PDL, STRACCI FINALI: “NON AVETE I NUMERI†“NON SAPETE CONTAREâ€
IN VISTA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DI SABATO LITE CONTINUA TRA I BERLUSCONIANI E GLI ALFANIANI…. I PRIMI: “ABBIAMO 600 FIRME”. GLI ALTRI: “NOI 400”. MA IN TUTTO SONO 861
Come separarsi? Questo l’atroce dilemma alfaniano a cinque giorni dal fatidico consiglio nazionale di sabato prossimo.
Dopo l’uno-due pubblico di domenica tra il Senza Quid e il Condannato, la scissione del Pdl è sempre più certa, ora dopo ora.
Da una parte le colombe di governo, sulla linea ribadita ancora una volta ieri dal premier Enrico Letta: “Il cupio dissolvi non porta a niente, bisogna separare la decadenza del governo”.
Dall’altro falchi, lealisti e pitonesse che ostentano numeri schiaccianti per il 16 novembre: più di 600 firme su 861 componenti.
Sulle cifre, gli insulti di giornata tra i due clan registrano un perfido Formigoni che risponde alla sua ex amica Mariastella Gelmini.
A cominciare è stato l’ex governatore lombardo, pluri-inquisito: “In Lombardia dove, ahimè, abbondano falchi e pitonesse, il nostro documento ‘Innovatori’ ha già raccolto la firma del 40% di membri del consiglio nazionale”.
Obietta l’ex ministra dei neutrini e del tunnel tra Svizzera e Abruzzo: “In Lombardia oltre il 70% dei delegati ha scelto di stare con Berlusconi. Formigoni millanta il 40% delle firme, che tristezza”.
Replica finale di Formigoni: “Povera stella, la nostra Gelmini, che nella concitazione di questi giorni non sa più fare i conti. Ma poichè noi abbiamo il 40%, loro non più del 60%”.
Ormai falchi e colombe non fanno che scannarsi via agenzie di stampa.
La Prestigiacomo si scaglia contro Cicchitto “estremista del potere”, e al Senato, si appalesa pure l’ombra di Schifani, Giuseppe Esposito, che accusa di “mezzucci meschini” Mara Carfagna.
In questo bailamme c’è però chi continua a sperare in un colpo di scena stile 2 ottobre, quando B. fece retromarcia sull’esecutivo delle larghe intese.
Le colombe dialoganti vedono in campo ministri come Lupi e De Girolamo.
Il problema è che il Condannato dovrebbe cedere alle condizioni di Alfano. In maniera strategica, assicurando il sostegno al governo anche dopo la decadenza.
In modo tattico, rinviando il consiglio nazionale.
Scenari da fantapolitica dopo l’avvertimento domenicale di Berlusconi all’ex figlioccio: “Ricordati di Fini”.
In ogni caso, i ministeriali sono divisi sul “come separarsi”. Cicchitto, ma anche altri due ministri, Quagliariello e Lorenzin, considerati sotto l’ombrello del Quirinale, sarebbero per la linea dura: disertare il consiglio nazionale e anticipare la scissione parlamentare.
A Palazzo Madama, il nuovo gruppo Popolare, nel senso del Ppe, viaggia secondo le previsioni tra i 35 e i 40 senatori.
In campo anche l’opzione di una scissione nella scissione, con un terzo gruppo distante sia dalle colombe, sia da Forza Italia.
Sulla sponda opposta, tra i governisti, siedono invece lo stesso Formigoni e il calabrese Scopelliti, convinti che nel consiglio nazionale si possa impedire a B. di raggiungere i due terzi necessari per ratificare il passaggio a Forza Italia.
Obiettivo: mantenere in vita e prendersi il Pdl.
Ed è per questo che nelle prossime ore, Alfano, avrà forse l’ultimo faccia a faccia con il Condannato. “Come separarsi?”, appunto.
Mosse e manovre vanno decifrate tutte in questa chiave, compresa l’ipotesi che gli innovatori o governisti possano rivolgere oggi una lettera-appello al Cavaliere.
Al di là dell’esito sul breve periodo, scissione parlamentare e sostegno al governo, i ministeriali sono angosciati dall’appuntamento elettorale della primavera del 2014, le Europee.
Con un Berlusconi populista, anti-euro e “perseguitato” a fare campagna elettorale (ieri a Gerusalemme, il vicepresidente della Lombardia, Mantovani, ha tirato di nuovo fuori il paragone tra B. e gli ebrei), sarebbe difficile, se non impossibile portare il Pdl alfanizzato oltre la barriera del 4 per cento.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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