L’UNIVERSITÀ PER RENZI E’ TUTTO, INFATTI LA TAGLIA
COERENZA RENZIANA: IN PUBBLICO SI SPENDE PER LA SCUOLA, SALVO POI TAGLIARE DI 45 MILIONI I FONDI PER GLI ATENEI
Ma come? Di fronte alla crisi economica parti dalle scuole?
“Sì: di fronte alla crisi economica non puoi non partire dalle scuole”.
Matteo Renzi lo disse durante il suo primo discorso in Parlamento, quello per la fiducia. Al congresso del Pse a Roma la mise ancora meglio: “La sfida è avere attenzione per scuola, università e ricerca”.
E infatti l’attenzione non è mancata: quella mediatica con la visita in vari istituti della penisola e l’annuncio (solo questo per ora) di un nuovo piano per l’edilizia scolastica; e quella contabile che si è espressa in un taglio da 30 milioni quest’anno e 45 a partire dal prossimo al Fondo di finanziamento ordinario dell’università (una sforbiciata, di cui ancora non si conosce l’entità , dovrebbe toccare pure al Fondo per gli enti di ricerca) per pagare il bonus fiscale da 80 euro per chi guadagna tra ottomila e 24 mila euro l’anno.
Il ministro per così dire, competente, Stefania Giannini, prima ha gioito perchè non c’erano i soliti tagli all’università , poi in un’intervista a Repubblica ha negato che si tratti di tagli (“sono accantonamenti necessari per motivi di contabilità ”) per poi ammettere che “a tutti i ministeri sono stati chiesti sacrifici” e quindi “abbiamo dovuto mettere quella voce a bilancio”.
C’è chi dice, persino tra i vecchi vertici della Conferenza dei rettori, che non si tratta poi di una cifra eccessiva per un Fondo che vale quest’anno 6,8 miliardi di euro: sarebbe però il caso di ricordare che nel 2008 lo stesso Fondo superava i nove miliardi ed è stato in questi anni una delle vittime preferite di tutti i ministri dell’Economia, Giulio Tremonti su tutti.
Ammettendo pure che si tratti di spiccioli, “il segnale di attenzione” del premier è arrivato forte e chiaro: l’università è ancora terreno di caccia per i tagliatori della spesa pubblica.
Eppure con toni aulici — sempre al congresso del Pse di inizio marzo — s’era sdilinquito sul Rinascimento e quei furbacchioni dei banchieri fiorentini che “capirono che investire in operazioni culturali era la chiave per il successo” e che “bisognava garantire l’accesso al sapere a tutti, anche e soprattutto ai figli dei piu’ poveri”, così da favorire quella mobilità sociale che è “motore della crescita”.
Insomma, Matteo la teoria la sa, speriamo passi alla pratica.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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