RENZI COME PIPPO BAUDO: “IL SINDACATO SONO IOâ€
MA LE POLITICHE DI OFFERTA IN UNA CRISI DI DOMANDA NON SERVONO A NULLA, SALVO A FAR FELICE CHI AVREBBE ASSUNTO LO STESSO
Non si può dire che non sappia trasformare i problemi in opportunità .
Prendiamo la riforma del mercato del lavoro — cioè licenziamenti più facili e assunzioni meno onerose — quello che si tenta di fare con la legge delega chiamata Jobs Act.
Matteo Renzi non può non farla: glielo ha spiegato Mario Draghi nell’incontro agostano di Santa Maria della Pieve, glielo hanno detto tanto la Commissione Ue che Berlino, glielo ribadiscono ogni volta che possono il Fmi e le grandi banche anglo-americane.
Per venire a fare shopping di imprese italiane (attrarre capitali esteri, nel linguaggio corrente) serve comprimere i diritti di chi lavora
E lui lo fa, ma insieme attacca il sindacato che ha “creato il precariato”, “difende solo gli statali” fannulloni e se ne frega “dei diritti di chi non ha diritti”.
Parole di miele per quelli che al bar sostengono che “l’Italia l’hanno rovinata i sindacati” (non proprio elettori del Pd, in genere, ma in futuro…).
Andiamo con ordine.
Renzi — visto l’andazzo sui conti pubblici — per non farsi commissariare da Bruxelles è costretto a procedere a passo di carica sulla riforma del lavoro: vorrebbe almeno il sì del Senato (va in aula la settimana prossima) “prima dell’8 ottobre”, vale a dire del summit Ue sulla disoccupazione convocato a Milano.
Il tentativo, attraverso il “contratto a tutele crescenti”, di scardinare l’articolo 18 dei lavoratori che prevede (anche) il reintegro in caso di licenziamento illegittimo, ha però irritato non poco i sindacati (peraltro neanche convocati a palazzo Chigi): “Mi sembra che il presidente del Consiglio — ha scandito ieri la leader della Cgil Susanna Camusso — abbia un po’ troppo in mente il modello della Thatcher”, specie nell’idea che “la riduzione dei diritti dei lavoratori sia lo strumento che permette di competere”. Critica a cui Renzi ha risposto con un videomessaggio registrato nel suo studio di palazzo Chigi che inaugura la guerra ai confederali.
Tutto un florilegio delle critiche conservatrici al sindacato: dal passatismo alla contrapposizione tra tutelati e no, il tutto condito da maestose supercazzole. “La Camusso dice che pensiamo alla Thatcher — dice Renzi — ma noi non siamo impegnati in uno scontro ideologico del passato. Noi non siamo preoccupati di Margaret Thatcher, ma di Marta, 28 anni, chenon ha diritto alla maternità : aspetta un bambino ma a differenza delle sue amiche dipendenti pubbliche non ha nessuna garanzia. Abbiamo cittadini di serie A e serie B” (dal che si dedurrebbe che è colpa dei diritti delle sue amiche statali se Marta non ne ha).
Altro giro, altro clichè: “Noi non pensiamo alla Thatcher, ma a quelli a cui non ha pensato nessuno in questi anni, che vivono di Co.co.co, condannati al precariato che il sindacato ha contribuito a creare preoccupandosi solo dei diritti di alcuni e non di tutti. Noi vogliamo regole giuste e non complicate. Se queste nuove regole spingono aziende, magari straniere, a investire in Italia e creare posti di lavoro sarà fondamentale per dare lavoro a chi non ce l’ha” (dal che si dedurrebbe che le multinazionali chiedono di eliminare il precariato e non, com’è, di estenderlo anche a chi oggi non ne è toccato).
Il finale è l’attacco al cuore di Camusso e soci: “Ai sindacati che contestano non chiedo di aspettare di vedere le leggi, ma questo: dove eravate mentre si è prodotta la più grande ingiustizia che c’è in Italia, cioè la divisione tra chi ha un lavoro e chi no, tra lavoratori a tempo indeterminato e precari? Avete pensato solo alle battaglie ideologiche e non ai problemi della gente” (dal che sembrerebbe, ma non succederà , che Renzi pensa di estendere il tempo indeterminato a tutti perchè lui pensa ai problemi della gente).
Applausi dalla destra ovviamente (Renato Brunetta: “Se il Pd non da retta alla Cgil votiamo il Jobs Act”), parecchia irritazione nell’ala sinistra del Pd.
Pier Luigi Bersani ha vaticinato che “saranno presentati molti emendamenti e non solo sul reintegro in caso di licenziamento ingiusto. Così si va ad aggiungere alla precarietà ulteriore precarietà , andiamo a frantumare i diritti: sarà battaglia”.
L’attuale formulazione dell’articolo 18, fa notare poi Cesare Damiano, “è stata modificata appena due anni fa con l’accordo di Pd e Fi e deve rimanere anche per i neoassunti”.
Piccola notazione finale: al di là dello scontro con Camusso, il premier dovrebbe sapere che politiche di offerta (come le riforme del lavoro) in una crisi di domanda non servono a nulla (se non a far felice chi avrebbe assunto comunque).
Marco Palombi
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