SILVIO MINACCIA I FRONDISTI MA FITTO FRENA LA RIVOLTA: “SENTENZA RUBY DECISIVAâ€
SILVIO FURIOSO, I RIBELLI: “PUO’ CAMBIARE IDEA DOPO IL VERDETTO”
Dice che li aspetta tutti al varco, adesso. Uno per uno.
I dissidenti minacciati l’altro giorno di epurazione sono pesci piccoli, dal cosentiniano D’Anna a Capezzone, ma è ai pesci grossi che Silvio Berlusconi lancia il suo avvertimento con annesso foglio di via. Raffaele Fitto in testa.
«Qui le riforme non c’entrano più niente, ho posto la questione di fiducia sulla mia persona, ora vengano allo scoperto: con me o contro di me, in questo momento drammatico», è stato lo sfogo del leader forzista nel pomeriggio di Palazzo Grazioli nel via vai dei pochi pretoriani di cui ormai si fida.
Del resto, non è esattamente al Senato elettivo che pensa in queste ore l’ex Cavaliere, assorbito dall’ennesima vigilia giudiziaria al cardiopalma.
Domani entrano in camera di consiglio i giudici d’appello del processo Ruby.
«Qui rischio dieci anni di domiciliari e questi giocano» ha proseguito con le punture di spillo ai “ribelli” delle riforme.
Augusto Minzolini, Anna Bonfrisco e gli altri venti che giorni fa hanno firmato la lettera con richiesta di rinvio del ddl Boschi ieri sera si sono visti a cena per fare il punto. Non cedono. «Andiamo per la nostra strada e vedrete che anche Berlusconi ci ripenserà » è la tesi dell’ex direttore del Tg1.
Altrettanto sicuro che nulla più cambierà il capogruppo forzista Paolo Romani: «Hanno numeri irrilevanti, l’accordo sulle riforme regge».
Ma il clima resta tesissimo, in un partito sotto shock dopo la sfuriata con tanto di “vaffa” da parte del capo nell’assemblea di martedì.
Molti hanno visto anche nella svolta rude e senza precedenti, l’influenza del duo Pascale-Rossi. La partita in realtà appare complessa e coinvolge la tenuta del partito e la stessa leadership carismatica di Berlusconi, ormai in declino.
L’eurodeputato Raffaele Fitto è rientrato in gran fretta nel pomeriggio da Strasburgo, ha incontrato un paio di deputati e senatori a lui vicini, tutti gli altri li ha sentiti, da Saverio Romano a Renata Polverini, passando per Capezzone.
Era stato proprio lui nella lettera aperta di domenica al leader a chiedere di non porre un autaut sulle riforme.
Esattamente quello che invece Berlusconi ha imposto. Fitto e il suo gruppo non vogliono «cadere nella trappola» e per questo l’ex governatore pugliese ha subito sconvocato l’assemblea che i «dissidenti» volevano tenere al suo rientro a Roma.
Niente interviste, dichiarazioni o apparizioni tv per l’eurodeputato, che ha dettato la linea: «Non dobbiamo concedere alcun alibi, nessuna riunione sediziosa, noi restiamo nel partito».
Ma quanti sono alla prova del pallottoliere?
«Non più di una decina di senatori e alcuni deputati» calcola Denis Verdini a San Lorenzo in Lucina.
«Coi numeri hanno mostrato una certa fragilità » ironizzano dall’altro fronte, ricordando la scissione di Fini e poi quella di Alfano.
L’ex governatore pugliese, raccontano, si attende sorprese in aula la prossima settimana, quando si apriranno le votazioni, «prevedevano poche decine di emendamenti e da Fi e Gal ne sono piovuti invece mille».
La decisione, in serata, è di non fare alcuna mossa fino alla sentenza d’appello Ruby.
Pensano che in caso di condanna – magari pur ridotta – potrebbe essere lo stesso Berlusconi a far saltare il tavolo delle riforme.
Tutt’altro che scontato, però. La sensazione che deputati e senatori berlusconiani rivelano nei capannelli di Camera e Senato è che l’ex Cavaliere in realtà non sia disposto a ripensamenti: «Interessato ormai a salvaguardare solo patrimonio e aziende, si è convinto che possa farlo solo mantenendo i patti con Renzi».
L’ endorsement di Piersilvio Berlusconi nei confronti del segretario Pd, nella lettura dei forzisti delusi, sarebbe il sigillo della svolta.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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