LETTA: “VEDETE CHE LE LARGHE INTESE NON FANNO MALE�
EPIFANI VINCITORE: “SI E’ CAPITO CHE NON E’ INCIUCIO”
“Il governo delle larghe intese non fa male alla politica». Enrico Letta tradisce la sua soddisfazione per l’esito delle amministrative.
Nessuna dichiarazione pubblica «per non rompere il profilo istituzionale, totalmente concentrato sui problemi che mi sembra giusto tenere in questa fase».
Ma il premier è su di giri e a Palazzo Chigi ricordano bene le previsioni fosche della vigilia.
«Il cosiddetto inciucio doveva portare Grillo all’80 per cento, dicevano alcuni osservatori. Beh, si sbagliavano. Ai ballottaggi vanno solo candidati del centrosinistra e del centrodestra. Perchè non c’è un inciucio, ma un governo di servizio. Un governo che vuole recuperare la credibilità delle istituzioni agli occhi dei cittadini. Come è successo con il finanziamento pubblico ai partiti».
Il ruolo di Letta e del Pd, è l’interpretazione che a Largo del Nazareno danno ai dati delle elezioni, è stato capito anche dagli elettori democratici.
E il patto con Angelino Alfano adesso fa meno paura, anche se il Pdl retrocede e forse alzerà il tiro sull’esecutivo.
Ma senza metterlo in crisi perchè i pilastri del bipolarismo in fondo registrano una tenuta.
«Non c’è da festeggiare. Non sottovaluto l’astensionismo – è il ragionamento del presidente del Consiglio –. Dobbiamo considerarlo un voto di attesa, non un voto positivo. Gli italiani ci mettono alla prova, tocca a noi dare risposte».
Mantenendo gli impegni, le scadenze delle riforme, continuando a togliere acqua alla protesta di Beppe Grillo.
Senza gli argomenti dell’antipolitica, i cittadini finiscono per punire un Movimento che finora ha avanzato pochissime proposte.
Il Pd tira un sospiro di sollievo, temeva davvero lo Tsunami annunciato dal comico.
Aveva paura del contraccolpo della Grande coalizione, dopo la semisconfitta elettorale, il trauma delle elezioni per il Quirinale, le dimissioni di un segretario, l’elezione di un nuovo leader e i problemi in vista di un congresso. Invece regge, conquista addirittura qualche posizione.
E adesso non nasconde la sua sete di vendetta per le parole e i comportamenti di Grillo.
Il voto amministrativo diventa un piccolo toccasana anche per Pier Luigi Bersani, il candidato premier che provò a incardinare «il governo del cambiamento » con i 5stelle e trovò un muro di No.
Oggi l’ex segretario del Pd torna a battere un colpo con un’intervista a Ballarò.
La scelta di tempo non è casuale. «Il risultato delle città è importante e lo sento in parte anche un po’ mio», dice Bersani.
«Per quello che vale», aggiunge volendo evitare, come al solito, sovrapposizioni, tanto più che la indicazione di Letta e la decisione su Epifani sono suoi frutti. I lunghi giorni del suo tentativo hanno aperto delle contraddizioni nel granitico moloch del comico genovese.
Lui è finito sotto le macerie di quell’impresa impossibile ma sono venuti al pettine alcuni nodi e il flop grillino lo dimostra.
Diventa più facile anche il lavoro di Guglielmo Epifani.
È il segretario che deve reggere insieme la crisi del Pd e le larghe intese. Trasformare cioè l’antiberlusconismo congenito del suo partito in una proposta per il Paese.
«La gente capisce che questo governo sta rendendo un servizio al Paese. Non è un inciucio, nè una proposta politica per il futuro. Il quadro resta complicato, però il Pd è ancora un punto di riferimento ».
Da qui si può ripartire. C’è, nel Partito democratico, una grande voglia di rivincita su Grillo. Perchè proprio nel bacino del Movimento finì quel 5 per cento di voti non pronosticato a febbraio che portò alla disfatta Largo del Nazareno.
Perchè sono stati i rifiuti di Grillo a spingere i democratici fra le braccia di Berlusconi.
Perchè il nemico del Movimento, da Siena al governo di Roma, è stato ed è soprattutto il Pd. «L’Italia è più complessa della rete», si lascia sfuggire il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Ma la sua non è l’analisi di una vittoria piena, i toni sono tutt’altro che trionfalistici. «Il governo Letta si è caricato sulle spalle una situazione di emergenza. La formula è quella del governo di servizio, non un’altra – spiega Franceschini –. Gli italiani ci aspettano alla prova dei fatti. Se arriveranno si capirà ancora meglio la funzione delle larghe intese».
Ora il Partito democratico può organizzarsi meglio per il traguardo del congresso.
Attendere i risultati del ballottaggio: se confermeranno il primo turno, Epifani avrà più margine di manovra per un’azione libera e pienamente operativa.
Matteo Renzi non resterà alla finestra, ma i buoni risultati del Pd sul territorio sono convincenti anche per lui. Le amministrazioni locali e i sindaci rappresentano la spina dorsale del Pd che ha in mente il rottamatore.
Certo, così, i democratici non dovranno affrontare una rivoluzione.
E questa è una buona notizia soprattutto per la tenuta del governo.
Soprattutto per Letta.
Goffredo De Marchis
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