LIBERALIZZAZIONI: 6 ITALIANI SU 10 SONO D’ACCORDO CON MONTI E IL 68% SPERA CHE IL GOVERNO ARRIVI AL 2013
SONDAGGIO MANNHEIMER: IN CASO DI ELEZIONI IL PD E’ IL PRIMO PARTITO CON IL 28,3% DI CONSENSI, PDL IN DISCESA, UDC IN AUMENTO… IL 44% SONO INDECISI
Il decreto sulle liberalizzazioni costituisce un momento cruciale per la vita del governo.
Sia sul piano politico generale, sia su quello specifico dell’opinione pubblica.
Se è vero infatti che quest’ultima, al di là di qualche comprensibile mugugno, aveva finito con l’accettare e perfino sostenere i sacrifici richiesti con il decreto Salva-Italia, è vero anche che non era scontato il proseguimento dell’appoggio popolare in occasione degli ultimi provvedimenti, che minano così tanti privilegi, rendite di posizione o vantaggi che si pensavano acquisiti per sempre.
Non a caso, le decisioni del governo hanno portato a resistenze – e spesso proteste veementi – espresse dalle varie categorie professionali.
Invece, la reazione della popolazione nel suo complesso è stata quella di un sostanziale favore per il complesso delle norme varate.
I risultati delle ricerche di opinione mostrano come la popolazione approvi largamente sia le singole liberalizzazioni, sia la filosofia dell’intera manovra: quasi il 60% degli italiani esprime un giudizio «molto» o «abbastanza» positivo sulle iniziative di liberalizzazione.
Anche il profilo socioeconomico dei fautori dei provvedimenti dell’esecutivo è significativo: risultano infatti particolarmente favorevoli i più giovani, i possessori di titoli di studio elevati, i residenti nel Nord-ovest e nelle grandi città , vale a dire i ceti più «centrali» nel tessuto economico e produttivo, che dovrebbero essere i motori propulsivi della tanto auspicata ripresa.
Dal punto di vista dell’orientamento politico, appaiono più favorevoli alle liberalizzazioni proposte da Monti gli elettori del centrosinistra (che, in generale, appoggiano maggiormente l’operato del governo), mentre emergono maggiori perplessità da chi vota per il Pdl e, specialmente, per la Lega Nord (in questo caso il 70% si dichiara contrario alle liberalizzazioni).
Nonostante l’esistenza di questo consenso maggioritario anche sulle sue ultime iniziative, la popolarità complessiva per il governo ha subito in questi giorni una parziale battuta di arresto dopo l’exploit successivo al blitz di Cortina: oggi dichiara di approvare l’operato dell’esecutivo il 52% degli italiani, a fronte del 56% registrato all’inizio di gennaio.
Il lieve decremento è frutto di andamenti contrastanti tra gli elettorati dei diversi partiti: ad una sostanziale stabilità di consenso nell’elettorato del Pd (e addirittura ad una crescita di giudizi positivi sul governo tra gli elettori del Terzo polo) si contrappone un significativo calo di consensi tra i votanti per il Pdl.
Resta il fatto che la netta maggioranza dell’elettorato (68%) auspica comunque che Monti resti al comando del Paese sino al termine della legislatura in corso, nella primavera del 2013.
Come si sa, gli apparati delle forze politiche stanno già lavorando in vista di questa scadenza, in modo da conquistare in quel momento la massima porzione possibile di elettorato.
Per oggi la distribuzione delle intenzioni di voto (per la verità solo relativamente indicativa, dato che una larga parte degli intervistati si dichiara indecisa) vede ancora il netto primato del Pd che, pur non raggiungendo il 30%, come affermato da alcuni, rimane indiscutibilmente il primo partito italiano.
Questo status è legato anche alle difficoltà del Pdl, che, pur facendo registrare un lieve aumento di consensi proprio in questi giorni, sembra nelle ultime settimane mostrare qualche difficoltà a trattenere l’appoggio dei suoi elettori, i quali paiono attratti per un verso dall’Udc e per l’altro dall’astensione.
Il mercato in palio per i partiti è molto ampio: come si è detto, oggi quasi metà (44%) degli italiani si dichiara infatti indeciso su cosa votare o è tentato dall’astensione.
È soprattutto a costoro che i leader politici guardano – e lo faranno in misura ancora maggiore nei prossimi mesi – nel definire le strategie della comunicazione.
È vero che, data la presenza del governo tecnico, lo spazio a disposizione dei partiti è limitato, ma è vero anche che, come ha osservato anche Stefano Folli, essi possono giocare un ruolo decisivo in iniziative parlamentari come, per esempio, la riforma elettorale.
Renato Mannheimer
(da “Il Corriere della Sera”)
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