LAMPEDUSA, C’È CHI CI GUADAGNA: PER IL TRASPORTO DEI MIGRANTI SI PAGANO 140.000 EURO AL GIORNO PER LA NAVE MOBY
CALO DEL 70% DI TURISTI SULL’ ISOLA… COME MAI NON SI USANO I MEZZI MILITARI, DELLA GUARDIA DI FINANZA O DELLA SIREMAR ?
L’emergenza profughi continua ad occupare le aperture dei tg e dei giornali, seminando paura tra i turisti, che scelgono altre mete.
Risultato: a Lampedusa i migranti non ci sono. O meglio, quelli che ci sono stanno rinchiusi in quella specie di lager che chiamano centri di accoglienza (ieri ne sono sbarcati altri 430, il Cie è di nuovo al collasso con 1200 presenze) e non ci sono neppure i turisti.
Il 70% in meno dell’anno scorso, percentuale che rischia di raggiungere l’80% a fine mese.
Le spiagge hanno il passo della vita settembrina più che ferragostana: ombrelloni semi-vuoti, nessuno in fila per mangiare o nei bar della centrale via Roma per gustare una granita.
Tutta colpa dello spauracchio migranti? Sicuramente, ma soprattutto dei rari voli che collegano l’isola al continente e dei costi elevatissimi che hanno.
Per venire qui abbiamo pagato un biglietto di sola andata da Roma 300 euro con la Blue Panorama.
La stessa compagnia che il ministro del Turismo Michela Brambilla nella conferenza stampa che seguì alla visita del premier Silvio Berlusconi sull’isola, invitava ad utilizzare in quanto avrebbe garantito lo sbarco a Lampedusa con soli 50 euro.
Forse intendeva il costo del taxi per arrivare a Fiumicino dal centro città .
Per non parlare dell’Alitalia che garantisce un volo al giorno, solo il sabato e la domenica.
Eppure l’atmosfera misteriosa e incontaminata del mare e delle baie, la gentilezza ruvida e autentica dei pescatori, continua a rendere Lampedusa la più bella isola che guarda all’Africa.
E abbassa gli occhi di fronte all’indifferenza e all’incapacità dei nostri governanti. L’emergenza immigrazione non conosce la parola fine.
Mentre conosce bene il suo prezzo. In termini umani, ovviamente, e questo non è quantificabile. E in termini di costi. Questi sì quantificabili.
Come i 140 mila euro al giorno che per due mesi — tanti ne sono trascorsi finora — fanno 8 milioni e quattrocento mila euro per pagare la nave Moby, che trasporta in altri luoghi gli immigrati che non trovano posto nei centri.
Affidamento diretto in nome dell’emergenza all’armatore Vincenzo Onorato socio di Cin, l’Associazione temporanea d’impresa che si è aggiudicata la gara per l’acquisto della Tirrenia, un tempo società pubblica.
Ci si chiede perchè non vengano utilizzate le motovedette della Guardia di Finanza, le navi militari o quelle della flotta Siremar, compagnia partecipata dalla Regione Sicilia. Domande destinate a restare senza risposta.
Come quella che in molti si pongono sull’isola: che fine fanno i barconi sui quali arrivano i migranti una volta che vengono caricati con la gru sulla nave?
In quali mani finiscono?
Mentre si sa dove vengono portati i bambini.
Raggiungiamo in sella ad un motorino la ex base Loran poco distante dall’Isola dei Conigli.
E lo spettacolo che ci attende toglie il respiro.
Occhi neri, blu e perfino celesti, con capelli biondi e pelle scura, magia della miscellanea delle razze.
Sguardi imploranti che trapelano come raggi di sole dalla rete.
Mani piccole e già coraggiose aggrappate al filo spinato. Lamenti che si perdono nel vento.
Ecco dove sono i bambini. Non possiamo entrare. Non ce lo permettono.
Li possiamo solo guardare. E ascoltare.
Prigionieri senza colpa di una modernità che calpesta la dignità , ma una cosa non riesce a fare: azzerare l’istinto di sopravvivenza, altrimenti come potrebbero resistere qui dentro? La sola cosa che ci viene permessa è andare via.
E mentre torniamo verso il molo Favaloro, dove altri barconi stanno arrivando ci chiediamo dove li porteranno questi bimbi, questi ragazzini semmai un giorno decideranno di liberarli.
E dove sono quelli che sono riusciti a scappare?
Sandra Amurri
(da “il Fatto Quotidiano“)
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