.
Del resto il Cavaliere era già d’umore pessimo, dopo la riunione dei governativi di martedì sera. «Li ho creati io, adesso fanno gli statisti, mi hanno teso una trappola, non posso stare a guardare» è stato uno degli sfoghi, con chiaro riferimento non solo ai ministri ma anche al capogruppo al Senato Schifani.
Tutti coloro che non avrebbero impedito la tenaglia: voto sulla legge di stabilità al Senato il 22 novembre, la decadenza il 27.
«Lo capisci che non possiamo votare la manovra e poi incassare la tua espulsione dal Senato?» è l’affondo di Raffaele Fitto al pranzo.
Il capo dei “lealisti” sostiene di aver raccolto già 625 firme degli 800 aventi diritto al voto in Consiglio, sono i sì al documento approvato dall’Ufficio di presidenza: passaggio a Forza Italia e riconoscimento a Berlusconi della leadership unica.
E Verdini: «Se tu invece confermassi per l’8 dicembre il Consiglio nazionale, quello non sarebbe più un appuntamento politico, ma semplicemente il tuo funerale mediatico, a decadenza avvenuta, i ministri non vogliono altro».
Non c’è tempo da perdere. Berlusconi saluta gli ospiti. Si prende ancora un paio d’ore per riflettere. Stavolta l’invito alla prudenza di Gianni Letta viene disatteso.
Fitto e Verdini si ritirano nella sede di Forza Italia in San Lorenzo in Lucina per scrivere il breve documento di convocazione del Consiglio nazionale per mettere alle strette il capo, ora o mai più.
E il Cavaliere lo firma poco dopo le 19. È il disco verde all’operazione. Che dovrà portare nel disegno dei duri e puri vicini al leader all’approvazione di un documento con cui si boccia la legge di stabilità .
Sarà la linea di Forza Italia. Ma soprattutto – ed è il jolly nella manica assai temuto dai ministri – la presentazione sabato 16, al Palazzo dei Congressi dell’Eur, di un ordine del giorno sulla decadenza: sarà da considerare fuori dal partito chi resterà in maggioranza o al governo col Pd, dopo l’eventuale espulsione di Silvio Berlusconi. Un uno-due destinato appunto a spaccare e mettere fuori gioco i ministri e chi li segue.
Ministri che in serata vengono colti in contropiede dall’accelerazione.
«Si tratta di un atto ostile – spiega uno di loro – a questo punto vedremo se ci conviene ancora andare o piuttosto farci mettere alla porta disertando l’appuntamento».
È il dibattito di queste ore, tra loro. Alfano incassa, ma non demorde: «Hanno temuto che raggiungessi un accordo con Berlusconi e lo hanno messo alle strette » dice ai colleghi.
Comunque resta lui il più cauto tra i ministri. È convinto che sabato 16 bisognerà presentarsi all’Eur, nessuna defezione contrariamente a quanto avvenuto nell’ufficio di presidenza del 25 ottobre.
Combattere fino all’ultimo. Oggi faranno il punto, con la trentina di senatori e la ventina di deputati, per decidere che fare.
Intanto hanno lasciato trapelare in serata il documento che sintetizza la loro mozione congressuale in otto punti: leader è Berlusconi, approvare le Riforme, sostenere il governo.
Con un punto 6 che sa di avvertimento: «Disattendere le istanze di stabilità significherebbe tradire l’Italia». Mettere in crisi il governo sarebbe contro gli interessi nazionali, è la tesi di battaglia.
L’esecutivo Letta non si tocca, loro comunque resterebbero al loro posto.
Il fatto è che i numeri, senza la falange berlusconiana, per il premier dal 16 traballeranno, già sulla stabilità .
Ammesso che i governativi Pdl poi restino compatti al fianco del governo. «La convocazione ci sembra affrettata, pur se legittima da parte di Berlusconi» commenta gelido Roberto Formigoni.
Tra una settimana sfida secca, senza ritorno.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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