INTERVISTA A DAVIGO: “QUELLA CORRENTE SUDDITA DELLA POLITICA: VADO VIAâ€
IL MAGISTRATO LASCIA “MAGISTRATURA INDIPENDENTE” E CREA “AUTONOMIA E INDIPENDENZA”
Certi amori finiscono. Alla fine, dopo mesi di polemiche, Piercamillo Davigo — simbolo di Mani Pulite, oggi consigliere di Cassazione — ha lasciato Magistratura Indipendente, la corrente moderata dell’Anm: ci era entrato nel 1978.
L’addio definitivo si è consumato lo scorso weekend all’Assemblea nazionale di MI.
Dottor Davigo, come è passato dall’ipotesi di diventare presidente alle dimissioni?
La mia candidatura era stata proposta dal distretto di Torino, come tentativo di mantenere l’unità del gruppo, dove da tempo c’erano tensioni interne tra minoranza e maggioranza. Ho fatto un comunicato di accettazione della candidatura in cui dichiaravo quali erano i valori fondanti del gruppo: indipendenza della magistratura da ogni altro potere, indipendenza di ogni singolo magistrato all’interno dell’ordine giudiziario, la legittimazione tecnica e non politica dei magistrati. Cioè non ci sono governi e maggioranze parlamentari amici o nemici, ci sono poteri altri.
Non erano d’accordo? Nessuno ha detto che queste cose non erano condivisibili. Mi è stato detto che la mia candidatura non era unitaria e allora l’ho ritirata. Ma hanno aggiunto: non è una candidatura unitaria perchè ‘contaminata’ dalle adesioni della minoranza. Un modo inaccettabile di intendere la dialettica interna a un gruppo: non mi ci riconosco più. E dunque sono uscito.
Fonda una nuova corrente?
Sì, con tutti quelli che insieme a me sono usciti da MI: molti componenti del comitato direttivo centrale, un componente del Csm. Poi vedremo che accadrà nei distretti. Certamente i segretari dei distretti del Nord Italia sono quasi tutti usciti dall’aula, non partecipando al voto. La nuova corrente dovrebbe chiamarsi Autonomia e Indipendenza, due termini che qualificano la magistratura nella nostra Costituzione.
Raccoglierà gli scontenti anche di altre correnti?
Non azzardo previsioni.
Armando Spataro vi ha fatto gli auguri.
In realtà si augura un dialogo più sereno dentro l’Anm.
L’uscita di Aldo Morgigni, sposterà gli equilibri interni al Csm.
Potrebbe. Certo non sarà più possibile una maggioranza formata dai laici e dai togati di MI: i componenti del Csm sono 27, il presidente della Repubblica non c’è quasi mai, la maggioranza è 13: 11 non bastano.
La scissione diventa politicamente molto rilevante.
Lo vedremo nelle cose. È stato un grave errore non accettare il tentativo di mediazione che la mia candidatura rappresentava. Evidentemente il mio nome non andava bene, anche se nessuno l’ha detto. Non ho mai sentito, in 36 anni di militanza, cose come ‘la maggioranza decide e la minoranza si adegua’, ‘i membri del comitato direttivo centrale devono seguire le indicazioni del segretario’. La scissione avrà un’incidenza sugli organi di autogoverno, non politica: noi non ci interessiamo di politica. Faccio sempre una battuta: non mi occupo di politica, solo di politici quando rubano. La mia attività non riguarda la correttezza delle loro opinioni o scelte: riguarda il fatto se abbiano rubato o no.
A luglio era scoppiato il caso Ferri: il sottosegretario alla Giustizia e magistrato sponsorizzò due candidati “suoi” al Csm. Che poi furono eletti. E lei assunse una posizione ferma.
Ferri era il segretario di Mi. Poi è stato nominato sottosegretario alla Giustizia nel governo Letta ed è stato confermato da Renzi. Ora, io non condivido queste scelte, ma sono decisioni personali…
…perchè non le condivide
Perchè secondo me i magistrati non devono fare politica. Mai. Però sono scelte personali. Invece ho trovato sorprendente che in un gruppo che nel nome ha l’indipendenza della magistratura siano fioriti sulle mailing list messaggi di congratulazioni. Mi pareva stonassero con l’idea dell’autonomia.
Lei ha detto: “Magistratura e politica devono dialogare senza sudditanza, ma in questa fase registro una certa sudditanza”.
E aggiungo: c’è qualcosa di più e di peggio. Sta montando all’interno di MI una linea secondo la quale l’Anm è diventata un ‘nemico’. Ma l’Anm è la casa di tutti i magistrati, pur con le differenze culturali tra le diverse componenti. Una delle contestazioni mosse alla minoranza è di non aver votato il documento durissimo presentato da MI contro alcune riforme governative e di aver votato un documento più morbido con le altre componenti. In sè, la maggioranza sembrerebbe avere ragione, ma io ho la sensazione che quel documento durissimo fosse stato fatto apposta per mettere in difficoltà l’Anm. Sono mosse che lasciano il tempo che trovano, utili solo a mostrare all’esterno fratture interne all’Anm. Ma attenzione: se si deve resistere a riforme che giudichiamo sbagliate, è meglio farlo col più largo consenso possibile. Mi pare insensato fare il diavolo a quattro su un documento che si è certi non verrà approvato dall’Anm e poi essere morbidi sul altre questioni, dalla riforma dei reati tributari con la manina che aveva introdotto la soglia del 3% al falso in bilancio.
Silvia Truzzi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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