SILVIO RIABBRACCIA I SUOI FALCHI: “ALFANO VUOLE FARE RENZI MA FINIRÀ COME MASTELLAâ€
GRANDI MANOVRE NEL PDL: “LIBERO” SI AVVICINA AD ALFANO… INCERTA LA SORTE DI SALLUSTI… LA ROTTURA A RISCHIO SULLA DECADENZA AL CAVALIERE
La battuta, folgorante, di un ex ministro oggi lealista fotografa lo stato dell’arte nel Pdl: “Alfano è partito per fare Renzi, ma finirà come Mastella”.
Che tradotto vuol dire: il vicepremier non riuscirà a fare il leader di nuovo centrodestra (con B. che accetta supino la decadenza) e al massimo metterà su una Udeur di mastelliana e cossighiana memoria per tenere in vita il governo delle larghe intese.
Ovviamente, il riferimento è all’Apocalisse prossima ventura, dopo la fiducia al governo Letta.
La decadenza del Cavaliere Condannato in Senato.
Le colombe dell’inciucio, sia del Pd sia del Pdl, sono impegnate a fare melina e a rinviare quanto più possibile la fatidica scadenza ma allo stesso tempo sarà sempre più difficile sfuggire agli sfoghi minacciosi di Berlusconi, dall’umore nerissimo.
Al di là degli stucchevoli inviti all’unità , la strategia di B. è quella di “smascherare i traditori” dalle “due obbedienze”.
Una, ormai di facciata, a lui. L’altra, di sostanza, a Napolitano e a Letta.
Non a caso,le fazioni in guerra del Pdl hanno cominciato a scontrarsi anche sul ruolo del Quirinale.
Ecco Gaetano Quagliariello, ministro delle Riforme, che benedice la guida politica di Re Giorgio: “Il presidente della Repubblica non venne affatto disegnato dai padri costituenti italiani come figura neutra, quasi notarile, priva di poteri di natura politica. Egli dispone infatti di alcuni poteri spiccatamente politici”.
Questa la risposta di Sandro Bondi, altro lealista di rango a corte: “Le riflessioni e le raccomandazioni del capo dello Stato sono il metronomo della politica italiana. Francamente comincio ad avere seri dubbi sul-l’utilità di questo ruolo esercitato da Napolitano, nella convinzione di guidare dall’alto l’Italia verso l’uscita dalla crisi”. Non solo.
A Palazzo Grazioli, dove B. è tornato ieri, non ci si aspetta più nulla dal Quirinale. Napolitano avrebbe fatto sapere ancora una volta, stavolta a muso duro, che non potrà mai concedere a Berlusconi quello che vuole.
Una sorta di perdono generale per il leader più votato della Seconda Repubblica. Altro che amnistia o grazia.
Di qui il mantra introiettato dai lealisti di Raffaele Fitto (che ieri ha incassato il sostegno di Flavio Briatore) e dai falchi redivivi: “Non staremo più con i carnefici del Capo”.
Questione di settimane. B. l’avrebbe ripetuto anche ad Alfano, comunque soddisfatto per il lavoro del Pdl sulla legge di stabilità , e che dovrebbe essere varata prima del voto sulla decadenza del Cavaliere. Anzi.
In caso rottura, B. agiterà a più non posso il totem della pressione fiscale.
Chi ha incontrato Berlusconi negli ultimi giorni riassume così la svolta del Condannato: “La retromarcia sulla fiducia fu causata da un sentimento di sorpresa per i traditori. Una sorpresa che può apparire ingenua ma è andata così. Adesso, invece, il presidente ha metabolizzato il tradimento e sulla decadenza non accadrà la stessa cosa. La storia di Berlusconi non finirà con lui che accetta tutto e Alfano leader del centrodestra”.
La scissione procede inarrestabile, al netto di dichiarazione belliche come quella dell’alfaniano Schifani: “Con la decadenza la maggioranza rischia”.
E non è detto che l’impresa di salvare il governo riesca come a inizio ottobre. Nel Pdl sono parecchi i dubbiosi e c’è la sensazione che le colombe abbiano perso un’occasione sulla fiducia, pur vincendo.
Per questo motivo, a detta di un lealista: “Lo strappo sulla fiducia avrebbe avuto un senso politico forte ma sulla decadenza del loro leader appariranno come traditori e basta”.
Sempre che a B. non riesca il miracolo di svincolare Alfano e le colombe dal patto con Napolitano e Letta per durare fino al 2015.
Argomento forte, in questo caso, sono i soldi.
Gli scissionisti dovrebbero fare a meno delle casse berlusconiane. Un handicap non da poco. Ed è per questo che è iniziato un insistente pressing sui parlamentari più facoltosi del Pdl.
Il più corteggiato, come ha scritto il Messaggero, è Antonio Angelucci, re delle cliniche ed editore di Libero.
Angelucci è legato ai falchi di Verdini (se non altro perchè questi gli deve 15 milioni di euro) ma il suo quotidiano, diretto da Maurizio Belpietro, ha scelto una linea favorevole ad Alfano.
Un segnale non secondario. E a proposito di stampa: se Berlusconi porterà sino in fondo la linea del “mai con i miei carnefici”, mettendo nel conto la scissione, la testa di Sallusti dalla direzione del Giornale non rotolerà .
A differenza di quanto chiesto da Alfano ieri sera a palazzo Grazioli, presente anche Gianni Letta.
Fabrizio D’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano”)
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