SEQUESTRO DEL RAGIONIER SPINELLI, SPUNTA L’IPOTESI DEL RICATTO
I SEI ARRESTATI AVEVANO IN MANO UNA GROSSA SOMMA DI DENARO… MA QUALCOSA NON TORNA
C’è anche l’ipotesi riscatto tra quelle al vaglio della procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di sei persone, accusate di avere sequestrato il ragionier Giuseppe Spinelli e sua moglie.
Facendo riferimento a una «grossa somma di denaro», il pm «ipotizza che possa trattarsi di una parte del riscatto che potrebbe essere stato pagato in un momento successivo al rilascio degli ostaggi ma non monitorato»: così si legge nell’ordinanza di custodia cautelare.
Il gip Paola Di Lorenzo, tuttavia, invita alla cautela: «una ricostruzione possibile, come è anche possibile che il denaro sia riconducibile ad altri affari illeciti di Francesco Leone (il capobanda, ndr) che non è nuovo alla commissione di reati come quello per cui si procede».
BRUTI LIBERATI
«Al momento quel che è certo è che la Procura ha contestato il reato di sequestro a scopo di estorsione», ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati. Bruti, rispondendo alla domanda se gli inquirenti ipotizzassero anche un pagamento del riscatto, ha risposto che «le ipotesi al vaglio sono tante – ha ribadito -, indaghiamo a 360 gradi e le indagini sono in corso, per ora sappiamo che è stato un sequestro a scopo di estorsione».
8 MILIONI DI EURO
La «grossa somma di denaro» in questione sarebbe di 8 milioni di euro. In una telefonata tra due indagati, Maier e Leone, si fa riferimento a questi 8 milioni e parlando tra loro, intercettati, i due pianificano come poterli portare in Svizzera dopo averli prelevati dalle cassette di sicurezza. Maier: «Se loro li fermano e dicono “ma…” e aprono e fanno la perquisizione, allora dico “eccoli qua che ci stanno aspettando”, allora vuol dire che me li riporto a casa, capito?».
Leone: «Quindi loro con una busta vuota, va l’altro con la busta vuota e tu con tutte e due le buste, quella del Credito Valtellinese e quella di Buguggiate, giusto?»
LE CASSETTE DI SICUREZZA
I malviventi avevano appena acceso tre cassette di sicurezza: una presso il Credito Valtellinese e le altre due presso la Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate.
«L’accensione delle tre cassette di sicurezza pare proprio collegata con il sequestro dei coniugi Spinelli», scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. «Gli stessi indagati paiono attribuire estrema importanza la contenuto delle cassette, tanto da volerne trasferire il contenuto in Svizzera per evitare “ingerenze” delle forze dell’ordine», aggiunge il gip.
IL PRESUNTO FILMATO SU FINI
Parlando con i cronisti in una pausa dell’udienza di lunedì del processo Ruby, Ghedini ha spiegato che la mattina in cui Spinelli lo chiamò gli parlò di «filmati su Fini» che sarebbero stati proposti dai sequestratori tra i documenti scottanti che sostenevano di avere in mano.
Spinelli ha detto ai pm che il presidente della Camera sarebbe stato ripreso mentre parlava con i tre giudici della corte d’appello di Milano che hanno trattato la causa del Lodo Mondadori. Fini avrebbe chiesto aiuto ai giudici «per mettere in difficoltà Berlusconi».
Secondo i rapitori, per questo filmato Berlusconi «sarebbe stato grato per tutta la vita». Ma di questo cd, da quanto si apprende, non c’è traccia: non è mai stato trovato dagli inquirenti e men che meno visionato.
«Anche se non fa ridere, è una barzelletta», è il commento del presidente della Camera Gianfranco Fini, affidato al profilo Twitter del suo portavoce Fabrizio Alfano.
SPINELLI
«Dissi a Berlusconi che il filmato con Fini e i magistrati era autentico e che queste persone erano disposte a cederlo in cambio di una grossa somma di denaro», ha riferito Spinelli.
«Dissi a Berlusconi che i 35 milioni richiesti erano il 6% di 560 milioni di euro», ha aggiunto (560 milioni è la somma che la corte d’Appello di Milano ha fissato come risarcimento da Berlusconi a De Benedetti nella causa sul lodo Mondadori).
LA CONTRATTAZIONE
Ghedini ha raccontato di aver detto al ragioniere, a proposito della proposta fatta dai rapitori: «Guardi, possiamo anche parlarne, possiamo anche decidere di pagare, però lei deve venire ad Arcore e portare copie dei documenti».
Il ragioniere secondo la ricostruzione dell’avvocato, in quel momento gli ha risposto di non potersi muovere. «Gli ho risposto: “Se noi non vediamo i documenti non paghiamo una lira”.
E così li ho convinti a liberarli», ha riferito Ghedini. «In realtà non avevano in mano nulla», ha aggiunto.
(da “il Corriere della Sera“)
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