L’URLO DELLA “BASE†FINIANA: AZZERIAMO “FUTURO E LIBERTAâ€
NOMINE, INCARICHI, STRUTTURE E SEGRETERIE PER RIPARTIRE DA CAPO: DA UNA POSSIBILE RIVOLUZIONE ALLA ROUTINE DA POLITBURO…TRADITI GLI IDEALI INIZIALI DI CHI SOGNAVA UN NUOVO PROGETTO POLITICO DALLE SQUALLIDE STRATEGIE DEGLI ELETTI…SI PARLA DI ETICA E LEGALITA’ E POI SI CACCIA CHI LA PRATICA PER TENERSI I COLLUSI
Azzerare tutto: le nomine, gli incarichi, le strutture, le segreterie. Ripartire da capo.
Questo chiede la cosiddetta “base” di Futuro e libertà : rimettere tutto in discussione, eliminare la distinzione tra parlamentari e non parlamentari, stracciare presunti “pedigree” e curricula di partito, selezionare una classe dirigente nuova per davvero e non solo a parole.
Aprirsi. In una (brutta) parola: deparlamentarizzarsi.
Non ci sono “correnti”, tra chi ha scelto di intraprendere una lunga e difficile traversata del deserto.
Non ci sono divergenze sull’obiettivo da rincorrere, non ci sono dubbi sulla strada da percorrere: quella è roba che riguarda i “dirigenti”, gli uomini di potere e di palazzo affannati a salvaguardare la propria personalissima sopravvivenza politica.
Ecco la vera delusione che serpeggia nel mondo “finiano”.
Non la sconfitta ormai metabolizzata del 14 dicembre, ma lo spettacolo di una possibile rivoluzione trasformata in routine da politburo.
Lo dicono i sondaggi, se mai servisse un sigillo “scientifico” su quello che si respira e si sente a pelle.
E dunque l’unica via di fuga, prima che sia davvero troppo tardi, è un reset.
Ripartendo dall’onda emotiva che si raccolse attorno a quel dito alzato in faccia al Cavaliere, a quel cuneo infilato nel granito del potere berlusconiano.
Ed evitando di sovrapporre la battaglia “ideale” di Futuro e libertà con le personalissime strategie degli “eletti” che ne fanno parte.
È stato miope pensare di poter puntellare in Parlamento un movimento nato fuori dal palazzo, nelle profondità della società civile più che nelle sezioni, tra i giovani de-ideologizzati e gli intellettuali “eretici”, gli studenti e i professionisti, le donne offese dal velinismo e i delusi dalla politica.
A rileggere oggi gli eventi, si capisce che si sono sovrapposte due linee, nella storia breve ma intensa di Fli: da una parte le tattiche personali di deputati, senatori e funzionari di partito, le “conte”, i gruppi parlamentari, le nomine, le segreterie; e dall’altra la spinta emotiva, la rottura culturale prima ancora che politica, il coraggio oltre gli steccati di chi sognava un progetto politico nuovo, diverso da tutti, esterno al Palazzo ma non per questo antipolitico.
Sono esemplari, in questo senso, le vicende di chi raccolse – prima della conclusione di Gianfranco Fini – l’applauso più intenso a Bastia Umbra, quando Fli era nata da poco e i sondaggi veleggiavano verso percentuali più che lusinghiere: Adolfo Urso, Andrea Ronchi, Antonio Buonfiglio, Roberto Menia.
Con un boato le migliaia di persone arrivate lì da tutta Italia accolsero la notizia delle loro dimissioni dall’esecutivo.
Un gesto attraverso il quale la “rottura” con il sistema berlusconiano compiva un balzo di qualità , e Futuro e libertà si apprestava a diventare a tutti gli effetti una forza di opposizione.
Oggi di quei quattro “eroi dimissionari” ne è rimasto solo uno, Roberto Menia.
Gli altri tre hanno ceduto al richiamo della foresta, si sono fatti travolgere dalla nostalgia del “centrodestra”, oppure – come maligna qualcuno – non hanno ottenuto quel che volevano, e vanno altrove seguendo promesse migliori.
Prima Urso e Ronchi e ieri Antonio Buonfiglio, che ha lasciato Fli per unirsi al neonato movimento di Renata Polverini (una che, come Gianni Alemanno e Roberto Formigoni, ancora si illude che il Pdl sia un partito normale, in cui si possa “scendere in campo” per la leadership senza la benedizione del Cavaliere).
È una dimostrazione, questa, di come quelle due traiettorie (i parlamentari da una parte, e il “popolo finiano” dall’altra) siano sempre più divergenti.
Inutile dire che – soprattutto oggi – l’unica traiettoria vincente è la seconda.
E altrettanto inutile dire che episodi come quello di Buonfiglio – con tutta la comprensione e il rispetto per la sua scelta personale, beninteso – dimostrano che legare il destino di Fli a quello della sua (momentanea) rappresentanza parlamentare, rinchiudendosi in una sorta di ufficio politico permanente, mentre i cittadini demoliscono giorno dopo giorno la seconda repubblica – è il modo migliore per svuotare definitivamente quel sogno lanciato un anno fa, e farsi trascinare irrimediabilmente nelle stanche dinamiche di fine regime.
(da “Il Futurista”)
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