SOVRANISTI SALVA-LOBBY: BALNEARI E PETROLIERI GRAZIATI DALLA RIFORMA
COSI’ I GRUPPI DI INTERESSI PIU’ POTENTI SARANNO ESCLUSI DAL REGISTRO SULLA TRASPARENZA
Trasparenza, ma fino a un certo punto. Perché tutti lobbisti sono uguali, ma alcuni
sono più uguali degli altri.
In caso di approvazione definitiva, la legge sulle lobby in esame alla Camera non sarà infatti applicata a varie categorie: dai balneari ai produttori di farmaci, fino ai rappresentanti dell’industria fossile. Eludendo la ratio della riforma che vuole tracciare l’attività dei legislatori, a qualsiasi livello, con i portatori di interessi.
Basta essere parte delle grandi confederazioni, come Confindustria e Confcommercio, per poter incontrare ministri, sottosegretari, parlamentari e assessori regionali senza lasciare segni. Stesso discorso varrà per i sindacati alla ricerca di interlocutori istituzionali.
Un colpo di biliardo magistrale: un’operazione di lobbying ha cambiato i connotati alla legge sulle lobby. Peraltro con il ripristino del vecchio difetto della norma sulla rappresentanza di interessi: prevedere deroghe specifiche.
Destra compatta
Il contenuto del provvedimento, che nelle prossime settimane dovrebbe approdare in aula a Montecitorio (e poi essere trasmesso al Senato per l’eventuale via libera definitivo) è stato annacquato da due emendamenti approvati nel corso dell’esame in commissione Affari costituzionali alla Camera.
La destra si è presentata compatta con una proposta depositata dal deputato di Fratelli d’Italia, Alessandro Urzì, e sottoscritta da tutti i colleghi dei partiti di maggioranza. L’altro testo, uguale, è stato firmato dell’ex ministra Maria Elena Boschi (Italia viva). Il risultato è un allargamento delle maglie con l’inserimento di ampie zone grigie rispetto al principio di trasparenza più stringente introdotto nella prima formulazione del testo base.
La modifica prevede che un’ampia platea di organizzazioni di categoria non avrà l’obbligo di iscrizione nell’apposito registro unico, che sarà istituito al Cnel, soppiantando tutti i registri ora vigenti. Lo scopo è appunto quello di documentare e rendere consultabile gli incontri (e i relativi temi) tra portatori di interessi e legislatori, ponendo fine all’attuale far west
Gli emendamenti fanno peraltro un riferimento generico alle «associazione datoriali e dei lavoratori». La vaghezza della definizione lascia intendere che praticamente tutte le realtà dei singoli settori – iscritte a Confindustria o altre confederazioni – possano aggirare l’obbligo di iscrizione al registro. E ai conseguenti adempimenti della normativa.
Tra le varie organizzazioni ci sono Assobalneari, “il sindacato” dei balneari, lobby amica del governo, l’Anpam, che unisce i produttori di armi, e l’Unione energie per la mobilità (Unem), che rappresenta anche le aziende operanti nella distribuzione dei prodotti petroliferi.
Ma sono solo alcune categorie inevitabilmente toccate dall’iter delle leggi in parlamento, perché per estensione la questione può riguardare anche Confcommercio, Confesercenti, Ance e tante altre.
Un’esenzione di massa, dunque, che fornisce un canale privilegiato. «L’emendamento sulle esclusioni renderebbe inservibile la legge», dice a Domani Federico Anghelé, direttore di The good lobby, che coordina la coalizione #Lobbying4Change, da anni in prima linea per arrivare a una legge nel settore.
Sono palesi gli squilibri innescati dalle modifiche votate in commissione Affari costituzionali a Montecitorio. Il direttore di The good lobby le spiega così: «Per fare un esempio, un’organizzazione ambientalista dovrebbe iscriversi al registro e rendere conto delle proprie attività di lobbying, mentre l’associazione di categoria dei petrolieri non dovrebbe farlo. Questo sarebbe giocare ad armi pari?».
Legge svuotata
Una falsa partenza nel percorso della proposta di legge, firmata da Nazario Pagano (Forza Italia), presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera, che ha avviato un’indagine conoscitiva per raccogliere i pareri degli esperti e arrivare a un
testo condiviso tra le forze politiche.
Dopo decine e decine di proposte finite nel vuoto nelle precedenti legislature, il deputato forzista ha cercato la strada del dialogo per evitare che la riforma finisse su un binario morto. Ora le modifiche parlamentari rischiano di provocare un cortocircuito o far approvare una legge svuotata, che presenta gli stessi problemi denunciati negli anni scorsi.
Ci sono stati poi altri interventi su misura di altre categorie: potranno esercitare il ruolo di lobbisti anche i giornalisti, alimentando la contaminazione tra portatori di interessi ed esperti di comunicazione.
Una sovrapposizione di ruoli sempre più pressante che aveva portato Pagano a evitare che gli iscritti all’ordine dei giornalisti potessero iscriversi al registro dei lobbisti. In questo caso emendamenti bipartisan, da FdI ai Cinque stelle, hanno cancellato la norma, salvando il ruolo del giornalista-lobbista.
Il punto resta comunque l’esenzione alle associazioni datoriali e ai sindacati. L’appello per il passo indietro sugli emendamenti Urzì e Boschi è stato lanciato anche da Ferpi e Una, altre due realtà a favore di una puntuale regolamentazione dei rapporti tra legislatori e portatori di interessi. «Riteniamo che il testo vada cambiato, in aula alla Camera o al Senato. Sappiamo benissimo che sindacati e associazioni datoriali contribuiscono massicciamente a influenzare i processi legislativi», sottolinea Anghelé.
Insomma, fatta la legge (o quasi), trovata la deroga.
(da EditorialeDomani)
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