LA LEGA IN SOLITARIO: “RISCHIAMO UN BAGNO DI SANGUEâ€, MARONI SI ATTACCA SOLO AL TRAM TOSI E DIVENTA DEMOCRISTIANO
IN LOMBARDIA SU 126 COMUNI CHIAMATI AL VOTO LEGA E PDL NE AMMINISTRAVANO 35, LA LEGA DA SOLA 10…A RISCHIO MONZA, CASSANO MAGNAGO, CREMA, CANTU’, CESANO MADERNO, LISSONE, MEDA, TRADATE, JESOLO, THIENE… E IL BARBARO SOGNANTE FA L’ELOGIO POSTUMO DELLA DC
Sarà anche «bello», come aveva annunciato Bossi.
Oppure «rigenerante», come preferisce dire Maroni.
Fatto sta che questa corsa solitaria della Lega (alleata con il Pdl solo a Gorizia, e solo perchè i berlusconiani rinunciano al logo tradizionale e si presentano come Popolo di Gorizia) non mancherà di lasciare sul campo (padano) morti e feriti.
Difficile, anzi impossibile, riconquistare in splendida solitudine – e con l’eco ancora vivissima degli incredibili scandali che hanno travolto il movimento – i tantissimi Comuni finora amministrati in condominio con i vecchi alleati.
Come Cassano Magnago, nel Varesotto, il paese natio del Senatùr, dove il Carroccio sta facendo di tutto per vincere una battaglia dal forte valore simbolico.
E sarà dura pure riconfermare quelli dove, cinque anni fa, i leghisti avevano già vinto da soli. Se si considerano solo i comuni con più di 15mila abitanti, tra Lombardia e Veneto sono una dozzina, le amministrazioni a monocolore leghista.
Se si mettono nel conto anche quelli più piccoli, solo in Lombardia Pdl e Lega ne amministravano insieme 35 sui 126 chiamati oggi al voto; e dieci il Carroccio da solo.
Sempre in Lombardia, l’elenco dei comuni maggiori a guida leghista comprende Monza, la terza città della regione per numero di abitanti, poi Cantù, Crema, Cesano Maderno, Lissone, Meda, Tradate.
E nel Veneto, sempre nei centri maggiori, ci sono in ballo le poltrone “verdi” di primo cittadino a Verona, Jesolo, Thiene, San Giovanni Lupatoto.
Tranne il veronese Flavio Tosi, di cui si pronostica una vittoria in carrozza già al primo turno, rischiano tutti.
A cominciare dal borgomastro di Monza Marco Mariani, che non a caso si era subito detto contrario al divorzio dal Pdl, salvo poi accettare – come hanno fatto più o meno volentieri gli altri suoi colleghi – la decisione presa dal consiglio federale.
E che ora rischia di non arrivare neppure al ballottaggio, nonostante i suoi cinque anni da sindaco.
Le previsioni della vigilia sono concordi, al di là delle divisioni tra bossiani e maroniani, accentuate dalla recente zampata del vecchio capo, che una settimana dopo aver incoronato l’ex ministro degli Interni come nuovo segretario, è tornato a riproporsi come leader annunciando la propria ricandidatura al congresso federale di fine giugno.
«Sarà un bagno di sangue», è il sussurro unanime che passa di bocca in bocca.
Ma è l’unica cosa che accomuna i due fronti: la Lega vecchia (come dicono i Barbari sognanti di Bobo), raccolta attorno a Bossi; e quella nuova che sta scaldando i muscoli in vista del congresso per eleggere Maroni leader.
Una rappresentazione plastica delle «due Leghe» è stata data venerdì sera, nelle due città più importanti (almeno per il Carroccio) di questa tornata amministrativa.
Comizi di chiusura del Carroccio a Monza e Verona.
Nella città di Teodolinda, con Mariani, c’era Bossi, in un teatro che mostrava parecchie poltrone vuote; in quella di Giulietta Maroni (lì il Senatùr non l’hanno proprio voluto, e per tutta la campagna elettorale), arrivato per tirare la volata a Tosi, in un tripudio di bandiere, cartelli irriverenti (Semo Tosi coi Maroni, gioco di parole che suona più o meno così: siamo ragazzi con gli attributi), e in una piazza strapiena.
Ecco, il vecchio e il nuovo.
E sul nuovo scommette il triumviro, al quale domani sera non andrebbe affatto male rivendicare, dentro una generale dèbà¢cle della Lega, la sperata vittoria a Verona come momento di palingenesi e occasione di ripartenza in un momento difficilissimo.
Obiettivo dichiarato di Maroni è «allargare i nostri consensi ai padani non leghisti», attraverso uno «svuotamento» del Pdl che ha come primo momento il passaggio di suoi esponenti locali alle liste civiche che appoggiano sindaci leghisti.
È accaduto a Verona, potrebbe accadere, anche se in altre forme, alle politiche dell’anno prossimo.
«Il problema – va ripetendo Bobo ai fedelissimi – è evitare che nel 2013 questi voti tornino al Pdl».
Ed è anche per questo che Maroni venerdì sera si è lanciato in un elogio postumo della Dc, «che non era solo il partito delle tangenti».
E lo ha fatto in sintonia con il suo discepolo Tosi, che si definisce un «leghista democristiano».
Se domani il sindaco avrà già rivinto, l’ex ministro tirerà fuori tutto quel che si è tenuto dentro da quando Bossi ha annunciato la ricandidatura al congresso.
Rompendo gli indugi e annunciando la propria.
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica”)
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