LA RETROMARCIA DI ANGELINO: “NON ROMPO CON SILVIO, LETTA NON MI DÀ GARANZIEâ€
IL TIMORE CHE RENZI PROVOCHI LA CRISI E CHE SI VADA A VOTARE TROPPO PRESTO ALL’ORIGINE DELLA FRENATA: “DEVO AVERE IL TEMPO DI ORGANIZZARMI”
«E sarebbero queste le larghe intese? Una provocazione, ecco cosa è la Bindi all’Antimafia». Raccontano che Silvio Berlusconi non si sia lasciato andare alle battute di dubbio gusto di un tempo sulla parlamentare pd, ma la sua elezione alla bicamerale lo ha convinto ancor più che la strada dell’alleanza di governo coi democratici sia al capolinea.
Ha preferito tenersi informato da Arcore, il Cavaliere, senza rientrare a Roma.
Lo farà con molta probabilità oggi, con un paio di appuntamenti già in agenda. C’è un partito in rotta da tenere unito, almeno fin tanto che si voterà la decadenza al Senato.
Non che il leader credesse davvero di spuntarla con la candidatura di Donato Bruno a capo di quella commissione.
Ma almeno pensava che alla fine si sarebbe arrivati a un compromesso. E invece niente.
Aventino, eseguito da tutto il partito, senza distinzione tra falchi e colombe. E ora il clima torna a farsi pesante nella maggioranza. Berlusconi coi suoi interlocutori ieri ha ripetuto di essere disposto a delle aperture sulla legge di stabilità , senza guerra preventiva.
Detto questo, ha anche designato il «mastino» Renato Brunetta come controrelatore della norma finanziaria.
Qualcosa sta mutando in queste ore, negli equilibri interni al Pdl.
Alfano non è più convinto come prima della opportunità dello strappo che pure sembra imminente.
Ieri il segretario ha chiamato a più riprese il Cavaliere, lo ha rassicurato sull’ennesimo rinvio che starebbe ottenendo sul voto di decadenza.
Non più ai primi di novembre, ma da far slittare a dopo la sessione di bilancio al Senato, dunque tra fine novembre e i primi di dicembre.
Altro tempo utile per tenere aperta la partita, per sperare in una trattativa, non si capisce bene quale.
Berlusconi stesso è scettico, per nulla rassicurato. Comunque prende tempo.
Cosa è cambiato negli assetti interni?
Alfano ne ha accennato nei colloqui riservati col premier Letta, con gli altri ministri «amici» del Pd: «Io non ho più alcuna garanzia che possiate tenere sotto controllo Renzi, che da qui a qualche mese il vostro nuovo segretario non provochi la crisi lasciandomi in mezzo al guado», è il suo timore accentuato dalle uscite di queste ore del sindaco di Firenze.
Troppo alto il rischio di precipitare al voto anticipato senza avere il tempo di riorganizzare il centro non più berlusconiano.
Non a caso nei colloqui di ieri col capo, Alfano ha spiegato anche che il documento di due giorni fa firmato da 24 senatori a lui vicini non era un «atto ostile» contro lo stesso Berlusconi ma contro «i falchi che lavorano per rompere».
Il Cavaliere ha voluto appurarlo personalmente, chiamando alcuni di loro per chiedere il perchè della firma.
E per il momento resta nei cassetti anche il documento programmatico che il ministro Gaetano Quagliariello avrebbe già messo a punto – dal titolo molto simile all’«Italia che vogliamo» – da sottoporre alla firma di tutti i parlamentari d’area.
Un manifesto politico bello e buono. Fermo, per ora.
Anche perchè Berlusconi ha voluto lanciare loro un segnale: oggi, al rientro a Roma, non convocherà nè l’Ufficio di presidenza, nè il Consiglio nazionale, organismi direttivinei quali Fitto e i “lealisti” confidano per la conta interna.
Per mettere all’angolo Alfano, i ministri e le cosiddette colombe governative.
«Se non venisse convocato l’Ufficio di presidenza in settimana sarebbe un problema – ragionava il deputato pugliese coi suoi in Transatlantico – Logico che il segretario e tutti gli altri lavorano per prendere tempo: a loro conviene tenere la segreteria e tutti i ministri. Noi non ci stiamo. Ci hanno fatto anche scomparire da tutti i tg, combattiamo con le pietre contro i carri armati, ma non ci fermano ».
Il clima nel Pdl resta tesissimo.
Proprio tra Fitto e l’alfaniano Antonio Leone sono state scintille, ieri, nell’emiciclo della Camera, durante una pausa dei lavori.
Con la Gelmini costretta a intervenire per portare la calma. Berlusconi predica unità ma in aula e fuori sono sempre più due partiti.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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