NEL PDL IL DISSENSO CRESCE NELL’OMBRA
ALMENO DIECI SENATORI PRONTI A VOTARE LA FIDUCIA A LETTA… GIALLO SULLE DIMISSIONI DI QUAGLIARELLO
Berlusconi li chiama uno a uno. Perchè nel Pdl i dubbiosi non mancano.
A mezza bocca, lontano da orecchie indiscrete, sono tanti i parlamentari che si lamentano dell’ennesima svolta del capo.
Alzano gli occhi al cielo e non ne vogliono sapere di lasciare lo scranno. E si riservano di decidere davvero quando si arriverà al momento della verità .
A palazzo Grazioli, quindi, il centralino è rovente. Come nei momenti cruciali in cui si gioca il tutto per tutto – e mai come questa volta – il Cavaliere finisce di leggere la nota di Napolitano, salta sulla poltrona e si fa chiamare i parlamentari ritenuti border line,quelli più a rischio.
Raccontano dalla residenza del leader che ne abbia rintracciato a decine, in poche ore.
Dimissioni di massa, dimissioni sulla carta, ma quanti mal di pancia nell’esercito pidiellino-neoforzista.
Sulla carta nessuna defezione o quasi, al pallottoliere serale. Novantasette su 97, può gongolare a fine giornata il capogruppo Brunetta alla Camera.
Tutti meno i quattro all’estero, rilancia dal Senato Schifani a conta conclusa. Ma le colombe del partito sono le più riottose e poi resta il giallo del ministro Quagliariello.
Con lui, a Palazzo Madama, c’è un gruppo di almeno una decina di senatori che, pur avendo firmato ieri, sono pronti a entrare in partita quando e se il premier Letta porrà la questione di fiducia.
Insomma, archiviata la raccolta firme dall’effetto molto mediatico assai riuscito, lo scenario è destinato a mutare già la settimana prossima.
Solo allora il dissenso potrebbe prendere altre strade, sortire effetti a sorpresa.
Per adesso, anche il drappello dei senatori siciliani che fanno capo al catanese Giuseppe Castiglione, per essere chiari, è ligio e firma l’attestato di fedeltà .
A restare nel limbo, avvolta da un mezzo giallo, la firma del senatore e ministro Gaetano Quagliariello.
Gli altri, Alfano, Lupi («non tradisco, se mai non faccio più politica»), Lorenzin e De Girolamo, sottoscrivono e inviano al capogruppo le dimissioni da deputato, non certo quella da ministro: avrebbe comportato l’immediata apertura della crisi.
Quagliariello in mattinata aveva già scatenato la reazione dei falchi: «Le dimissioni non si annunciano, si danno».
Incassando la replica piccata di Daniela Santanchè: «Era presente mercoledì sera con Berlusconi, pensavo avesse capito che le dimissioni le abbiamo già date».
Poi, quando nel tardo pomeriggio a margine di un convegno sono tornati a chiedere al responsabile delle Riforme se le avesse rassegnate, lui ha tagliato corto: «Non conosco gli ultimi sviluppi, quando avrò qualcosa da comunicare, lo farò».
A ora di cena Schifani parte in contropiede dando per scontate le firme di tutti, anche le sue. Ma, raccontano, è stata più una mossa per stanare il più moderato dei ministri-colombe, costringendolo a venire allo scoperto.
Succede anche questo in un partito dove in tanti ormai non si fidano del vicino.
Tutto è in bilico. I due terzi dei deputati hanno preferito firmare il prestampato che il capogruppo Brunetta si è premurato di mettere a disposizione, piuttosto che buttare giù due righe personali. Mara Carfagna, nella veste di «capoclasse», ha raccolto firme e lettere facendo per ore la spola tra Transatlantico e aula. I cattolici sono i più pensierosi.
Al senato Maurizio Sacconi, alla Camera Eugenia Roccella, dicono.
Al Senato il primo è l’ex responsabile Antonio Razzi: «Ho ancora il mutuo da pagare, magari finirò sul lastrico, ma firmo con convinzione ».
Così pure Domenico Scilipoti, salvo poi ammettere che «le conseguenze non sono obbligatoriamente la caduta del governo ».
Per non correre rischi sui subentranti, tutti i coordinamenti regionali Pdl hanno avuto l’ordine di raccogliere le stesse lettere dai non eletti nelle liste di febbraio.
Ma qualcuno non ci sta. Ulisse Di Giacomo, primo dei non eletti in Molise, tergiversa: «Deciderò che fare».
Come lui, tanti altri, a quanto sembra.
Anche in Transatlantico del resto, dietro anonimato sono tanti a confidare di aver sottoscritto quel prestampato turandosi il naso.
Il fatto è che molti nel partito stanno ancora lavorando perchè tutto questo non porti a votare contro la fiducia al governo Letta, da qui a pochi giorni.
Le colombe tacciono ma volteggiano. Cicchitto spera ancora in un mutamento di scenario. «Auspichiamo che dal Pd venga un ravvedimento, chiediamo che Berlusconi abbia diritto di difesa» afferma Mariastella Gelmini.
Il senatore Roberto Formigoni continua a ripetere che la crisi secondo lui andrebbe scongiurata. Ma il treno ormai è in corsa e il Cavaliere è ai comandi senza freni.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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