L’IMBROGLIO DELLE PREFERENZE
DAL RECENTE ROSARIO DI SCANDALI SUI VOTI COMPRATI AL VOTO DI CLIENTELA
Dietro la sacrosanta esigenza del superamento del porcellum, si rischia in realtà un approdo quasi peggiore, perchè aggravato dal sapore della beffa.
Restano infatti per oltre il trenta per cento i listini bloccati e quindi il boccone più indigesto della legge porcata.
E per gli altri due terzi si propone un appiccicoso quanto surreale salto nel passato, con ritorno all’inguardabile sistema delle preferenze.
Non è nemmeno necessario, come pure sarebbe sufficiente, richiamare il recente rosario di scandali per ricordare che sono tutti, non a caso, legati alle preferenze.
Non solo le vicende dei Fiorito “batman”, degli Zambetti “pisciaturu”, dei Piccolo “superman”, e dei Maruccio di ogni risma; ma anche il decreto di scioglimento del Comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose è interamente motivato sugli scambi connessi a quel sistema di raccolta dei voti, purtroppo in vigore nelle elezioni comunali e regionali.
Il che già dovrebbe bastare e rendere impensabile la sua estensione alle politiche.
Ma la ragione di fondo che deve imporre un no senza condizioni a questa opzione, è persino più rilevante, perchè riguarda al fondo la cultura politica e delle istituzioni necessaria per provare a risanare la “democrazia malata”.
Ed infatti proprio le elezioni politiche devono essere un voto di opinione e non un voto di clientela.
I partiti postideologici se vogliono dare un senso alla loro missione devono recuperare la strada della credibilità che invece perdono per sempre se scelgono sistemi che fomentano al loro interno guerre intestine, familistiche se non criminali.
Comitati d’affari dei quali infine i partiti medesimi restano vittime e subalterni.
Svuotati dall’interno. Nella loro stessa anima.
Optare per le preferenze vuol dire ostentare, in un masochismo accecato, una clamorosa indifferenza a questa esigenza vitale, quando l’alternativa valida la conoscono tutti.
Sono i collegi l’unico strumento idoneo a saldare voto di opinione, nuova centralità dei progetti politici, valorizzazione dei candidati, virtuoso collegamento con il territorio.
Si deve poi ovviamente azzerare qualsiasi residuo di listino bloccato, cimelio non richiesto del porcellum.
Sul fronte della governabilità infine, Napolitano ha parlato chiaro.
Se è vero che si devono evitare coalizioni forzate è altrettanto vero che il premio deve servire a sostenere un governo di legislatura, risultando invece di dubbia costituzionalità se serve solo come cadeau a questo o quel partito.
Con il rischio di produrre il medesimo cortocircuito che oggi il porcellum presenta al Senato dove il premio opera persino in danno di chi deve formare la maggioranza di governo. Vale per la riforma elettorale quel che vale per l’anticorruzione.
Non serve una legge purchessia, ma la legge che tutti sanno sarebbe utile per il paese e che però si stenta ad approvare per tornaconti personali o di partito.
Lì per avere salvacondotti nei processi, qui per la trasparente tentazione di far finta di ridare la parola agli elettori, ma scegliendo sistemi buoni solo a garantire se stessi e a reclutare i peggiori.
Democratici, dipietristi e vendoliani hanno votato contro. Ma non basta.
Anche al porcellum dissero di opporsi per poi abusarne abbastanza.
Arrivati alla soglia della riforma implorata dai cittadini, il più odioso dei tradimenti deve essere contrastato con forza visibile e senza infingimenti.
La cronaca ogni giorno ci dice che si è giunti al fondo del pozzo.
Dovrebbe quanto meno esserci l’istinto a provare a spingere verso l’alto per cercare la risalita.
Continuare a scavare, non è sopravvivere, ma solo un cieco cupio dissolvi.
Gianluigi Pellegrino
(da “La Repubblica”)
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