IL LEGHISTA BRIGANDI’, CONSIGLIERE DEL CSM, HA PRELEVATO IL DOSSIER SULLA BOCCASSINI E LO HA PASSATO AL “GIORNALEâ€
AL CSM INFURIA LA POLEMICA: BRIGANDI’ POTEVA SOLO PRENDERE VISIONE DEL FASCICOLO, NON TRASFERIRLO A TERZI: ORA RISCHIA UNA DENUNCIA PENALE… PERSONAGGIO CON DUE CONDANNE CHE POTREBBERO A BREVE DIVENTARE DEFINITIVE, E’ L’UOMO “QUALIFICATO” CHE LA LEGA HA DESIGNATO PER FARSI RAPPRESENTARE NEL CSM
Ha un nome e un cognome il consigliere del Csm che una settimana fa ha preteso gli fosse consegnato, per documentarsi, il vecchio fascicolo della disciplinare su Ilda Boccassini.
Chiariamo subito: si tratta di carte riservate, perchè al tempo della discussione le sedute non erano pubbliche come oggi, ma segrete.
Quel componente del Csm è Matteo Brigandì, notissimo esponente leghista nato a Messina ma radicalizzato in Piemonte, firmatario di una proposta di legge sul legittimo impedimento e pure di una per inasprire le norme sulla responsabilità civile dei magistrati.
Entra a palazzo dei Marescialli a fine luglio nella pattuglia dei cinque laici.
E dopo un altolà a Bossi. Il quale, fino a 12 ore prima del voto, aveva indicato per quel posto Mariella Ventura Sarno.
Brigandì lo contesta, fa circolare la voce che si tratta solo di una vicina di casa del Senatur, minaccia di nuovo le dimissioni. Entra al Csm.
Anche se su di lui pendono due condanne che potrebbero diventare definitive a breve, una per diffamazione, l’altra per non aver pagato gli alimenti alla figlia.
E per legge decadrà .
Ma Brigandì, stavolta, si appunta sul petto una medaglia non da poco.
Lui prende il fascicolo della Boccassini. Il contenuto finisce sul Giornale. Con tanto di virgolette e particolari.
Il pezzo esce e il Csm vive una delle sue giornate di maggiore tensione.
A seminare il panico è una furibonda telefonata del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati al vice presidente Michele Vietti.
I due si conoscono da tempo. Hanno fiorettato per tre anni sulla riforma dell’ordinamento giudiziario quando il magistrato era presidente dell’Anm e Vietti sottosegretario alla Giustizia. Si stimano.
Adesso Bruti Liberati vuole capire da dove sono uscite quelle carte riservate. E vuole scoprirlo anche Vietti.
Per ricostruire come sono andati i fatti, alla fin fine, non ci vuole granchè.
Il caso Ruby scoppia il 14 gennaio. Il giorno dopo è sui giornali. Passa il fine settimana.
All’inizio di quella nuova, tra il 18 e il 20 gennaio, Brigandì si rivolge ai funzionari che gestiscono la sezione disciplinare, quella che fa i “processi” alle toghe.
Chiede il vecchio fascicolo della Boccassini.
Può farlo, il regolamento gli consente di acquisire l’antica documentazione. Ma ovviamente non gli permette di divulgarla. Il resto è noto.
Anna Maria Greco pubblica il suo pezzo sul Giornale.
Adesso, al Csm, sono furibondi.
Per tutta la giornata fervono i conciliaboli. Da una stanza all’altra.
I 16 togati non hanno dubbi su come sia andata la storia e sono intenzionati a chiedere una «punizione esemplare» per Brigandì.
Vittorio Borraccetti, toga storica di Magistratura democratica ed ex procuratore di Venezia, usa parola assai pesanti: «È stata commessa una scorrettezza enorme. Tra di noi c’è un guastatore istituzionale che lavora per danneggiare e screditare le istituzioni».
Voce pacata come sempre. Ma inderogabile durezza.
«Si può venire al Csm e dire che non si devono più votare le pratiche a tutela, ma non si può lavorare di soppiatto contro la magistratura. Questo non è consentito».
Sul tavolo di Vietti non è ancora arrivata la formale richiesta dei togati di chiarire come si sia prodotta la fuga di notizie. Ma è solo questione di ore.
Nel frattempo, alla spicciolata, i magistrati hanno protestato e chiesto accertamenti e una ricostruzione nitida di che cosa è avvenuto.
Poi il vice presidente dovrà discutere della faccenda nel comitato di presidenza, con il presidente della Cassazione Ernesto Lupo e il procuratore generale Vitaliano Esposito.
Vietti sta valutando se il primo passo non debba essere proprio quello di affrontare la “grana” con Napolitano, visto che, come alcuni togati sostengono, dietro il comportamento di Brigandì ci sarebbe anche una responsabilità penale.
Come avvenne per Cosimo Maria Ferri, oggi segretario di Magistratura indipendente, ieri al Csm, quando finì nelle intercettazioni tra Innocenzi (Agcom) e Berlusconi, ne potrebbe nascere un pubblico dibattito in cui mettere i paletti per una corretta etica di un componente del Consiglio.
Ma c’è chi, di fronte a un fatto così grave, chiede che Brigandì faccia pubblica ammenda e se ne vada.
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