Il REBUS DEI MINISTERI PATACCA LEGHISTI A VILLA REALE A MONZA: NON SI E’ MAI VISTO NESSUN CITTADINO A CHIEDERE INFORMAZIONI, POI SONO STATI CHIUSI A DOPPIA MANDATA DAL TAR
COSA SI ASPETTA A RESTITUIRE I LOCALI AL COMPLESSO MONUMENTALE?… SE CALDEROLI VUOLE OPPORSI, INVECE DI INCENDIARE FALDONI PATACCA A ROMA, SI DIA FUOCO PER PROTESTA NEI GIARDINI ANTISTANTI LA VILLA, COSI’ ENTRERA’ NELLLA STORIA DELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA E LE SUE CENERI SARANNO SPARSE NEL PO
L’ultimo segnale di vita risale a più di un mese fa, ma il sindaco leghista di Monza, Marco Mariani, non ci sta a dare per morti i ministeri aperti la scorsa estate in Villa Reale.
Da giorni i vertici del Carroccio sono scesi in trincea per difendere l’operazione e il borgomastro non è stato da meno lanciando un invito a Mario Monti, neo presidente del Consiglio: «Rispetti i principi del decentramento e non li chiuda».
Il futuro di quei cento metri quadrati attorno ai quali fra luglio e settembre si è scatenata una polemica culminata in uno scontro istituzionale fra il Presidente della Repubblica Napolitano e l’ex premier Berlusconi è nelle mani di Palazzo Chigi.
Dalla scossa estate a oggi la disponibilità di quelle tre stanze, prive fra l’altro di toilette, è passata dal Consorzio per la gestione della Villa al ministero dei Beni Culturali e da questo alla presidenza del Consiglio, che poi la «girò» ai ministeri senza portafoglio per le Riforme e per la Semplificazione normativa, di cui erano titolari Bossi e Calderoli (poi si sono aggiunti l’Economia e il Turismo).
Dunque, chi dovrà decidere cosa farne è Monti.
E a lui il borgomastro si è rivolto, convinto fino in fondo della necessità di mantenere vivo il progetto per favorire la ripresa dell’economia del territorio. «La Lombardia è una delle regioni più sviluppate dell’Europa – aggiunge – e la Brianza ha una concentrazione tale di imprese che chiudere i ministeri non avrebbe senso».
L’obiettivo della Lega era di avvicinare le istituzioni ai cittadini e alle imprese.
I numeri, tuttavia, dicono che in due mesi e mezzo di vita gli uffici decentrati sono finiti sotto i riflettori una mezza dozzina di volte, principalmente per accogliere manifestazioni di protesta o per ospitare riunioni della Lega.
Di imprenditori e cittadini, fuori dalla porta in attesa di parlare con Calderoli o Bossi, non se ne sono mai visti.
Sia Confindustria che Camera di commercio si sono sempre dimostrate molto tiepide e il centro-sinistra non ha mai perso l’occasione per sottolineare come alla fine venissero trattati alla stregua di sedi di partito.
Adesso, sul loro destino pesa la dichiarazione di incostituzionalità fatta dal capo dello Stato la scorsa estate (violazione dell’articolo 114, quello che sancisce Roma capitale) e una sentenza del Tribunale di Roma che li ha chiusi a doppia mandata per comportamento antisindacale della presidenza del consiglio: nessun dipendente di Palazzo Chigi può essere trasferito a Monza per il semplice motivo che il personale non è stato avvisato dell’istituzione dell’ufficio decentrato.
Inoltre, il neo premier Monti non solo ha cancellato il ministero alle Riforme di Bossi, che avrebbe dovuto rappresentare lo snodo centrale verso il federalismo, ma ha dato vita al nuovo dicastero alla Coesione territoriale, considerato come un vero e proprio affronto alla Lega.
I «lumbard», però, non hanno intenzione di arretrare e l’ex ministro Calderoli è arrivato a minacciare l’autodeterminazione se da Roma non dovessero arrivare segnali favorevoli al mantenimento in vita dei ministeri del Nord.
La presa di posizione ha subito provocato la reazione del Pd. «Al nostro territorio e al nostro paese non servono provocazioni ma responsabilità – replica Gigi Ponti, segretario provinciale del Pd -. Ai cittadini non interessano l’autodeterminazione, i parlamenti del Nord, la difesa di fantomatici uffici ministeriali che hanno suscitato l’interesse solo di chi li ha aperti».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia. «La Villa è un bene troppo importante per svilirlo con funzioni senza senso – conclude Di Simine. Mi auguro che quei cento metri quadrati vengano reintegrati al più presto nel complesso monumentale che deve essere valorizzato con iniziative culturali di prestigio».
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