NEI PROGETTI DI DIFESA DELL’AMBIENTE, L’ITALIA FANALINO DI CODA
COREA DEL SUD E CINA GUIDANO LA CLASSIFICA DELLE VENTI MAGGIORI ECONOMIE CHE SOSTENGONO PROGETTI A FAVORE DELLA TUTELA AMBIENTALE… L’ITALIA ALL’ULTIMO POSTO
Sono a sorpresa la Corea del Sud e la Cina a guidare la classifica delle venti maggiori economie del mondo che hanno maggiormente contribuito in quota percentuale a sostenere progetti a favore dell’ambiente, nell’ambito dei piani di stimolo internazionali.
La tabella, compilata in vista della Conferenza sul clima che si terrà a Copenaghen il prossimo dicembre, mostra come l’Italia sia riuscita a sistemarsi nelle ultime posizioni.
Fatto 100 i piani di stimolo, ecco quanto i Paesi hanno destinato ai progetti ambientali, in percentuale: la Corea del Sud il 79%, la Cina il 34%, l’Australia il 21%, la Francia il 18%, l’Inghilterra il 17%, la Germania il 13%, gli Stati Uniti il 12%, il Sud Africa l’11%, il Messico il 10%, il Canada l’8%, la Spagna il 6%, il Giappone il 6%, l’Italia l’1%.
Un anno dopo l’inizio della crisi finanziaria mondiale, l’agenzia delle Nazioni Unite rileva che complessivamente il 15% dei 3.000 miliardi del piano di stimolo sono stati destinati a progetti di carattere ambientale.
Rispetto ai progetti in cui i Paesi hanno investito, lo sforzo fatto per ridurre la dipendenza delle grandi economie mondiali dal carbone e dal petrolio non è ancora sufficiente e dovrebbe essere incrementato.
I denari investiti in energie rinnovabili non bastano a ridurre la necessità di carbone e a incidere positivamente sul surriscaldamento globale del Pianeta.
Intanto, a poche settimane dalla riunione di Bangkok, la presidenza svedese della Ue e la Commissione europea invitano i negoziatori internazionali a fare passi avanti decisi per adottare un accordo globale sui cambiamenti climatici.
L’appuntamento in Thailandia è la penultima sessione preparatoria prima della conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Copenaghen, durante la quale si dovrà concludere un accordo in materia, per evitare che i cambiamenti climatici raggiungano livelli pericolosi.
In questo contesto non si può non rimarcare che il coinvolgimento dell’Italia nelle trattative e nel rispetto dell’ambiente purtroppo rivesta un ruolo marginale e di retroguardia.
Più interessati a tutelare le industrie che a guardare in prospettiva.
Manca nel centrodestra italiano una cultura ambientalista che invece è presente in analoghe forze in altri Paesi europei.
Un gap generazionale che paghiamo a caro prezzo nel consesso internazionale che ci vede sempre fanalini di coda.
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