TELECOM, DA LETTA A RENZI A FORZA ITALIA: LA POLITICA TACE E S’INCHINA AI SALOTTI
TUTTI ZITTI NEL GIORNO IN CUI GLI SPAGNOLI VANNO AVANTI NELLA BATTAGLIA PER LA SOCIETà€…. PARLANO SOLO ZANONATO E IL PREMIER: “IL GOVERNO È NEUTRALE” (CIOÈ LASCIA FARE)
Se serviva una plastica rappresentazione di quanto la politica sia ormai gregaria rispetto agli assetti del potere economico, gli eventi hanno provveduto a fornirla giusto ieri. Mentre a Milano, infatti, si decideva il futuro della più rilevante azienda di telecomunicazioni del Paese, il mondo politico elegantemente si sfilava e lasciava fare parlando d’altro.
Fino al voto dell’assemblea dei soci di Telecom Italia — con l’eccezione di Enrico Letta e Flavio Zanonato, sollecitati a parlarne dai giornalisti — non una parola compariva sulle agenzie.
I più pensavano ad altro e non si sono neanche accorti della portata dell’evento, i pochi in grado di capirlo hanno preferito tacere per manifesta incapacità di incidere sulla materia o semplice convenienza.
Non si sa ad esempio, nonostante qualche sollecitazione, cosa pensi Matteo Renzi dell’affaire Telecom: se cioè lo convinca il passaggio dell’azienda in mani spagnole — avallato ieri in assemblea dalla bocciatura della mozione di revoca del Cda — senza bisogno di un’offerta pubblica di acquisto che remuneri anche i piccoli azionisti.
Pure l’inner circle del neosegretario del Pd, in genere così ciarliero e pieno di posizioni nette al limite della semplificazione, si rifiuta di dire alcunchè e osserva la scena in vana attesa che il leader-oracolo indichi la via.
Silente pure Forza Italia — che a settembre, dopo l’accordo Telco, si sbracciava chiedendo subito una relazione in Parlamento di Letta — schiacciata dall’ennesimo caso di conflitto di interesse del suo Leader viste le trattative Mediaset-Telefà³nica sulla pay tv in Spagna (e prossimamente in Italia).
Non pervenuto nemmeno il Movimento 5 Stelle, nonostante una nota contro il passaggio in mani straniere arrivata un paio di settimane fa.
Questo per non citare che i tre principali partiti in Parlamento.
Restano in campo, dunque, il premier e il suo ministro dello Sviluppo economico, gli unici a intervenire ieri.
La prima menzione va a Flavio Zanonato, titolare delle deleghe specifiche e simpaticamente inconsapevole della situazione visto che è riuscito a sostenere in due successivi interventi entrambe le parti in commedia.
Prima domanda: si può fare la riforma dell’opa proposta da Massimo Mucchetti (presidente per il Pd della commissione Industria in Senato), che farebbe almeno scucire qualche soldo agli spagnoli per assumere il controllo di Telecom?
“Magari — si emoziona il ministro — Sono favorevolissimo”.
Passa circa un’ora e Zanonato torna sul luogo del delitto.
Intervenire? Macchè: “Lo Stato anni fa ha deciso di vendere questa società e adesso si tratta di garantire le cose strategiche che interessano alla sicurezza dell’informazione italiana, ma lasciare ad una società privata la facoltà di svolgere la sua attività ”.
Tra le due ponderate posizioni del ministro per così dire competente arrivano le parole sul tema del presidente del Consiglio: “Il governo è assolutamente in campo per garantire investimenti sulla rete ma non non per garantire un giocatore: esistono regole di mercato che vanno rispettate”.
C’è però il problema della rete, che “è un asset strategico e dunque il governo vuole proteggerlo” anche “imponendo investimenti infrastrutturali” (un commissione tecnica del governo ne deciderà il livello necessario entro gennaio, ma comunque Telefà³nica non ha i soldi per farli).
Conclude Letta: “Ho solo ribadito quanto già detto in questi mesi: Telecom Italia è una società privata ed esistono regole di mercato”.
Il problema è che la neutralità invocata dal premier — oltre a ricordare quella di Massimo D’Alema rispetto alla scalata dei “capitani coraggiosi” — è un sostanziale avallo della procedura grazie alla quale Telefà³nica si prenderà Telecom pagando solo i suoi soci in Telco (Generali e banche) e aggirando quel 75 per cento e più di capitale in mano agli altri azionisti.
Per di più la sua petizione di principio secondo cui non si interviene in una partita in atto non tiene conto di due dati di fatto: da un lato lui e il suo governo avevano promesso più volte, chiedendo di bloccare iniziative parlamentari in tal senso, un decreto di riforma della disciplina dell’Opa (lo ha dichiarato, non smentito, Mucchetti); dall’altro non esiste una data di closing per l’accordo Telco di settembre e, di questa via, non si potrebbe mai legiferare in attesa che finisca quella partita in cui Letta è neutrale ma finisce per avvantaggiare un concorrente.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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