IL “PIANO A†E IL “PIANO B†DI RENZI : ELEZIONI O SOSTITUZIONE IN CORSA DI LETTA
ARRIVA L’APPOGGIO DI CONFINDUSTRIA E DEGLI USA… BERLUSCONI SARA’ PADRE DELLA PATRIA
Il piano A è sempre quello del voto in primavera, dopo l’approvazione della legge elettorale. Per essere legittimato non solo dalle primarie ma dal voto popolare, per non fare lo stesso errore di Massimo D’Alema, arrivato Palazzo Chigi senza passare delle urne e bruciato nell’arco di un anno e mezzo.
Matteo Renzi però tiene in mano l’altra carta, il piano B, la sostituzione in corsa di Enrico Letta, il «cambio di schema» di cui ha parlato ieri in direzione, la possibilità di «rivoltare lo Stato, di fare tutte le riforme, di arrivare fino al 2018».
L’autostima non difetta al sindaco di Firenze, convinto di poter realizzare i suoi obbiettivi e di superare facilmente la resistenza di Letta e le ultime perplessità di Giorgio Napolitano. «Non possiamo più escluderlo», confida ai fedelissimi.
Sono i soli due inciampi sul sentiero che porta il segretario del Pd alla presidenza del Consiglio dei ministri.
Il resto è un’autostrada e non solo nei palazzi della politica, ovvero nel gioco degli alleati: Alfano, Scelta civica, la minoranza del Pd.
C’è molto di più. L’ambasciatore americano John Phillips ha incontrato il sindaco di Firenze e con i suoi interlocutori scommette sulla rapida ascesa di “Matteo” a Palazzo Chigi.
È uno scommettitore che conta.
Il violento attacco di Giorgio Squinzi al governo Letta non è certo sganciato dalla prossima gigantesca partita, quella delle nomine nelle aziende pubbliche molte delle quali siedono in Confindustria.
Gli imprenditori puntano le loro fiche su Renzi perchè è dal governo, in aprile, che si gestisce il grande risiko dei manager di Stato.
Ed in quel campo che si stringono alleanze, si coltivano amicizie nei gruppi di interesse, ci si affaccia sul palcoscenico internazionale attraverso lo strumento delle partnership di affari.
È un argomento che nei pensieri di Renzi fa pendere la bilancia sul piano B, la staffetta o meglio lo sfratto a Enrico Letta.
C’è anche il terreno politico. L’interlocuzione con Nichi Vendola è quotidiana, la visita di Maurizio Landini alla sede del Pd molto più di un gesto di cortesia.
Il leader in pectore di Sel Nicola Fratoianni esclude un ingresso del suo partito in un nuovo esecutivo a guida Renzi. «Non possiamo stare con Alfano, questo no», dice.
Ma può bastare un ministro della società civile, dell’area di sinistra, per avere la non belligeranza di Sel.
Dall’opposizione è evidente la spinta di Berlusconi alla staffetta.
Lo renderebbe ancora più protagonista della scena con le riforme e gli permetterebbe di preparare la competizione elettorale. Ma la grande paura del segretario è che Forza Italia gli chieda un ritorno in pompa magna nell’esecutivo. Richiesta che avrebbe una sola risposta: no.
Si comprendono quindi i sospetti degli amici del segretario che sconsigliano le scorciatoie, i piani B.
Lo ha fatto platealmente Paolo Gentiloni, nella direzione, suggerendo la soluzione persino troppo comoda di abbandonare al suo destino il governo Letta fino a una lenta agonia.
Però Renzi tiene conto di tutto quello che si muove intorno a lui. Ha fissato i paletti temporali di una decisione convocando una nuova riunione del Pd il 20 febbraio. In queste due settimane possono accadere molte cose, tali da indicare con chiarezza come si scioglie l’alternativa che ha in testa: o il voto con l’Italicum o il governo del sindaco.
La prossima settimana sarà decisiva per capire se il patto sulla riforma elettorale regge o vincono le trappole.
Il 16, una prima indicazione sulla segreteria Renzi arriverà dalla Sardegna dove si vota per la Regione. Il 18 e 19 il segretario vola a Bruxelles per preparare il congresso del Partito socialista europea, ma naturalmente i suoi incontri avranno al centro il futuro dell’Italia.
E fra le pieghe di questi appuntamenti pubblici, si vedono già le conseguenze pratiche dell’instabilità di Letta.
A febbraio scadono ben sei decreti legge. La lezione di Natale sul salva-Roma, il provvedimento inzeppato di mance ai partiti e ai territori, insegna che l’incidente può capitare, eccome.
Sarebbe il colpo finale per l’esecutivo. Ad esempio, proprio il salva-Roma riscritto è in discussione alla commissione Bilancio del Senato presieduta dall’alfaniano Antonio Azzolini.
Un pezzo della maggioranza, Scelta civica, ha avvertito: è irricevibile, noi non lo votiamo.
I governi possono cadere anche così.
Goffredo De Marchis
Leave a Reply