LA TAGLIOLA DI BERLUSCONI SULLE LISTE, SOLO 30 SI SALVERANNO
CONVINTO DI AUMENTARE I SEGGI, MA PUNTA SUGLI UNDER 40 E SU GALLIANI
Ora che la nuova legge elettorale prende forma e si prepara a sbarcare in aula, Silvio Berlusconi si staglia sempre più come il “padrone” incontrastato delle liste, le sue, ben più di Renzi, Grillo e Salvini nei rispettivi partiti.
Grazie al “tedesco” all’italiana infatti il Cavaliere avrà potere di vita e di morte — politica s’intende — data la pressochè matematica certezza che tutti i parlamentari di Forza Italia entreranno attraverso i listini proporzionali e quasi nessuno dai collegi (ad appannaggio della Lega al Nord e di Pd e M5S al Centro e al Sud).
L’ultimo studio che mercoledì scorso hanno compulsato a pranzo ad Arcore Berlusconi coi capigruppo Romani e Brunetta, Letta, Ghedini e Giacomoni, disegnerebbe un partito al 14 per cento che, grazie allo sbarramento ammazza-piccoli, lieviterebbe di fatto al 18, conquistando un’ottantina di deputati e una quarantina di senatori (120 a fronte dei 91 attuali).
Tutti scelti da quei sei al tavolo.
E tra i forzisti di seconda e terza fila la tensione è infatti altissima. Non è un caso, fanno notare, se in questi giorni non si sia registrata una sola dichiarazione di entusiasmo (con l’eccezione dei capigruppo) in favore del “tedesco” voluto dal loro leader.
In Forza Italia è già panico da posto, i più sentono cigolio da ghigliottina.
Anche perchè le notizie che filtrano in queste ore da Villa San Martino non sono le più rassicuranti per i 41 senatori e i 50 deputati.
Il capo va ripetendo che confermerà «al più una trentina: voglio una ventata nuova, come nel ’94, gente della società civile, imprenditori, amministratori».
E la ghigliottina sarebbe già allestita, sotto forma di sbarramento interno per tutti coloro che abbiano maturato già tre o più legislature. «Salvo alcune deroghe giustificate», viene fatto presente.
Va detto che il refrain non è nuovo, era stato già proposto nel 2013 e ancor prima nel 2008, poi è finito tutto in deroga.
Ma stavolta manca il “mediatore” Verdini. E se è vera la lista dei quindici fedelissimi disposti a votare il “tedesco” (e in odor di salvataggio a Palazzo Madama), se ne vedranno delle belle: Messina e Sciascia in quota Fininvest, Romani e Ghedini, Marin, Mandelli, Rizzotti, Bernini, Malan, Rossi, Giro, Carraro, Gasparri, Caliendo, Schifani.
E poi ci sarebbe la sorpresa Adriano Galliani: Berlusconi vuole un seggio al Senato per l’ex amministratore delegato del Milan, da sempre al suo fianco.
Fuori, il girone dei dannati. I quali infatti minacciano di scatenare l’inferno.
Hanno una sola arma per farla pagare: mettersi di traverso in occasione dell’approvazione a tappe forzate della legge elettorale.
Tanto più che a Palazzo Madama ogni voto pesa piombo e i tempi non possono essere contingentati come alla Camera.
Ora e non dopo pretendono tanto per cominciare una garanzia piena di ricandidatura “blindata”, dal capo. I primi iniziano a venire allo scoperto.
“Si provveda immediatamente alla correzione, qualunque legge con questi collegi è invotabile” attacca il senatore Remigio Ceroni, coordinatore delle Marche.
Ce l’ha con la distribuzione nella sua regione, ma dà voce anche ad altri malpancisti. “Se io sono morto, vuoi che non combatta prima dell’ultimo respiro?” chiedeva con tono di sfida a un collega demoralizzato Domenico De Siano, senatore anche lui e coordinatore campano.
L’ex grillina, convertita sulla via del berlusconismo, Serenella Fucksia, ha bussato alla porta di Arcore qualche giorno fa, pur di essere rassicurata (invano, sembra).
Qualcun altro, come il senatore Giovanni Bilardi, eletto in Fi, transitato in Ncd e ora rientrato a ceduto in “prestito” al nuovo gruppo di Quagliariello, ha preteso di poter sentire al telefono Berlusconi prima di dire sì al transito temporaneo.
Qualcuno vorrebbe lettere scritte del leader con impegno sulle future liste, accettando solo così di piegarsi al “tedesco”, ma hanno fatto notare loro che sarebbero prive di qualsiasi valore giuridico. I “dannati” non si rassegnano.
Alla Camera, dove la maggioranza sulla legge elettorale è più ampia, i 50 forzisti sono ininfluenti.
Ma sono ancor più preoccupati per l’operazione “restyling” minacciata dal capo. Perchè è proprio a Montecitorio che sarà paracadutata la folta squadra di under 40 di cui si parla.
Anche qui, salvo le 15-16 “deroghe” per gli uscenti. Brunetta e Brambilla, Gelmini e Carfagna, Giacomoni e Longo, Valentini e Crimi, De Girolamo e Calabria, Angelucci e Baldelli. Cesaro e Fontana, Occhiuto e Ravetto.
Altri se ne aggiungeranno, se è vero che alcuni minacciano di incatenarsi davanti Palazzo Grazioli piuttosto che mollare il seggio.
Ma per tanti della prima ora, da Antonio Martino a Elio Vito, il “Big Ben” ha detto stop.
(da “La Repubblica”)
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