LA SARDEGNA DIVENTA L’ISOLA CHE NON C’È: “IL LAVORO? CAZZ, BOHâ€
NON SOLO ALCOA, IN 5 ANNI BRUCIATI 90.000 POSTI DI LAVORO SOLO NELL’INDUSTRIA
Alla fine bisognerà ammettere che l’analisi più convincente dell’economia in dissoluzione l’hanno data i giovani cantanti di “Cazz boh”, video musicale cliccatissimo in rete soprattutto dai sardi disoccupati. Giovani.
Un mix di ironia e disperazione sintetizzato nel titolo: una generazione sospesa tra rabbia e rassegnazione. S
u Youtube potete osservare il sorriso inossidabile con cui Ilaria Porceddu, reduce di XFactor, gorgheggia: “E cosa fai se c’è il benzene nella falda, in fondo l’Eni dà lavoro e viene male processarla, cazz boh, cazz boh…”.
E questo è per la crisi della grande industria. Poi c’è quella della piccola: “Che male c’è se la tua azienda è andata all’asta, se la compra un prestanome della banca, che fai se poi la vende a prezzo pieno, in fondo adesso non hai debiti e puoi ucciderti sereno, cazz boh, cazz boh…”
L’amara ballata dell’occupazione svanita
Se dall’amara ballata di Alessandro Carta dei Nasodoble ci spostiamo ai dati Istat, e per farlo bisogna attraversare il deserto di parole di politici ed economisti, scopriamo che l’analisi coincide.
Nel 2008, all’inizio della grande crisi, in Sardegna avevano un lavoro 633 mila persone, su una popolazione di poco superiore al milione e mezzo. Oggi ce l’hanno in 547 mila.
O meglio, ce l’avevano nel primo trimestre del 2014, adesso saranno ancora meno. Perchè nel frattempo, per dire, sta chiudendo la Vinyls di Porto Torres.
Dei 120 operai che cinque anni fa andarono a recludersi all’Asinara dando vita a una delle proteste più cliccate di sempre, ne sono rimasti 80.
Ma insomma, in cinque anni sono spariti, ufficialmente, 88 mila posti di lavoro (40 mila nell’industria) in una popolazione come quella di Milano.
Il dato può sembrare agghiacciante, eppure il peggio deve ancora venire.Di quegli 88mila lavori scomparsi, 58 mila li hanno persi i ragazzi tra i 25 e i 34 anni.
Invece gli over 55 con posto di lavoro dal 2008 sono aumentati da 63 mila a 90 mila, e addirittura aumentano gli occupati tra gli over 65.
Questo significa che la Sardegna è immobile. Chi aveva un lavoro sicuro vent’anni fa (pubblico impiego, scuola, sanità , poste etc.) se l’è portato dietro da una classe di età alla successiva.
I giovani invece crescono senza trovare un posto di lavoro che li aspetta.
Si tirano le somme finali del fallimento dell’industrializzazione a senso unico degli anni ’60. Le coste e l’interno dell’isola sono state riempite di raffinerie e petrolchimici (Sarroch, Ottana, Porto Torres). Non è rimasto niente.
A Porto Torres la Sir di Nino Rovelli e poi l’Eni erano arrivate a creare 12 mila posti di lavoro. Adesso c’è la cosiddetta chimica verde di Matrica, che trasforma in plastica l’olio del cardo. Per ora impiega un paio di centinaia di operai, mentre altri 400 contano di lavorare con la Syndial (gruppo Eni) per le bonifiche di un’area spaventosamente avvelenata (il benzene di cui sopra).
La politica delle promesse. E l’emiro del Qatar
Nel Sulcis lo Stato fronteggiò la fine delle miniere di Carbonia, che davano 20-30 mila posti di lavoro, con la fabbrica dell’alluminio, la Alumix, che adesso è in rianimazione.
Dei due grossi pezzi che furono privatizzati negli anni ’90, la Eurallumina è ferma da anni, l’Alcoa, ferma da un anno e mezzo, aspetta di essere salvata da un intervento del governo sul prezzo dell’energia elettrica. Se va bene mille posti. Manca però un modello alternativo , si lascia passare il tempo come se si sperasse che la bufera passi.
Parli con vecchi sindacalisti come Tino Tellini (ex Vinyls) e ti dicono che per fortuna il tempo fa scivolare un po’ di gente verso la pensione e questo attenua qualche dramma, così capisci che in Sardegna il vero ammortizzatore sociale è la vecchiaia, per non dire di peggio.
Il punto è che fanno notizia le fabbriche che chiudono o tagliano, e quindi ci sono quelli che perdono il lavoro.
Chi non fa notizia per definizione è chi il lavoro non l’ha mai avuto e praticamente nemmeno lo cerca perchè non sa neppure com’è fatto.
Dei giovani sardi nessuno si occupa, non si sa neppure più quanti sono i disoccupati, anche perchè quando dici 30 per cento, e poi 40 per cento, e poi forse 50 per cento i numeri non aggiungono più nulla all’evidenza della tragedia.
E loro stanno finendo la stagione al mare (quest’anno per fortuna il turismo non è andato malissimo) in attesa di trovare uno di quei caporali che se li porta a legioni intere a fare i camerieri negli alberghi e nei rifugi delle località sciistiche.
Perchè in Sardegna il problema di un’economia che non gira più, e non per una crisi passeggera, nessuno lo affronta alla radice. Si va per tentativi.
Nel Sulcis sono dovuti arrivare a far scappare il ministro Passera in elicottero (novembre 2012) per ottenere un piano che prevede 650 milioni di investimenti pubblici.
Dopo due anni di quel piano è stato attuato solo il monitoraggio delle attività svolte, affidato alla società pubblica Invitalia. Risultato del monitoraggio: attività svolte nessuna. Soldi investiti: solo quelli del monitoraggio. Per la verità hanno fatto anche il concorso di idee.
Tra quelle approvate c’è l’idea di un albergo termale a cinque stelle sull’isola di Sant’Antioco. Approvata l’idea, ma non il progetto, perchè la struttura è troppo vicina al mare.
Alla fine l’unica cosa che marcia è il nuovo ospedale San Raffaele di Olbia, costruito dagli emiri del Qatar. Assorbirà un pezzo di bilancio regionale per la Sanità , a danno di altre strutture, ma è classificato come regalo.
In cambio del quale l’emiro Al Thani si aspetta un po’ di cubature sulla Costa Smeralda che ha comprato in blocco due anni fa. Lo schema si riproduce.
Per i giovani sardi c’è sempre e solo cemento e posti da camerieri.
E a loro non resta che dire: cazz boh…
Giorgio Meletti
Leave a Reply